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Il grand Guignol ecologista

Giulio Meotti

Il padre dei Verdi francesi: “Metà della popolazione morirà”. Il masochismo suicida di Yves Cochet: “Nel 2030 il sistema collasserà. La soluzione? Meno figli e più immigrati, razioniamo le risorse, prepariamoci al peggio”

Roma. Già ministro dell’Ambiente con Lionel Jospin e firma di Libération, Yves Cochet è oggi uno dei guru della sinistra ecologista radicale, passata rapidamente dall’epoca delle rivoluzioni all’epoca delle catastrofi. Cochet ha appena pubblicato una geremiade ambientalista, Devant l’effondrement. Tesi moderata: la nostra civiltà scomparirà tra il 2020 (ovvero tra qualche settimana) e il 2035. “Tra cinque o dieci anni il problema delle abitazioni sarà risolto perché le persone saranno morte”.

  

La nostra fortuna è che Cochet finora non ci ha mai preso. Come quando in Pétrole apocalypse (Fayard) annunciò la fine degli idrocarburi. Nel 2015, in un saggio scritto con Pablo Servigne e Raphael Stevens, Cochet ha inaugurato la “collassologia”, secondo cui la fine della nostra civiltà non può essere evitata a causa del riscaldamento globale, dell’esaurimento delle risorse naturali e della sovrappopolazione. Lo storico Jean-Baptiste Fressoz dice che questi collassologi “riciclano l’ecologismo degli anni Settanta”, mentre Pascal Bruckner scrive che è “Grand-Guignol con una patina scientifica”.

  

Professore di Informatica all’Università di Rennes, attivista di Friends of the Earth, fondatore dei Verdi nel 1984 assieme a Dominique Voynet e Jean-Luc Bennahmias, Cochet oggi è un “missionario dell’apocalisse” (Le Monde), uno dei punti di riferimento dei teorici della decrescita e anche l’ispiratore dei ragazzi di “Extinction Rebellion”, il movimento green britannico famoso per le sue dimostrazioni estreme, come portare una barca a vela a Oxford Circus a Londra. Come Ingrid Verleye, entrata nel gruppo di estremisti ambientalisti dopo aver letto un articolo di Cochet su Libération in cui annunciava la fine del mondo.

  

“Non possiamo dire che dobbiamo ridurre la popolazione mondiale senza passare per nazisti”, ha detto questa settimana Cochet al Monde. In una intervista al Point, ha spiegato invece che il mondo così come lo conosciamo sarà crollato entro il 2030, provocando la morte di metà della popolazione mondiale. Uno scenario che considera deplorevole, ma perfettamente “razionale”. Dopo la “fine della storia” anche l’idea di progresso è morta e non siamo che un cumulo di disgrazie. Manca ormai sempre un minuto alla mezzanotte nell’orologio della fine del mondo, il Doomsday Clock.

 

“Non ci sarà una sola causa, il crollo della nostra civiltà sarà sistemico e globale, perché oggi tutto è collegato. Intorno al 2030, non ci saranno più stati su questo pianeta”. Alle accuse di essere un neomalthusiano, Cochet risponde: “Non ho nulla a che fare con Malthus, che era un vecchio parroco reazionario del XIX secolo. Non è ‘necessario’, ma ‘ci sarà’ una massiccia riduzione della popolazione, con la scomparsa in meno di dieci anni della metà della popolazione mondiale, che lascerà circa tre miliardi di esseri umani sulla terra”.

 

Cochet prefigura anche un vero e proprio calendario della crisi. “Immagino due fasi. La prima di sopravvivenza (2030-2040). È la più dolorosa, perché caratterizzata da guerre civili, carestie ed epidemie. La popolazione mondiale potrebbe ridursi drasticamente di due o tre miliardi di persone. Senza dubbio poi possiamo sperare in una fase di risveglio intorno agli anni 50. Ma dobbiamo immaginare un mondo senza macchina, senza aereo, senza elettricità, senza internet. Sarà più vicino al livello tecnologico del XIX secolo o a quello dei Merovingi?”.

  

Che fare intanto in attesa del collasso? “Cinquanta litri di benzina pro capite al mese, una bottiglia di olio d’oliva, due chili di farina… Dividiamo per dieci tutto ciò che abbiamo, compresi i trasporti e le abitazioni. Mi è stato detto che le persone non accetteranno mai una simile politica. È vero. Non possiamo imporre un’economia di guerra prima della guerra. Quindi ci sarà la guerra”.

    

Inutile opporsi al collasso: “Non possiamo più evitarlo, possiamo solo cercare di minimizzare le conseguenze, ridurre il numero di morti dal 50 al 49 per cento della popolazione”. Cochet vuole incentivare le popolazioni a non fare più figli: “Propongo di invertire la nostra politica di incitamento alle nascite, ribaltando la logica degli assegni familiari. Più figli hai, più le tue indennità diminuiscono fino a scomparire dalla terza nascita”. A causa della quantità di CO2 pro capite, gli occidentali devono essere “i primi a diminuire demograficamente”. Il calo delle nascite va equilibrato con più immigrazione: “Limitare le nostre nascite ci permetterebbe di accogliere meglio i migranti che bussano alle nostre porte”.

  

A questa deriva ecologista ha risposto Olivier Babeau, docente all’Università di Bordeaux e a capo dell’Institut Sapiens: “Una società che offre come la prospettiva più desiderabile di ritornare dolcemente al nulla per essere sostituita da coloro che sono più vigorosi è profondamente malata. Ci meriteremo quello che ci succederà”. Ma è come l’autoprofezia di un occidente a crescita demografica ed economica zero, surclassato dalle economie asiatiche e dall’immigrazione africana. Secondo Laurent Alexandre, “la forma definitiva di un masochismo suicida”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.