Cattivi scienziati

Che fare se l'efficacia della terza dose dura meno di un anno?

Enrico Bucci

Sappiamo quanto ci protegge la dose di richiamo, ma non per quanto tempo. Cosa succederebbe se fosse necessario somministrare più di una dose di vaccino all'anno?

Abbiamo tutti sentito da più parti che, vista la durata degli anticorpi circolanti e della protezione dall’infezione conferita dai vaccini attualmente disponibili per Sars-CoV-2, una terza dose di richiamo, passati alcuni mesi – orientativamente 6 – sembra più che indicata. La ragione è che, nonostante l’alta protezione clinica comunque mantenuta dai vaccini, impedire la circolazione del virus e le infezioni è comunque un obiettivo importante, sia a protezione di coloro i quali non rispondono bene al vaccino per qualunque motivo, sia soprattutto per evitare la continua evoluzione della quasispecie virale in nuove forme, con maggiori capacità immunoevasive.


Quello dei 6 mesi prima del richiamo è un dato medio: tutti i vaccini perdono capacità protettiva in tale ambito temporale, ma i vaccini a vettore adenovirale – AstraZeneca e Johnson – risultano perdere capacità protettiva dall’infezione più rapidamente e a un tasso maggiore; dal che dovrebbe derivare una priorità di somministrazione della dose di richiamo per chi ha utilizzato quei vaccini per le prime dosi.

Terza dose, l'efficacia del richiamo è uguale per ogni vaccino?

Tuttavia, stante questi fatti ci si potrebbe legittimamente fare una domanda: l’efficacia della dose di richiamo, per esempio con una dose di vaccino a Rna, è la stessa a prescindere dal tipo di vaccino che è stato fatto inizialmente? La risposta ci arriva da un nuovo studio del sistema sanitario pubblico inglese.


A partire da una popolazione di oltre 270 mila individui di età superiore ai 50 anni, si è valutato se, offrendo un richiamo costituito da una dose intera di vaccino della Pfizer o da mezza dose di quello Moderna, si ottenesse un sufficiente innalzamento della protezione e se vi fossero differenze sia per quel che riguarda la dose di richiamo sia per quanto riguarda i vaccini originariamente utilizzati. Ebbene, i risultati sono stati davvero incoraggianti: a prescindere da quale fosse il vaccino utilizzato per il richiamo e da quale fosse quello utilizzato in partenza, l’efficacia stimata a 14 giorni dal richiamo è risultata in tutti i casi compresa tra circa l’85 per cento e circa il 90 per cento, sostanzialmente ritornando a valori simili a quanto osservato ancor prima dell’insorgere della variante Delta.


Questo dato è davvero confortante, perché evita che fasce di cittadini cui è stato somministrato un certo prodotto paghino oggi una sua minore efficacia rispetto ad altri; e contemporaneamente consente di utilizzare con la stessa efficacia entrambi i vaccini a Rna di cui disponiamo.

Il Covid e l'ipotesi di somministrare più di una dose di vaccino all'anno

Non è trascorso ancora sufficiente tempo per valutare la durata della protezione conferita da questa dose di richiamo: almeno a giudicare dalla persistenza della protezione conferita da una terza dose di Pfizer in Israele su soggetti vaccinati omogeneamente con quel vaccino, la copertura dovrebbe essere superiore a qualche mese, ma è cruciale sapere se raggiungerà almeno un anno. Di questo, oggi non possiamo essere certi; anche per questo motivo, i vaccini di seconda generazione devono continuare a trovare governi e aziende interessati, pur con le difficoltà di sperimentazione clinica legate al fatto che oggi essi devono competere con i vaccini già esistenti, e dunque non possono essere condotti con facilità a paragone di un placebo come al tempo dello sviluppo dei primi vaccini. Cosa succederebbe se scoprissimo che la copertura dall’infezione dura meno di un anno? Se, cioè, si rendesse necessario somministrare addirittura più di una dose annua di vaccino?


Questa è la domanda che è necessario porsi in anticipo. E’ evidente che, se dovessimo arrivarci, sarebbe opportuno valutare un mix di misure non farmacologiche di contenimento e di vaccinazioni, bilanciato e pensato in modo diverso dall’attuale, fatto cioè non per rincorrere il virus, ma per esempio per “sincronizzarne” la circolazione con periodi dell’anno in cui esso è meno problematico, come l’estate. Tuttavia, è evidente che se questo fosse il risultato finale, con i vaccini attuali non potremmo continuare a lungo, e più che mai si renderebbe necessario investire su tipi di vaccini diversi e di possibile lunga durata, come quelli discussi in precedenza su queste stesse pagine.

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