Foto CC di Paul Hudson

Cattivi scienziati

Il Dna degli antenati che ci rende più sensibili al Covid

Enrico Bucci

Uno studio dice che se alcuni individui sono più esposti a sviluppare danni respiratori gravi causati da Sars-CoV-2 è per l’antico incontro con i Neanderthal

Tra 65 mila e 47 mila anni fa, in Asia e in Europa, la nostra specie si è trovata faccia a faccia con i nostri cugini Neanderthal. Anzi: il viso di qualche nostro antenato si è trovato così vicino a quello di un umano dell’altra specie che possiamo immaginarlo sussurrare parole d’amore. Un amore di cui portiamo ancora le tracce nel nostro codice genetico: fra l’1 e il 4 per cento del Dna degli esseri umani che vivono al di fuori dell’Africa – dove questi incontri amorosi sono stati molto più sporadici – è derivato direttamente dal genoma dei Neanderthal, come è possibile verificare da quando sono disponibili le sequenze genetiche del materiale estratto da antichissimi fossili. In parte, oltretutto, il nostro Dna contiene materiale proveniente pure da un’altra specie – l’uomo di Denisova – con la quale abbiamo convissuto a lungo assieme ai Neanderthal; e pure queste due specie si sono incrociate fra loro, come sappiamo dal Dna di una donna di 90 mila anni fa, il cui padre era un uomo di Denisova e la madre un Neanderthal.

   

Abbandonando l’Africa, i nostri antenati incontrarono le due specie arcaiche, e non sempre, evidentemente, la faccenda si risolse in uno scontro mortale; qualche volta, l’amore prevalse sulle armi. Alcuni tra i figli derivanti da genitori misti ereditarono da specie diverse dalle nostre tratti vantaggiosi: per esempio, dai Neanderthal abbiamo ereditato alcune varianti dei geni che controllano la risposta immune, i quali hanno “armato” qualcuno dei nostri antenati contro patogeni e parassiti che i Neanderthal conoscevano bene perché presenti nei loro territori eurasiatici, ma che invece erano potenzialmente pericolosi per la nostra specie emigrata di fresco.

   

Tuttavia, non sempre ciò che è vantaggioso in una data epoca e in uno specifico contesto ambientale lo è alla distanza, in un mondo diverso e di fronte a patogeni nuovi.

    

Ce lo ricorda Svante Pääbo, uno dei maggiori studiosi dei Dna antichi, che ha isolato alcune varianti di certi geni che controllano la risposta immunitaria nei Neanderthal vissuti in Croazia circa 60 mila anni fa (varianti assenti in altri Neanderthal vissuti in Siberia). Queste varianti sono arrivate, nel cromosoma 3, fino ai nostri giorni, e sono condivise da circa l’8 per cento degli europei, e ancora di più da alcune popolazioni asiatiche (mentre, coerentemente con quanto abbiamo detto, sono scarse o assenti in Africa).

   

Non solo: le varianti genetiche in questione risultano tutte fortemente associate fra loro – viaggiano di generazione in generazione come un “pacchetto unico” di Dna che si trasmette dai genitori ai figli (tecnicamente, sono in forte “linkage disequilibrium”), nonostante non vi siano particolari ragioni, come una scarsa ricombinazione di quel tratto di Dna, che possano favorire questa aggregazione.

   

Ora, il punto interessante è che queste varianti genetiche sembrerebbero associate in alcuni ampi studi di popolazione recentemente pubblicati con un peggior esito respiratorio del Covid-19. Quindi, ne deduce lo studioso, un pacchetto di varianti genetiche che rende alcuni individui più sensibili a danni respiratori gravi causati da Sars-CoV-2 ci è arrivato direttamente dai Neanderthal. Qualcosa che in epoche remote aveva uno scopo e poteva rappresentare un tratto positivo oggi è invece un tratto che, se la selezione naturale fosse lasciata libera di agire per qualche generazione, scomparirebbe perché tratto svantaggioso per i suoi portatori.

   

Tutto questo se Pääbo ha ragione, cosa che la comunità scientifica deciderà facendo a pezzi nei più minuti dettagli il suo lavoro, come sempre; ma questa storia ha il pregio di farci intravedere, ancora una volta, il mutevole paesaggio genetico in cui ci troviamo immersi, che è fatto non solo dei nostri tratti particolari, ma anche del modo in cui questi interagiscono con quelli di altri organismi – patogeni, in questo caso – nell’ambiente e nel momento storico in cui ci troviamo a vivere.

    

Dimostrando, nel modo più chiaro possibile, perché qualunque specie – e quindi anche noi – è in realtà il prodotto dell’interazione fra il proprio Dna e quello di innumerevoli e mutevoli altri organismi, incontrati durante la propria storia evolutiva: dai Neanderthal ai virus, altri Dna agiscono continuamente su di noi.

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