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Il ritorno in Europa della Fiorentina

Andrea Trapani

L'ultima volta che i Viola giocarono nelle coppe europee era una vita fa. I questi cinque anni tutto è cambiato. Ma ora lungo l'Arno si inizia a intravedere un futuro calcistico

Non sappiamo se Vincenzo Italiano conosca una delle frasi più celebri attribuite a Jacques Chirac, "La costruzione dell'Europa è un'arte. È l'arte del possibile", sicuramente le sue parole prima dell’esordio in una competizione internazionale sembrano avvicinarsi molto.

"L'Europa per me era un sogno". Così il tecnico della Fiorentina, ai microfoni di Sky Sport alla vigilia della sfida del Franchi contro il Twente, preliminare di andata di Conference League: "Da calciatore non sono riuscito a realizzarlo ed è proprio per questo che l'anno scorso ho spinto molto i ragazzi a raggiungere questo traguardo. Siamo stati bravi, siamo andati oltre le aspettative e le nostre possibilità. Sono felice ed emozionato". Certo la Conference League è la minore delle competizioni europee, ma come ha dimostrato Mourinho è benzina per alimentare la passione dei tifosi. Specie dopo tanto tempo. Firenze attende questo momento da più di cinque anni.

 

L’ultima maledetta notte europea

Il 23 febbraio 2017 poteva sembrare solo un sospetto, ma in realtà stava andando in scena l’inizio della fine di un’epoca in cui la proprietà dei Della Valle aveva portato la Fiorentina prima in Serie A in tempi record e poi costantemente in Europa.

Nella sofferta gara di andata, il fato aveva regalato linfa alle ambizioni viola: infatti, una punizione di Federico Bernardeschi aveva portato in dote un pesante 1-0 in casa del Borussia Mönchengladbach.

   

    

Anche quella fredda serata era iniziata bene: in campionato i viola oscillavano tra alti e bassi, la prima stagione di Paulo Sousa era ormai impossibile da replicare, ma c’erano ancora barlumi di speranza come la vittoria in Germania. Non solo, nella prima mezzora i viola erano andati a segno due volte, con Kalinic e Borja Valero, e ai tedeschi serviva un’impresa per ribaltare le tre reti di svantaggio complessive. Prima del riposo Stindl accorcia le distanze su rigore, una sinistra avvisaglia del “quarto d’ora maledetto” che sarebbe iniziato con il secondo tempo.

Ore 22:07, secondo minuto della ripresa, Stindl pareggia. Altri otto giri di lancette e arriva il sorpasso: ancora lui, tripletta di Stindl, e la Fiorentina è fuori dall’Europa. Allo scoccare delle 22:20 arriva perfino il 2-4 finale accompagnato da tanti, tantissimi, assordanti fischi.

Quindici minuti in cui la Fiorentina e Firenze hanno perso quell’Europa che ritorna, al Franchi, solo stasera. Un lustro dopo.

Di cose ne sono successe nel frattempo. Le polemiche, già tante all’epoca, sono esplose a tal punto che, due anni e tre mesi dopo quella notte, è arrivato quel cambio di proprietà che è alla base della “nuova Fiorentina d’Italiano”.

La squadra di Rocco Commisso sembra avere maturato tutt’altra tempra dalla scorsa estate. Merito, anche e soprattutto, del lavoro dell’allenatore che - in meno di un anno - ha trasformato un gruppo che si era appena salvato in una delle formazioni più brillanti della Serie A.

 

L’ostacolo Twente prima dei gironi

Per arrivare ai gironi di Conference League c’è però da vincere il play-off. E la Fiorentina non è particolarmente fortunata nei sorteggi europei, lo stesso Borussia M'gladbach, nel febbraio 2017, era una delle squadre “retrocesse” dalla Champions League. Anche nel 2010 i viola – teste di serie negli ottavi di Champions – pescarono come seconda classificata l’unica squadra davvero temibile, ovvero quel Bayern Monaco che poi sfidò – anche grazie a  Øvrebø  – l’Inter in finale. Oggi tocca al Twente, squadra olandese dal gioco offensivo nonché tra le più insidiose del lotto visto che è arrivata quarta nella scorsa Eredivisie, a soli tre punti dal Feyenoord finalista a Tirana contro la Roma.

Anche in questo caso non sappiamo se Vincenzo Italiano conosca così bene il recente passato viola o se sia scaramantico, sicuramente è molto pragmatico: “Il Twente è una squadra forte ed organizzata, è una partita importantissima per tutti, per l’ambiente, per noi, per me che sono all’esordio, per molti ragazzi che sono anni che non partecipano alle coppe, per chi non l’ha mai fatta. Ci teniamo a far bene, l’emozione passerà dopo il fischio di inizio”.

I ragazzi, parola non a caso, nel gergo del tecnico. Non solo per la coesione del gruppo che è riuscito a creare, ma anche per la nuova stabilità nata in riva all’Arno.

 

Nikola Milenković, nuova bandiera viola?

Sono passati pochi mesi, ma sembrano già un’eternità, dall’addio di Vlahović. Nel frattempo, nelle settimane più calde del calciomercato, è arrivato il rinnovo di Nikola Milenković.

Non sappiamo se il giovane difensore serbo riuscirà mai a entrare nella ristrettissima rosa di ‘bandiere viola’, ma la sua firma fino al 2027 è uno di quegli avvenimenti sempre più rari nel calcio moderno tanto che, se dovesse rimanere alla Fiorentina fino alla fine del contratto, sarebbe tra i pochi a completare un decennio a Firenze. Basti pensare che, nel post fallimento, solo Manuel Pasqual (2005-2016) ha fatto meglio.

Intanto la coppia Barone-Commisso continua a lavorare sul futuro, come se fosse una casa in costruzione: “Vedo che la società sta crescendo di anno in anno ed è un aspetto molto importante per me. Per me la conferma di Italiano era molto importante”, ha ammesso con franchezza Milenković davanti ai giornalisti. Rimane ancora un obiettivo ambizioso da raggiungere: “Entrare in Europa è stata l’immagine più bella della scorsa stagione. Ma sarebbe ancora più bello entrare in Champions League ed è quello che abbiamo tutti in testa. Vediamo quando riusciremo ad arrivarci”. Firenze sogna.

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