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Cari oppositori della Superlega, come la mettiamo adesso?

Roberto Perrone

I club europei boccheggiano, ma tre di loro spendono senza freni. E non ditemi che stanno alle regole

Ad ogni (finta) rivoluzione succede sempre una (vera) restaurazione. Dove sono i descamisados da operetta che rovesciarono la Superlega al grido “Leicester forever”? Dove sono sono i moralisti in servizio permanente effettivo che si strapparono le vesti all’idea del calcio senza merito? Dov’è il presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin che tuonava di tradimento e prometteva plotoni d’esecuzione? Tutti sul pedalò, I suppose, mentre dall’esecuzione della Superlega, in questa breve estate calda, nasce la Superleghetta: i club europei boccheggiano, chi più chi meno, ma tre società spendono e spandono come se non ci fosse un domani e come se non ci fosse un controllo. Perché non c’è: una prece per il fair play finanziario di michelplatiniana memoria. La premessa è sempre quella: non siamo fan della Superlega, ci mancherebbe, è che non sopportiamo quelli chiacchiere e distintivo da politicamente corretti, barricadieri a spanne.

 

Allora, visto che non ve ne siete accorti, sta succedendo questo. Il Manchester City dell’allenatore più pagato al mondo – Pep Guardiola, 20 milioni lordi di sterline a stagione, però tanto intellettuale democratico – proprietà dello sceicco Mansour e dell’Abu Dhabi United Group (Emirati Arabi) ha speso la più grande cifra (117 milioni) mai tirata fuori in Premier, per ingaggiare Jack Grealish dall’Aston Villa. Personalmente non ho ancora capito che giocatore sia, ma visto l’assegno deve essere un fenomeno. Non basta: per Harry Kane sono pronti 180/190 milioni. Vi racconto questa. Nel 1998 al Corsera ci inventammo una serie sulle squadre “sfigate” (mo’ non vi offendete), cioè quelle che vivono arrancando all’ombra di una grande. C’era anche il City. Dal 1880 al 2008 i Citizens hanno conquistato 11 trofei, nell’epoca post sceicco 15. L’ultima Premier risaliva al 1968. Il vecchio City, però, ha una coppa europea (Coppa Coppe 1970) che al nuovo, clamorosamente, manca.

Il City ha perso la Champions in finale con il Chelsea di Roman Abramovich che non è uno sceicco-emiro-sultano, ma in quanto a palanche non scherza. Ha appena versato 115 milioni cash nelle casse degli Zhang per Romelu Lukaku (a lui 11 milioni più bonus). Un anno fa, malgrado la prima botta della pandemia, il club londinese ne aveva investiti 170 per il trio Timo Werner (12 gol), Kai Havertz (solo 9, però quello decisivo nella finale di Champions) e Hakim Ziyech (6). Il magnate russo è arrivato nel 2003 trovando 11 trofei in bacheca (il successo nel campionato inglese risaliva al 1955). In 18 anni ne ha aggiunti 20 (l’ultimo due giorni fa) con 5 Premier e, soprattutto, due Champions, l’agognata Coppa che manca agli altri iscritti (senza tessera) alla Superleghetta. Il terzo membro è sulla bocca di tutti: il Psg di Nasser Al-Khelaifi che controlla il club dal 2011 attraverso il Qatar Sports Investments. L’uomo che ha tolto la tristezza dal volto di Leo Messi versandogli 80 milioni (potrebbero diventare 120 con l’opzione per il terzo anno), dal suo arrivo ha aggiunto 27 trofei ai 16 precedenti. Il vecchio Psg, però, come il vecchio City ha una Coppa Coppe (1996), quello nuovo in Europa zero tituli. Mentre altrove i conti piangono, il Psg ha speso pure 60 milioni (più 8 di bonus, più altri 3 eventuali) per Hakimi.

 

Ora la domanda è questa: se la Superlega era lo sporco calcio dei ricchi che si volevano fare una manifestazione tutta per loro cancellando il merito, che vogliamo dire di queste tre società che il merito se lo sono comprato con la grana? E non dite che loro stanno alle regole che vi ci mando senza scalo.