Domenico Berardi (Ansa)

Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

L'oggetto del disprezzo e quello del desiderio. Berardi, l'anti Lukaku

Alessandro Bonan

Frenetico il belga, statico l’italiano del Sassuolo che resta lì, nella piccola dimensione emiliana, a sfogliare margherite mentre il mondo gli gira attorno come una giostra sulla quale a lui non piace salire

L’oggetto del disprezzo e quello del desiderio. Anche se di uomini parliamo, di calciatori, che però oggetti, senza saperlo, ormai sono. Il primo sta ricambiando l’odio ricevuto con il silenzio, ed è Lukaku. Dopo averlo criticato fortemente su questa pagina adesso mi viene di metterlo da parte, non dico per difenderlo (Lukaku è indifendibile), ma quantomeno per dimenticarlo. Mi pare davvero esagerata la campagna denigratoria contro di lui e per questo credo sia arrivato il momento di farla finita, comunque vada. Quindi ciao Lukaku, vai dove ti porta il cuore, che batte forte, sempre, anche quando una bella storia finisce in farsa. 

 

Parlando d’altro, del desiderio appunto, mi piacerebbe citare un ragazzo che sfugge alle regole, alle convezioni, e che si accontenta di fare il calciatore, privandosi di tanti soldi in più e di molta gloria: Domenico Berardi, Mimmo per gli amici. La sua è una storia al contrario rispetto a quella di Lukaku (citazione ultima). Frenetico il belga, statico l’italiano. Dicono che sia per colpa del fatto che costa tanto, circa venticinque milioni, che sarebbe davvero troppo in un mondo normale mentre non è quasi nulla nel metaverso calcistico. Eppure, nonostante questo, Berardi resta lì, nella piccola dimensione emiliana, a sfogliare margherite mentre il mondo gli gira attorno come una giostra sulla quale a lui non piace salire. Perché di scelta dobbiamo parlare e non di logica del prezzo. Se Berardi volesse andarsene punterebbe i piedi, si farebbe sentire con una di quelle belle campagne di stampa messe in piedi ad arte da molti abili procuratori. Si comincerebbe a parlare di mal di pancia, di città stretta, di voglia di volare. E invece, niente di tutto questo. 

 

Berardi se ne sta in silenzio ad aspettare, come se fosse davanti al mare della sua Calabria, osservando l’orizzonte. Non è detto che ci rimanga ancora, magari qualcuno fa l’offerta irrinunciabile e il Sassuolo gli chiede cortesemente di andare. Potrebbe succedere, magari sta accadendo ora, mentre sto scrivendo. Sarebbe anche logico, vista la bravura di questa ala atipica, dalla giocata in controtempo, il sinistro che è uno schianto e il passaggio velato, capace di segnare, negli ultimi quattro campionati di Serie A, circa 60 gol in 120 partite (uno ogni due, per la matematica), con una quarantina di assist, 10 di media a stagione. Dovesse lasciare Sassuolo, avrebbe un senso dunque. Ma ne sarebbe felice il buon Domenico? Verrebbe da ricordare il verso del poeta, che trattando di felicità, ne coglie il lato incerto, fragile. Come un “barlume che vacilla, al piede, teso ghiaccio che s’incrina; e dunque non ti tocchi più chi t’ama”.
 

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