Il Primo ministro Mario Draghi (Ansa)

Saverio ma giusto

Parlamentari, risparmiateci l'imbarazzo

Saverio Raimondo

Andare alle urne adesso sarebbe contro la volontà del popolo, cioè antidemocratico, oltre che una grande seccatura

Dopo l’appello dei sindaci, quello delle imprese, quello delle associazioni (Acli, Arci, Legambiente, cooperative varie ed eventuali), l’intervento del Vaticano, le reazioni dei mercati, le telefonate delle principali cancellerie europee, le raccolte firme, fiumi d’inchiostro, dichiarazioni ed editoriali, apparizioni in sogno di santi e madonne, e persino le manifestazioni di sostegno in piazza, ecco arrivare l’appello definitivo affinché Draghi resti presidente del Consiglio: quello degli elettori.

Secondo le rilevazioni demoscopiche, sette italiani su dieci sono contrari al voto anticipatogli altri tre sono a favore solo perché si candidano con Giorgia Meloni. In qualità di avente diritto di voto, mi faccio dunque promotore di un appello di categoria, trasversale (elettori di destra, di sinistra, di un eventuale centro, astenuti e annullatori seriali di schede elettorali), affinché il governo Draghi resti in carica e prosegua il suo lavoro. O, alle brutte, anche un governo Amato va bene, qui non si va tanto per il sottile, non ci formalizziamo mica. L’importante è non andare alle urne, non adesso, non con questo caldo. Desidero in primis che nessuna forza politica strumentalizzi il mio diritto di voto: non tiratemi per la giacchetta, non ho nessuna intenzione di andare a votare, non mi va, non c’ho voglia, e come me la maggioranza del paese – oltre alla presidenza della Repubblica. Andare a votare oggi sarebbe contro la volontà popolare, cioè antidemocratico.

Le elezioni sono il cuore della democrazia? Mettiamola ai voti ‘sta cosa, e vediamo se è vera! E poi noi elettori il Parlamento lo abbiamo già votato quattro anni fa, manca ancora un anno alla scadenza, che si rispettino i patti, parliamo tanto di sprechi non possiamo mica gettare così un parlamento ancora buono (vabbè, valido), in fondo i parlamentari sono pagati per stare lì, o adesso anche loro c’hanno la sindrome delle grandi dimissioni? Va a finire che noi elettori cominceremo a lamentarci come gli imprenditori per la moria degli stagionali: non si trovano più persone che vogliano lavorare in Parlamento, tutta colpa del reddito di cittadinanza. Del resto, non siamo certo noi elettori la soluzione ai problemi della nostra classe politica, né tantomeno a quelli del paese. Che ne sappiamo noi di guerra, inflazione, Pnrr. Manco i nostri politici del resto, e infatti ci sta Draghi apposta. Chiedo, anzi, chiediamo ai partiti un atto di responsabilità: non metteteci ancora una volta di fronte all’imbarazzo della scelta. Perché scegliervi, cari rappresentanti, è imbarazzante. Non siete voi, siamo noi. Noi elettori siamo volatili, indecisi, smarriti e arrabbiati; in altre parole, incapaci d’intendere e di volere. Impossibile starci dietro. E poi che vi credete, che se andassimo a votare adesso il Parlamento che ne uscirebbe sarebbe poi tanto diverso da quello che già c’è? Ok, ci sarebbe qualche 5 stelle in meno; ma sarebbero sostituiti da qualche fratello d’Italia in più. Non mi pare ci sarebbe tutta ‘sta differenza.

Cari parlamentari, arrangiatevi fra voi ancora per un altro anno, che vi costa, paghiamo noi. Poi a maggio ci ripensiamo: nel frattempo magari scoppia un’altra pandemia, un’altra guerra, un meteorite... Una cosa è certa: il politico che oggi non ci porta a elezioni è quello che voterò in futuro. In futuro però, non adesso. Lasciateci in pace. 

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