Il massacro di San Bartolomeo - François Dubois (1529–1584)

L'interesse ad avvelenare i pozzi del dibattito pubblico sui temi scientifici

Enrico Bucci e Gilberto Corbellini

Bot russi e vaccini, segnale di una deriva pericolosa. Esacerbare la divisione politica tra i cittadini per alimentare la crisi nei paesi liberaldemocratici mettendo fuori gioco l’uso delle competenze per risolvere questioni complesse

Che i social forum e buona parte di internet funzionino principalmente da piattaforme pubblicitarie è un fatto assodato. Meno noto è come sta evolvendo la tecnica di propaganda. Il 23 agosto è stato pubblicato un articolo scientifico che conferma come il dibattito su internet, anche su temi importanti, possa essere indirizzato da robot, generatori automatici di contenuto, e troll, utenze fasulle di social forum, per produrre una degenerazione della discussione.

   

Gli indizi di tale uso della rete e dei social c’erano già – si pensi allo scandalo di Cambridge Analytica – ma per la prima volta è stato documentato come una potenza straniera, la Russia, abbia alimentato negli Stati Uniti un dibattito polarizzato sul tema delle vaccinazioni, allo scopo di generare instabilità e sospetti. Nello specifico, i ricercatori hanno osservato che robot e altre entità riconducibili alla Russia hanno diffuso su Twitter grandi quantità di messaggi polarizzati, sia pro sia contro le vaccinazioni, argomentando in ogni caso contro o a favore del governo o di alcuni politici. Messaggi come “il nostro governo prima ha inventato le malattie, poi i vaccini – cosa ancora si inventerà?”, sfruttano (e alimentano) la divisione sui vaccini per trasformarla in divisione politica (contro o in difesa del governo). O viceversa.

  

Esacerbare la divisione politica tra i cittadini su temi scientifici equivale a ciò che si faceva con i temi religiosi in altri tempi: il meccanismo di base è ancora quelle di quando le sette e le fazioni religiose si sterminavano tra loro perché qualcuno aveva messo in giro una fake news ante litteram. Lo scopo è sempre – dal paleolitico almeno – generare divari insanabili fra gruppi umani (in questi caso cittadini) con idee diverse e fra cittadini e istituzioni; inoltre, in questo caso si vuole che siano degli ignoranti a dibattere, o comunque che i dibattiti si situino su un livello totalmente ascientifico pur trattando di temi scientifici.

     

Non è un caso che le vaccinazioni siano uno dei termometri dello stato di salute dei rapporti tra scienza, politica e società. E che siano diventate uno dei temi sui quali si esercitano gli attacchi volti a generare divisioni, cioè discordia, nel mondo occidentale. Non è detto che si voglia che aumenti la frequenza di persone esitanti o anti-vaxx in Occidente, e quindi che aumentino i casi di malattie infettive, di morti, di danni al sistema sanitario, etc. Più probabilmente, si agisce creando discordia per testare e alimentare la crisi nei paesi liberaldemocratici mettendo fuori gioco l’uso delle competenze scientifiche per prendere decisioni utili e per risolvere questioni controverse.

  

Le vaccinazioni chiamano in causa un complesso sistema di decisioni o scelte sociali relativo alla ricerca scientifica di base, al controllo clinico e a strategie di sanità pubblica, che non ha eguali nella storia della medicina. Esistono emergenze sanitarie non meno importanti, come la resistenza agli antibiotici, ma non si trovano – almeno per ora – movimenti che rivendicano la libertà di decidere se usare o meno gli antibiotici per curare un figlio (giusto qualche naturopata scemo). Le vaccinazioni mettono in gioco la fiducia dei cittadini nella capacità della politica di arruolare le migliori competenze per affrontare e risolvere un problema sanitario, espongono il livello cognitivo di un paese rispetto alla capacità di elaborare un ragionamento astratto e ipotetico sui rischi conseguenti il fatto di non vaccinare e intercettano l’efficienza e la coerenza scientifica delle politiche sanitarie.

   

Alimentare la divisione sulle vaccinazioni, nel modo in cui è stato fatto secondo i risultati dello studio pubblicato, significa ingenerare sospetto sull’affidabilità delle istituzioni politiche preposte al controllo, ma anche interferire con le informazioni che mirano a far maturare nelle persone un grado di comprensione adeguato a capire la logica, non scontata, delle vaccinazioni. In altre parole, la strategia mira a creare una divisione che non danneggia solo la fiducia nella politica e nello stato o nella comunità scientifica, ma cerca di immunizzare, alzando i toni della discussione, le persone esitanti dal diventare favorevoli.

  

La storia delle vaccinazioni racconta che da sempre, cioè sin da quando i vaccini ancora non esistevano e il rischio di danno associato all’inoculazione del vaiolo, sia umano sia vaccino, era alto benché favorevole, politiche di imposizione della prevenzione sollevavano ribellioni sociali. I due elementi su cui si è sempre concentrata l’avversione erano e sono il carattere artificiale del prodotto ovvero la sicurezza del vaccino, e l’esautorazione da parte dello stato dei genitori nella decisione di inoculare un bambino in salute. Queste rivolte sono state superate dall’accresciuta fiducia delle popolazioni nella medicina, cioè nei medici, a fronte di una persistente mortalità infantile. Non pochi gravi fatti conseguenti a difetti dei vaccini e che hanno causato migliaia di morti non hanno mai interrotto le campagne di vaccinazione. A livello sociale era chiaro che si trattava di un incidente e non era messa in discussione la fiducia verso i medici. E la politica si guardava dall’usare i sospetti sociali per alimentare divisioni ideologiche e rendere i toni della polarizzazione più accesi. Perché polarizzare il tema delle vaccinazioni, cioè creare discordia, significa agire su un complesso sistema di relazioni che è vitale per la sopravvivenza di una democrazia liberale; ed è in questo punto debole che si innesta la strategia di soggetti terzi, in questo caso stranieri, che vogliano minare le basi liberali di una democrazia, in fasi critiche come nell’occasione di elezioni.

   

Vi è pure chi crede di poter sfruttare anche in chiave di politica interna la battaglia irrazionalista, incanalando nel calderone del dissenso contro le élite le più varie tesi cospirazioniste. La conseguenza è una paralisi per quanto riguarda l’uso di competenze utili per risolvere problemi sui quali è stata creata un’irrazionale confusione, ma che gli elettori si aspettano di veder risolti, così come si aspettano che chi è al governo migliori lo stato del paese. Aver soffiato sul fuoco dell’irrazionalismo e della battaglia contro la “scienza ufficiale” ha indebolito l’economia (gestione irrazionale del debito pubblico, ma anche produzione di olio di oliva a rischio per Xylella, produzione agricola minacciata dalla guerra agli agrofarmaci e alle biotecnologie vegetali), potrebbe causare la ripresa delle malattie infettive (per la lotta ai vaccini) e una morbilità dovuta all’uso di pseudomedicine, genera debolezza e isolamento politico (per le accuse irrazionali e oscurantiste all’Europa), causerà un conto energetico più salato (data l’opposizione irrazionale alla Tap, ma in altre occasioni all’eolico e persino al solare); senza contare che un cittadino confuso e ignorante non è mai davvero libero di scegliere (e quindi potrà scegliere una democrazia illiberale).

  

Diversi attori internazionali potrebbero trarre vantaggio dalle scelte irrazionali dettate dalla pancia degli elettori: dai produttori esteri di olio (crisi Xylella), agli speculatori internazionali (crisi finanziaria), ai venditori di energia (importiamo gas e nucleare) fino alle aziende farmaceutiche che lavorano di concerto con paesi illiberali, e che possono avere un vantaggio nel ritorno di malattie infettive da curare invece che da prevenire con i vaccini. Ognuno di questi attori, in linea di principio, potrebbe fare esattamente ciò che ha fatto la Russia negli Stati Uniti (ma forse anche da noi): favorire l’irrazionalità suscitando dibattiti fasulli su temi specifici, in modo da paralizzare la possibilità di prendere decisioni avverse alla propria convenienza.

  

Come a suo tempo accadde nel caso dei danni alla salute causati dal fumo di tabacco: negli anni Sessanta erano già disponibili le prove, ma un sistematico lavoro di confondimento alimentato da terze parti interessate a contestare i risultati scientifici (con l’aiuto di qualche scienziato famoso, ma a libro paga) creò un falso dibattito, impedendo per decenni una razionale politica sanitaria di contenimento del fumo e causando decine di milioni di morti.

    

Enrico BucciSHRO – Temple University, Phliladelphia

Gilberto CorbelliniCNR – Dipartimento di scienze umane e sociali