“Siamo pronti”

Perché essere fiduciosi sulla terza dose. Parla Guido Rasi, il consulente di Figliuolo

Annalisa Chirico

L'Italia è pronta ai richiami grazie a una scorta scorta di 8 milioni di dosi. E per raggiungere l'immunità di comunità vanno vaccinati i bambini. L'intervista del Foglio al consulente del commissario all'emergenza

Professore Guido Rasi, lei è il principale consulente del commissario all’emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo. Da una prima stima, tra richiami per over 18 e vaccini ai bambini tra i 5 e gli 11 anni, da qui a fine aprile potrebbero servire 45 milioni di dosi: siamo pronti? “Certamente sì, partiamo con 8 milioni di scorte, non ci sono problemi di approvvigionamento né di distribuzione. Gli hub sono stati ridimensionati, ma si è allargato il parterre capillare, composto da medici di famiglia e farmacie, anche grazie a una maggiore facilità di conservazione del vaccino che, nel caso di Pfizer-BioNTech, per esempio, non richiede più temperature estreme di meno 70 gradi”.

 

Dopo la terza dose, dovremo sottoporci a una quarta?Probabilmente non sarà necessario – risponde il professor Rasi, che è anche presidente del Clinical Trial Center del Policlinico Gemelli – La speranza è che entro il 2022 il virus diventi endemico in modo da ridursi a un’influenza. Oltre 47 milioni di cittadini hanno ricevuto una dose, a costoro si aggiungono circa 5 milioni che si sono immunizzati  guarendo. Vuol dire che, se continuiamo a vaccinarci, raggiungeremo presto l’immunità di comunità. Il virus, circolando, potrà entrare nelle nostre mucose ma progressivamente sarà infezione invece di malattia. Un contagiato non è un malato”.

 

L’Ema, di cui lei è stato direttore esecutivo per 9 anni, ha autorizzato il vaccino per i più piccoli: l’argomento per cui dovremmo vaccinarli al fine di rallentare la circolazione del virus le sembra convincente? “Il vaccino va fatto per proteggere i bambini, non la comunità. Ai bambini non è richiesto il green pass né è previsto per loro l’obbligo vaccinale. Tuttavia, se avessi un figlio piccolo, lo vaccinerei immediatamente”. Il presidente del Consiglio di amministrazione dell’Aifa, Giorgio Palù, ha ricordato che, se nel 2020 solo il 3 per cento dei bambini ha contratto l’infezione, oggi siamo al 25 per cento a causa della variante Delta, più contagiosa. “I numeri parlano chiaro. Mi ha colpito la posizione della Società italiana di pediatria che si è schierata nettamente a favore del vaccino. Il motivo è semplice: i benefici superano i rischi. Mentre una piccola sequenza di mRNA non dura più di 3-6 mesi, il long Covid comporta effetti di lungo periodo e la sindrome infiammatoria multisistemica, la cosiddetta Mis-C, è grave e colpisce molti organi. Questi rischi fanno più paura del vaccino”.

 

Prevede una corsa a vaccinare i più piccoli? “Gli italiani si sono dimostrati più saggi di chi li vorrebbe governare. La disinformazione ha alimentato diffidenza e paure legittime”. Ce l’ha con i politici o con i suoi colleghi scienziati? “Parlo degli addetti ai lavori che straparlano senza attendere le decisioni degli enti regolatori. Non è tollerabile che persone con ruoli di primo piano nel mondo della sanità si lascino andare a dichiarazioni avventate. Anche i politici la cui tenuta etica è sempre minore dovrebbero essere più cauti dal momento che non conoscono la materia. Quanto agli scienziati, il confronto anche aspro, andrebbe tenuto nel chiuso di una stanza, non in tv”. La terza dose si potrà ricevere al quinto mese dal primo ciclo: conviene fare presto? “Il terzo richiamo, che esiste già per diversi vaccini, ha la funzione di consolidare le cosiddette ‘cellule di memoria’ garantendo una protezione più duratura. Il declino dell’immunità è lineare e si evidenzia dopo il sesto mese. Non c’è motivo di allarme: è bene che le categorie fragili procedano per prime, gli altri a seguire”. Considerato che anche gli immunizzati si contagiano, si potrebbe aggiornare il vaccino rispetto alla variante Delta? “L’aggiornamento del vaccino darebbe un vantaggio modesto a fronte della necessità di riconfigurare l’intera produzione mondiale. Con tempi troppo lunghi, potrebbe rivelarsi un’operazione catastrofica. Bisogna tenere a mente che il problema è immunologico: la prima dose serve a conoscere il bersaglio, la seconda ad aumentare la produzione di anticorpi, la terza a conferire memoria immunologica. Se la protezione dalla variante Delta è robusta, è inutile modificare il vaccino. L’esempio di Israele è illuminante: grazie alla campagna massiccia di terze dosi, ha piegato la curva”.

 

Perché l’Ema decide spesso con tempi dilatati rispetto agli omologhi di Usa e Israele? “Sulle autorizzazioni dei tre vaccini il ritardo dell’agenzia europea è stato di 21 giorni, pari al divario temporale nella consegna del dossier rispetto all’Fda. L’Ema è più rapida se si considera che, oltre a garantire efficacia e sicurezza dei farmaci, deve assicurarne la qualità presso tutti i siti a regime delle aziende produttrici. Il controllo di qualità richiede più tempo, per questo lo Sputnik non sarà mai approvato”. 

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