(foto Ansa)

Il Foglio sportivo

Tamberi ha trascinato l'atletica in una nuova dimensione

Fausto Narducci

Dall’oro olimpico a quello mondiale a Budapest. Una continuità da supereroe. E ora una bandiera da portare...

Gimbo è un soprannome da personaggio dei fumetti, ma a impersonarlo nella notte di Budapest è stato un saltatore in alto che ha sbaragliato il mondo dei supereroi con la sua eccezionalità di essere umano. Gianmarco Tamberi, 31 anni, con l’oro mondiale di Budapest ha completato un grande slam che includeva già il titolo europeo e olimpico laddove l’altro eroe di Tokyo, Marcell Jacobs, si è fermato a 4 centesimi dalla finale dei 100. Quanto basta per aprire discussioni infinite per la sua collocazione nella storia presente e futura dello sport mondiale. “Nell’atletica lo metto in una galleria di miti insieme a Consolini, Mennea e Simeoni” dice il presidente federale Stefano Mei. “Se il presidente del Coni Giovanni Malagò mi chiama sono pronto a fare il portabandiera a Parigi 2024”, risponde Gimbo a chi gli chiede di una scontata candidatura per il ruolo che l’atletica ha ricoperto per l’ultima volta a Seul ‘88 con Mennea. Ma la cinquantesima medaglia italiana dell’Italia ai Mondiali di atletica, che si riannoda all’ultimo oro in pista conquistato vent’anni fa da Giuseppe Gibilisco a Parigi 2003, si porta dietro un’onda destinata a investire nei prossimi mesi tutto lo sport italiano. 

 

Tamberi martedì notte fra Rai, Sky ed Eurosport ha raccolto davanti ai teleschermi italiani quasi tre milioni di spettatori e si appresta a diventare un eroe popolare ancor più di quanto lo fosse già, grazie a una continuità di risultati che non hanno paragoni nell’atletica italiana di oggi. Soprattutto sembra in grado di gestire come nessun altro questo ruolo: dopo due ore di gara per ammansire lo statunitense Harrison e l’amico Barshim (con cui si era diviso l’oro di Tokyo), ne ha impiegate altrettante per fare il giro delle televisioni e della stampa internazionale in zona mista trovando sempre risposte ed espressioni nuove per chi ha dovuto raccontare la sua impresa. Ed è rientrato in albergo alle 8,30 del mattino dopo aver festeggiato con amici e tifosi in centro a  Budapest. Poi il giorno dopo nuovo show prolungato a Casa Italia e nella pirotecnica Medal Plaza per la consegna ufficiale dell’oro. 

 

Al di là del breve scampolo di stagione che lo attende passando da Zurigo e Bellinzona, il marchigiano d’oro è destinato a non scendere più dal piedistallo accompagnato dalla moglie Chiara (guarda caso proprio a Budapest Gimbo la scorsa estate aveva dato l’addio al celibato) e dalla madre Sabrina che per la prima volta lo ha seguito in una competizione titolata. Però non ha più accanto il padre allenatore Marco che aveva costruito la sua carriera fino all’anno scorso. “Per ora non ci parliamo. Lo ringrazio per quanto ha fatto, ma la separazione si è resa necessaria per ritrovare il salto che avevo dentro di me e non riuscivo più ad esprimere”. Non facile tagliare il cordone ombelicale in un’atletica in cui i genitori-allenatori si sprecano (Tortu, Battocletti, Furlani per citarne alcuni azzurri di Budapest) ma la svolta ha funzionato. Adesso il ciclo riparte: nel 2024 Europei di Roma e Olimpiadi di Parigi, nel 2025 di nuovo Mondiali a Tokyo per un inedito bis. “Ma il mio vero obiettivo sono i 2,40 che finora non ho mai provato seriamente”. Fate il vostro gioco per il prossimo giro di ruota.

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