La lezione del Tap ai complottisti della Xylella
L'azienda che sta costruendo il gasdotto è stata accusata di aver diffuso il batterio per poter espiantare più facilmente gli ulivi. Invece è in prima linea per cercare di fermare il contagio
“Hanno addirittura accusato la Tap di aver diffuso la Xylella apposta per poter spostare gli ulivi più facilmente. Ma la verità è che proprio la Tap vuole invece essere in prima linea nella lotta per fermare il contagio. Già il morbo sta arrivando in Basilicata, e c’è il rischio che arrivi in tutto il paese”. Il Country Manager per l’Italia della TransAdriatic Pipeline, Michele Maio Elia parla col Foglio proprio subito dopo che la Tap ha incassato l'endorsement di Sergio Mattarella. E subito dopo che il governatore Michele Emiliano ha rivolto un appello ad Alessandro Di Battista affinché lo aiuti a convincere il governo a spostare il gasdotto.
Elia non considera corretto, visto il suo ruolo, commentare l'attualità politica anche se, riguardo all'auspicio del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che ha sottolineato l’esigenza di un dialogo col territorio, sottolinea: “Noi in realtà lo abbiamo sempre cercato. Comunque, i lavori vanno avanti e le necessarie autorizzazioni continuano ad arrivare”.
In questo momento a Elia interessa soprattutto parlare del male che sta devastando gli ulivi. E proprio la Xylella è stata il tema del suo intervento a “La forza di Demetra, Il grande gioco dell’agroalimentare nel XXI secolo”, XV workshop della rivista di geopolitica “Il Nodo di Gordio” che si è tenuta dal 19 al 22 luglio a Montagnaga di Pinè (Trento).
“La Xylella - ci ricorda - è stata oggetto di una quantità enorme di fake news di cui anche Tap, nel suo piccolo, è stata vittima. Hanno addirittura detto che la spargevamo noi. Ma gli studi più seri fanno risalire il contagio a una pianta di caffè”. Caffè in Puglia? “Una pianta ornamentale. Le piante di caffè vengono importate anche a scopo ornamentale. Il batterio della Xylella nelle Americhe è comunque presente su molti tipi di pianta. Per esempio, sulla vite. Il dato terribile è che in Puglia nel 2013 c’erano circa 800.000 alberi contagiati o infetti o in area infetta, su 8000 ettari di terreno. Adesso siamo a un milione di ettari, e nel 2016 gli alberi interessati nella Bassa Puglia erano 20 milioni. È un terzo di tutti gli alberi della Puglia. E non è grave soltanto per la Puglia, perché se si vede come sta avanzando ci si accorge che sta arrivando in Basilicata”.
E non si riesce a fermare? “No. Malgrado gli sforzi di tanti esperti di Istituti di Agraria, del Cnr e della Facoltà di Agraria di Bari. Anche olivicoltori, cooperative e oleifici si stanno dando da fare. Una strada promettente sembra essere la ricerca sulle tante varietà dell’ulivo, quelle conosciute e quelle che si generano di continuo, i cosiddetti semenzali: li stanno scovando sui muretti e nei punti più impensati e alcuni di essi potrebbero aver sviluppato spontaneamente una qualche forma di immunità. Ci sono in particolare due cultivar molto promettenti. Una è la FS-17, detta Favolosa. L’altra è il Leccino. Nel Nord della Puglia ci sono molti produttori che stanno piantando in tempi rapidi la FS-17. Non è un albero ma un cespuglio. Permetterebbe dunque di salvare l’economia, anche se purtroppo non il bellissimo paesaggio. Già quella perdita rappresenterebbe un danno irreparabile. E il brutto è che la Xylella non attacca solo gli ulivi. Si parla soprattutto di quelli, ma i tipi di alberi a rischio sono in realtà ben 27. Mandorli, ciliegi, lecci…. E la cosa che fa più paura è il clima di assuefazione che si è creato. Anche io sono pugliese. Andare in treno o in macchina a Lecce vedendo ai lati della strada o della ferrovia quegli alberi colpiti con i rami secchi è una cosa che fa male. Un paesaggio lunare, color cenere là dove c’erano ulivi millenari e secolari”.
Elia tiene a questo punto a ricordare al Foglio che alcuni ulivi sono stati però salvati proprio perché la Tap li aveva momentaneamente espiantati, per poterli ripiantare alla fine dei lavori. E ci mostra le foto in cui le piante sono sistemate in serre “con reti a maglie talmente strette che l’insetto vettore della Xylella non può passare” (foto sopra). E questo basta? “Questo basta. Lo abbiamo anche proposto in varie sedi. Per lo meno per gli ulivi più antichi. Una rete 'individuale' che li protegga in attesa che la scienza trovi una soluzione, utilizzando per gli alberi sul posto la stessa tecnologia che noi abbiamo adottato per gli alberi espiantati. 200 piante. Vede come sono rigogliosi?”
Questi però, finiti i lavori, li dovrete riportare al loro posto originario. “Sì. Li riporteremo a morire”. Come? “Sì. Se non si agisce per proteggerli, a rimetterli dove stavano molto probabilmente si ammaleranno anche loro e moriranno”. Quindi i famosi alberi portati via dalla Tap. “Portandoli via li abbiamo salvati, rimettendoli al loro posto in zona infetta saranno esposti nuovamente al pericolo. Mi rendo conto che è un paradosso, ma è così. D’altronde anche la Tap sta collaborando alla ricerca anti-Xylella. È uno dei progetti di investimento che intendiamo portare avanti sul territorio”.
Abituati alla tragedia