Il fallo quotidiano

Roberto Defez

Il dibattito scientifico sulla Xylella non si fa con le testate agli avversari, ma portando le prove

I mondiali di calcio in Russia hanno già risucchiato l’attenzione mediatica, facendoci scivolare in uno spazio parallelo dove i migranti diventano giocatori stranieri naturalizzati, i deficit di bilancio servono a rimpolpare le rose delle squadre di calcio più ambiziose e i rissosi leader politici per una volta appaiono come vecchi amici al bar. Ci stiamo incamminando verso un’anestetica estate dove dimenticare i nostri guai quotidiani aspettando che l’8 settembre scadano i primi cento giorni del nuovo Governo, certi che questo anniversario cancellerà quello passato.

 

Con la nazionale fuori dal mondiale siamo più distaccati rispetto agli endemici errori arbitrali e ricordiamo divertiti la frase del maggior filosofo del calcio, l’allenatore jugoslavo Vujiadin Boskov che sentenziava: “Rigore c’è quando arbitro fischia”. Ossia non facciamo polemiche infinite: finita la partita non si possono più tirare i rigori. Parafrasando questo aforisma si potrebbe dire: “Scienziato è quando dimostra con prove”. Ossia non basta una laurea in una disciplina scientifica per dare autorevolezza a una qualunque tesi, ma un vero scienziato è costretto a dimostrare con prove scientifiche la tesi che propone.

 

Ma al Fatto quotidiano non devono averlo ben studiato Boskov perchè se nel 2014 si potevano ancora proporre tesi esoteriche, magiche o paranormali per la cura dei morenti ulivi del Salento, nel 2018 non basta più la retorica, non è sufficiente prendersela con la modernità, il calo demografico o il costo della manodopera per negare l’evidenza scientifica. Ossia che il patogeno da quarantena Xylella fastidiosa è il nuovo morbo sbarcato in Salento che ha innescato la più grave epidemia vegetale del continente. Che questo nuovo ceppo di Xylella sia la causa della malattia è dimostrato da pubblicazioni scientifiche che stanno uscendo in continuazione (Saponari et al., 2017; Giampietruzzi et al., 2017; Bucci, 2018). Di fronte a pubblicazioni scientifiche che identificano il batterio patogeno, che ne provano l’associazione con la moria degli ulivi sensibili oppure la resistenza o tolleranza di altre varietà di ulivi, si risponde con fatti, prove, documenti e altre pubblicazioni scientifiche. Così avanza la scienza: per progressive approssimazioni. Fino ad arrivare ad accertare alcuni fatti come solidi e affidabili. Fatti che si possono anche smentire e superare, ma solo se si portano nuove prove, dimostrazioni, esperimenti verificabili. Non bastano l’eloquio, non bastano le premonizioni o evocare influenze cosmiche. Invece il 17 giugno al Fatto hanno dato voce a chi confida nelle energie cosmiche, “energie superiori, di derivazione cosmica”. Procedimenti commercializzati da un marchio registrato e basati su un brevetto che usano “cariche magnetiche idrocompresse computerizzate”. Cosa siano queste procedure nessuno lo capisce, ma di sicuro la stessa azienda menzionata dall’articolo del Fatto non pubblicizza il suo prodotto come la cura risolutiva degli ulivi del Salento. Soprattutto non ci sono prove sperimentali pubblicate e condotte in maniera scientificamente rigorosa per dimostrare che ci siano effetti curativi.

 

L’Italia è la patria del Metodo Scientifico Galileiano: un metodo che non è stato usato per contraddire le evidenze scientifiche che imputano a Xylella fastidiosa la principale responsabilità della nuova patologia che da almeno 5 anni devasta il Salento. Invece al Fatto si è dato voce a chi mette in discussione addirittura Louis Pasteur e la sua pratica di sterilizzare: pasteurizzare, appunto, liquidi e alimenti. Una procedura che ha salvato la vita a milioni di persone. Pensiamoci ogni mattina di fronte a un cappuccino con latte pasteurizzato. Invece in un rinnovato derby calcistico con i francesi, ora al Fatto si questiona sulle teorie di Pasteur, forse anche perché il luminare francese è stato artefice delle prime vaccinazioni contro il carbonchio e la rabbia.

 

In realtà tre anni fa un tentativo di dialogo con un transalpino fu cercato proprio dai negazionisti della Xylella. Invitarono Josè Bovè a visitare i campi salentini per magnificargli le buone pratiche agricole simili a quelle esposte sul Fatto. Josè Bovè è un europarlamentare verde, agricoltore francese, nemico della globalizzazione e dei fast food, tanto da averne devastato uno entrandoci dentro alla guida del suo trattore. Andato a processo per quel gesto e condannato. Quindi di certo non uno tenero con le multinazionali. Ma Bovè veni, vidi e disse che gli ulivi infetti andavano tagliati e che le cosiddette buone pratiche agricole pseudo-biologiche erano solo un modo per consentire all’epidemia di estendersi e aggravarsi.

 

Insomma non si capisce proprio perché si sia dato spazio sul Fatto a un testo tanto antiscientifico, tanto confusionario e così anacronistico. Mettendo in imbarazzo un governo a cui il Fatto guarda con indulgenza, senza che ancora tutti le componenti parlamentari del sistema siano operative. Ma soprattutto versando sabbia nel motore del dialogo che era maturato con la nuova e incoraggiante apertura dei vertici locali del M5S (Cristian Casilli) che hanno costruttivamente cominciato a dialogare con gli ulivicoltori salentini (Giovanni Melcarne) anche se osteggiati dalle rispettive tifoserie. I due hanno concordato sul fatto che Xylella è il patogeno all’origine della moria degli ulivi del Salento.

 

Peccato danneggiare questo dialogo virtuoso tra gli avversari di ieri. Peccato non aiutare Giovanni Melcarne che con gli innesti di varietà resistenti sta provando a salvare gli ulivi millenari. Peccato dare una testata nel petto a chi cerca di risolvere l’epidemia e far ripartire l’agricoltura pugliese. Con le testate nel petto dell’avversario si fa un brutto fallo. E si può anche perdere la finale del campionato del mondo.

 

*Roberto Defez, ricercatore Cnr in palese conflitto d’interesse per aver (orgogliosamente) lavorato tre anni e mezzo all’Istituto Pasteur di Parigi