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Il cambiamento climatico è reale. Il meteo da non generalizzare

Lorenzo Borga

Siccità, alluvioni e tempeste si verificano da sempre sul nostro territorio, il climate change può renderle più acute o più frequenti in alcuni casi, o perfino ridurne la probabilità in altri

Il cambiamento climatico è un fenomeno reale, e la maggior parte degli studi scientifici lo associa all’attività umana. Questo sostiene oggi la scienza, dopo decenni di studi pubblicati sulle riviste autorevoli che accettano le ricerche solo dopo un’attenta revisione. Ciò su cui rimangono più dubbi e cautele sono invece le conseguenze del cambiamento climatico, in particolare gli eventi estremi. Non è per nulla semplice infatti su un pianeta di oltre 12 mila chilometri di diametro poter con certezza attribuire la causa di un uragano, una piena o un’ondata di caldo all’aumento della temperatura media prodotto dalle emissioni di gas serra. Anzi, il rischio di una narrazione che attribuisce ogni evento estremo al cambiamento climatico di origine antropica rischia di generare un effetto perverso sull’opinione pubblica, facendo emergere dubbi sulla validità delle politiche di mitigazione. Siccità, alluvioni e tempeste infatti si verificano da sempre sul nostro territorio, il climate change può renderle più acute o più frequenti in alcuni casi, o perfino ridurne la probabilità in altri.

L’Ipcc nel 2021 concentrò proprio su questo tema un capitolo della sua ricerca. I ricercatori del clima hanno evidenziato che in media le emissioni di gas serra hanno portato e eventi estremi più frequenti e più intensi rispetto al periodo pre-industriale. Questo è vero in particolare per le ondate di calore e per le forti precipitazioni. Ma non in tutto il mondo gli effetti sono gli stessi, né per tutti gli eventi atmosferici. Le piene e le alluvioni per esempio sono più frequenti per via del cambiamento climatico causato dall’uomo, ma non in modo eguale in tutto il mondo. Concentrandoci sul Vecchio Continente, quelle provocate da fiumi in piena per esempio sono aumentate nel corso degli autunni e degli inverni nell’Europa settentrionale, mentre nella parte meridionale (Italia inclusa) la maggiore evaporazione e le minori precipitazioni hanno probabilmente portato a una riduzione dei rischi di piene e alluvioni. Lo stesso è avvenuto nell’Europa orientale, a causa delle minori precipitazioni nevose.

Che serva fare attenzione ad attribuire ogni temporale, grandinata e ondata di calore al cambiamento climatico lo dimostra anche lo studio preliminare del World Weather Attribution sull’alluvione in Romagna della scorsa primavera. I ricercatori hanno infatti evidenziato che le forti piogge che hanno causato l’alluvione “non sono state probabilmente influenzate dal cambiamento climatico”. Lo studio è stato condotto confrontando i dati sulle precipitazioni con quelli storici a partire dagli anni ‘60, utilizzando modelli climatici che tentano di simulare un mondo senza emissioni di CO2 prodotte dall’uomo. I ricercatori hanno scoperto che le forti piogge che hanno preceduto l’alluvione si verificano in media una volta ogni 200 anni, ma questa probabilità non pare essere aumentata nel corso degli ultimi decenni. Si tratta in sostanza di un evento raro ed estremo, oggi come lo era nell’era pre-industriale. “Non è quindi aumentata la probabilità di piogge estreme in Emilia-Romagna, a differenza di quanto accaduto nella maggior parte delle altre regioni globali” scrivono gli scienziati, a dimostrazione degli effetti eterogenei che il cambiamento climatico produce sui territori. Lo stesso, secondo altri studi, accade anche nel resto del Mediterraneo centrale grazie ai più rari sistemi di bassa pressione, resi più sporadici proprio dal cambiamento climatico.

A dimostrazione che – nonostante una tendenza generale di peggioramento – ci sono alcune regioni che subiscono effetti minori rispetto ad altre. Lo stesso accade per tornadi e forti correnti. Le tempeste di vento – viste le temperature mediamente più elevate – dovrebbero diventare più rare e contraddistinte da correnti più lente. In Europa con un incremento delle temperature di 3 gradi, la velocità media dei venti si dovrebbe ridurre del 16 per cento. Anche al di fuori del continente, i cicloni tropicali dovrebbero diminuire nel numero di giorni ma potrebbero aumentare di intensità. Ecco perché è importante non cadere nella tentazione di generalizzare, attribuendo ogni fenomeno atmosferico al cambiamento climatico. Perché al di là dei singoli eventi, l’attenzione va concentrata su come ridurre le emissioni di CO2 e adattare le nostre infrastrutture e stili di vita alle conseguenze del riscaldamento globale.

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