Ode al vecchio bar, luogo di civiltà e perdizione in un'Italia diversa
Il lascito del lockdown su uno dei nostri simboli più cari
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Come faremo a cenare fuori senza sentirci in ospedale? Parla un ristoratore dei due mondi
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Con gli uffici chiusi i commercianti tribolano: “Il centro storico va ripensato”
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La vita dolce
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Tavolini selvaggi
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Il risveglio delle città
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Il mandolino non suona solo a Napoli. E' il tremolo dell'umanità
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Finalmente la briscola
Tra i tanti esercizi commerciali che temo usciranno martoriati dalla conseguenze del Covid-19 ce ne sono alcuni che mi sono particolarmente cari: i bar. Chi è nato e vissuto in provincia negli anni Cinquanta-Sessanta conosce meglio di chiunque altro i significati simbolici, emozionali, civili evocati da questi luoghi spesso considerati “di perdizione”. Per questo, gironzolando qua e là per l’entroterra marchigiano (ma credo che la cosa valga per gran parte dell’Italia), è triste dover constatare come siano proprio i bar dei piccoli paesi ad aver subito il colpo più duro dal lockdown di questi mesi. Ogni tanto se ne vede uno chiuso, evidentemente da poco, che per ragioni immaginabili non è riuscito a riaprire. Un dispiacere che cerco di compensare ripensando all’infanzia.
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