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Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Allenatori, l'importanza di saper tacere

Alessandro Bonan

Wittgenstein diceva che non tutto può essere espresso a parole e ne è esempio il silenzio eloquente e polemico di Thiago Motta di fronte a una domanda sull’arbitraggio contro la Juventus

Mentre tutto scorre e volge al termine (le nostre vacanze sono finite, andate in pace), il campionato sembra non essersi mai fermato, così uguale a se stesso, con le solite grandi impegnate a dettare la legge, tranne rare eccezioni. Un rotolante spettacolo, pieno di suggestioni, enfatiche visioni: Lukaku che scende a Roma dall’aereo con l’immancabile mano sul cuore e Dan Friedkin incredibilmente con la cloche in mano, pilota, presidente, un giorno chissà, pure astronauta. 

In mezzo a tutto questo, le imprese degli Azzurri dell’atletica e di altri sport, sia in campo maschile che femminile (Azzurre quindi). Tamberi dopo aver vinto, si è messo a suonare la batteria, poi, intervistato dal mondo, ha scandito le parole, parlando della sua impresa con grande generosità, cortesia e chiarezza. Tamberi è un istrione che qualcuno mal sopporta, per via di una certa propensione all’estremo, ma nessuno può discutere la forza di quello che fa e che dice. C’è pienezza nei suoi gesti, nei suoi pensieri, una vitalità quasi imbarazzante, se confrontata con la nostra pigrizia. Tamberi sorride, e tra i suoi denti si intravede la tentazione del prossimo morso alla vita. Parlano come filosofi, se confrontati ai colleghi del calcio, gli allenatori del volley. De Giorgi, coach della Nazionale maschile, ci regala ogni volta un piano di saggezza da seguire. La sua generosità di pensiero è spontanea, non c’è posa, presunzione, ambizione di piacere. Quello che stupisce di lui è l’attenzione verso il vocabolario, l’assoluta congruenza tra quello che intende dire e il significato intrinseco delle parole spese.

Questo gli permette di essere chiaro e insieme comunicativo, arrivando al cuore delle persone. Mazzanti, l’omologo in campo femminile, si esprime in sintesi, trova battute fulminanti e adopera espressioni dirette, senza nascondersi dietro perifrasi dal significato allusivo. I due si assomigliano nella maniera in cui sono aperti al confronto, liberi dal pregiudizio, quello che blocca e condiziona molti allenatori di calcio. I quali tendono a aggirare le domande più scomode (pochissime in verità, colpa nostra) fuggendo con argomentazioni piatte, a volte odiosamente risentite.  

Giusta l’osservazione di Aldo Grasso, autorevole critico del Corriere della Sera, secondo il quale, recentemente, il più efficace tra gli allenatori davanti a una telecamera, è stato Thiago Motta, rimasto in eloquente e polemico silenzio di fronte a una domanda sull’arbitraggio contro la Juventus. Mi è venuto in mente il pensiero di Wittgenstein, convinto che non tutto si potesse esprimere a parole. Il filosofo di Vienna, uno dei padri del linguaggio moderno, un giorno scrisse a un importante editore austriaco: “Il mio libro è costituito di due parti, l’una scritta e una non scritta. Sappia che quella non scritta è di gran lunga la più importante”.

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