Basta fumare la cannabis, semmai mangiatela (è un business enorme)
La legalizzazione in Canada e le marmellate dell’Ottocento. La droga leggera torna alle origini
Roma. Da ieri in Canada è legale l’uso ricreativo dei derivati della canapa indiana, in base a un Cannabis Act approvato a giugno. È il secondo paese al mondo dopo l’Uruguay, a parte otto stati americani (più Washington D.C.) e a parte il peculiare modello olandese dei coffee shop. Ma secondo il Canadian Institute of Statistics nel corso di quest’anno già 16 canadesi su 100 avevano fatto uso di cannabis senza aspettare il permesso, e il paradosso è che erano di più rispetto ai 13 su 100 che invece avevano fatto uso di tabacco. Il fascino del proibito? Al contrario. Proprio perché ormai il divieto stava per scadere nessuno più aveva il coraggio di far valere le leggi antispinello, mentre invece le leggi antifumo hanno continuato a essere applicate col massimo vigore. E si tratta di disposizioni spesso draconiane. In linea generale, in Canada, il fumo è vietato non solo in tutti i luoghi pubblici, ma anche entro i 9 metri dagli ingressi di bar, ristoranti, immobili residenziali, uffici, e anche molti parchi. Ci si potrà dunque fare una “canna legale” in casa? Non sempre.
Molti proprietari di abitazioni hanno già messo in atto misure per impedire che gli inquilini possano fumare cannabis (soprattutto per timore che il forte odore dell’“erba” finisca per impregnare le pareti in modi irrimediabile). “L’idea che sia possibile acquistare un prodotto senza poterlo utilizzare se non si possiede la casa o l’appartamento è ridicola”, protestano le organizzazioni pro cannabis. Ma c’è poco da fare, e anzi ci sono province anche più restrittive. In generale i limiti sono gli stessi del tabacco, ma nel New Brunswick, in Terranova e Labrador e nello Yukon, per esempio, i derivati della canapa indiana potranno essere fumati solo in casa. Nel Manitoba i comuni avranno la possibilità di imporre un divieto assoluto sul proprio territorio. Nel Saskatchewan non si potrà mai fumare in presenza di minori. Nelle università del Quebec è ammesso il tabacco ma non la cannabis.
E che ci si può fare allora con la canapa indiana, se si può comprare ma non fumare? Si mangia. Per la piena legalizzazione del mercato di dolci, bevande e cioccolatini alla cannabis bisognerà aspettare ancora il 2019, ma ormai quasi ci siamo, e gli analisti scommettono che sarà lì il vero boom. Un dato significativo è già che nella recente, grande effervescenza borsistica delle major canadesi della canapa la parte del leone l’hanno giocata proprio due giganti dell’alimentare. Da una parte Constellation Brands, colosso americano degli alcolici che possiede tra l’altro la famosa birra messicana Corona, e che nell’ultimo anno si è preso il 48 per cento di Canopy Growth, la numero uno del mercato canadese della cannabis. Dall’altra la Coca Cola, che a settembre ha annunciato un accordo per realizzare una bevanda alla cannabis assieme ad Aurora, la numero due. La cannabis legale in Canada è un mercato che già col solo uso terapeutico era arrivato a sei miliardi di dollari, ma adesso potrebbe salire fino a 25.
In realtà la cannabis alimentare è un ritorno alle origini. In Cina nel 2700 a.C. e in India nel 1300 a.C. alcune delle più antiche menzioni all’uso della cannabis si riferiscono infatti a polvere da mescolare a cibi o bevande. Si deve a un papiro egizio del XVI secolo a.C. la menzione di un incenso alla cannabis che in effetti può somigliare alla “canne” attuali, e anche gli sciti (popolazione iranica che viveva nell’attuale Ucraina ai tempi dei greci e dei romani), secondo Erodoto, si facevano saune al fumo di cannabis. Ma l’Odissea parla di tisane e Galeno in epoca romana metteva in guardia contro l’abuso di dolciumi. Anche i famosi “Assassini” antesignani dei jihadisti ingerivano l’hashish, mentre tra gli intellettuali francesi dell’Ottocento era di moda prenderlo come marmellata. È solo attorno al 1880 che la sigaretta alla cannabis viene inventata in Messico, rimbalzando negli Stati Uniti e nel mondo.
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