La Francia halal o l'islamizzazione a volto scoperto. Una contro-società
“C'è un problema con i musulmani". L’inchiesta terrificante di due reporter del Monde a Seine-Saint-Denis
Roma. Inch’allah, la Francia halal, la Francia perduta. E’ il titolo dell’inchiesta dei giornalisti del Monde Gérard Davet e Fabrice Lhomme sull’“islamizzazione a volto scoperto” della Seine-Saint-Denis. “E’ un libro tanto eccitante quanto inquietante”, commenta il settimanale Marianne, anticipando il volume in uscita per Fayard. Per quasi un anno, Davet e Lhomme, noti reporter del giornale francese, hanno coordinato alcuni studenti di giornalismo nell’analisi di quanto accade la Seine-Saint-Denis, il dipartimento francese da un milione e mezzo di abitanti. La loro missione: individuare le tracce concrete dell’islamizzazione, un tema che “si presta a tutte le scorciatoie e a tutti gli amalgama” e che “spaventa i fautori del politicamente corretto”, come ammesso da Davet e Lhomme.
L’iniziativa è nata da una delle clamorose confidenze che François Hollande fece ai due giornalisti: “Che ci sia un problema con l’islam, nessuno lo dubita”. Si va dal dirigente scolastico che combatte i tentativi di intrusione islamista al ginecologo travolto dall’oscurantismo dei suoi pazienti, dai funzionari eletti e che si adoperano in tutti i tipi di compromessi pur di ottenere il favore degli elettori musulmani al sindacalista che organizza sale di preghiera musulmane nei depositi della Ratp, il servizio pubblico dei trasporti.
In questo dipartimento dove, secondo stime non ufficiali, una buona metà della popolazione è musulmana, una “contro-società” si va imponendo, con i suoi codici e i suoi valori, in rottura con la Repubblica laica. Parla il responsabile per le Pari Opportunità, Fadela Benrabia, che descrive con disarmante sincerità: “Il primo macellaio halal, il secondo macellaio halal, il terzo macellaio halal, poi il libraio religioso e lo stilista musulmano che vende niqab… Interi quartieri sono sotto l’halal”. Come se fosse già troppo tardi. “Non abbiamo scelto Seine-Saint-Denis e i suoi 1,6 milioni di abitanti per caso: è la regione più povera della Francia e quella con il maggior numero di immigrati, tra cui una grande percentuale di musulmani”.
Stiamo davvero assistendo all’ascesa di un islam che rivendica, che espande il suo territorio, che conquista interi settori della società? “Sì, l’islamizzazione è al lavoro a Seine-Saint-Denis”, scrivono i due autori. “Che cosa hanno in comune la madre di famiglia ebrea, il lobbista musulmano, il direttore scolastico o l’ex poliziotto? Molto semplicemente, ognuno di loro incarna uno dei tanti volti di questa islamizzazione il cui comunitarismo è indubbiamente il sintomo più visibile”.
Una tradizionale macelleria a Saint-Denis, una delle ultime a offrire maiale, ha appena chiuso. Le pasticcerie non usano più gelatina di maiale. “Negli ultimi dieci anni, la pasticceria, i cosmetici e persino le agenzie di viaggio sono sulla strada della ‘purezza’. Le bancarelle di Les Branchés offrono veli di ogni tipo, turbanti, fasce e hijab. A Saint-Denis,non è raro incrociare, piccole sagome intriganti di ragazze velate che vanno a lezione di arabo. Per gli uomini, ci sono i kamis (l’abito indossato nei paesi musulmani) e il profumo etichettato ‘per la moschea’” .
Un tempo Seine-Saint-Denis era il feudo della sinistra francese. “Ma il crollo del comunismo ha lasciato un vuoto sociale, culturale e di comunità, inghiottito dalla religione musulmana. Il centro di Saint-Denis ha oggi tre librerie. Tutte religiose”. I due giornalisti del Monde definiscono la Seine-Saint-Denis come “un laboratorio”, l’iceberg della “spettacolare evoluzione di una parte della società francese”.
Da Youtube alla libreria