(foto Ansa)

roma capoccia

Etica ed estetica del bar, tra (tante) chiusure e (poche) aperture

Gianluca Roselli

Con l'Euclide se ne va un pezzo della storia dei Parioli. Ma in tutta la città ce ne sono altri iconici, dal Pigneto a Vigna Clara. E a Monti ce n'è uno tra i migliori 20 al mondo

Il bar italiano è una terra di nessuno e di tutti, a metà tra il tempo libero e l’attività professionale”. Se pure Umberto Eco ha dedicato questo pensiero ai bar, significa che l’argomento non è da poco. A colpire è l’ultima chiusura, quella del Bar Euclide, un altro pezzo di storia che se ne va, luogo d’incontro di generazioni fin dagli anni Sessanta, punto di riferimento del quartiere Parioli. In questi giorni abbiamo letto fior di testimonianze vip, ma era soprattutto il locale dei ragazzi di piazza Euclide, che da lì entravano e uscivano.

Accade sempre un piccolo miracolo quando un bar diventa l’anima del quartiere. Ognuno ha il suo preferito: quello dove andare a prendere il caffè o a fare colazione, uno spuntino a pranzo o un bicchiere all’ora dell’aperitivo, o dove convogliare un amico. O solo anche per starsene un po’ da soli a far due chiacchiere con barman e camerieri. L’ultima tendenza è andarci a lavorare, col notebook, la connessione wi-fi e una birra media. E il locale che riesce, per qualche strana alchimia, a diventare il “bar del quartiere”, è da ritenersi oltremodo fortunato. Per questo non si capisce come abbia fatto l’Euclide, che era il riferimento di quel quadrante dei Parioli (non di tutto il rione, troppo esteso, Viale Parioli vanta ben altri banconi), a cadere in disgrazia. Già era stato chiuso un anno, poi riaperto, ma molti si lamentavano della qualità e dei prezzi. Tanto da risultare per Tripadvisor (ormai unico discutibile giudice di vita o di morte) al 9.048 posto tra i 9.249 locali della città. E dunque la chiusura appare motivata. 

 

Ma l’Euclide non è l’unico. Nel giugno del 2022 aveva chiuso il Panamino, storico locale all’interno del Parco Rabin a Villa Ada, anch’esso ritrovo dei ragazzi di Roma Nord. E molti non si rassegnano alla serrata, ormai nel 2014, del Bar della Pace, dietro piazza Navona. A parte il fascino dei locali storici e la magnifica posizione, il Bar della Pace è stato per anni la meta di ogni passaggio in pieno centro, luogo non turistico in un incrocio di strade ultra turistiche. Ci si andava a inizio serata, per poi proseguire altrove; a metà, perché magari non si sapeva cosa fare; o alla fine, prima di rientrare, a bere un ultimo bicchiere e vedere chi c’era. Perché qualcuno, al Bar della Pace, s’incontrava sempre. Ora, sul lato opposto, c’è sempre il Bar del Fico ma, per insondabili alchimie, non è la stessa cosa. 

 

Ogni quadrante di Roma ha i suoi punti di riferimento. E senza di essi la città non sarebbe la stessa: non migliore o peggiore, ma diversa. In Prati ci sono Vanni e Le Madeleine, mentre Antonini ha lasciato il posto al (migliore) Sabotino; a Vigna Clara c’è un altro Euclide; al Fleming c’è il Caffè Fleming; a Monte Mario c’è Tornatora; al quartiere Africano c’è Romoli; al Flaminio c’è il Treebar; al Pigneto c’è Necci; all’Esquilino c’è Casa Dante; a Monteverde c’è Dolci Desideri. Sempre ai Parioli ci sono l’Hungaria e il Parnaso. Solo per citarne alcuni. Ma poi, anche in questi rioni, ognuno ha il suo locale preferito, non necessariamente il più famoso. Per raccontarli ci vorrebbe un Andrea G. Pinketts, scrittore e giallista milanese scomparso nel 2018, che aveva eletto a luogo di rapporti, bevute e scrittura proprio un bar, Le Trottoir, in Brera. E ci s’incatenò davanti quando il locale venne sfrattato (per poi riaprire in piazzale XXIV Maggio). 

 

A fronte delle chiusure (nell’ultimo decennio sono state 1248 le saracinesche abbassate a Roma), sono però nate o si sono consolidate delle eccellenze, sull’onda del gran ritorno del “mixology”, ovvero la nobile arte di preparare i cocktail. Così ecco il successo degli “speakeasy”: il Jerry Thomas (dove si entra con la parola d’ordine), The Race, l’Argot, il Club Spirito, il Barber Shop, il Club Derriere. Ma pure nell’ultima classifica dei migliori bar al mondo la capitale non sfigura: al 16esimo posto si piazza il Drink Kong di Monti, mentre tra i primi 100 resiste il The Court all’Aventino ed entra Freni e Frizioni a Trastevere. Vanno però fatte distinzioni, anche generazionali, tra i semplici caffè, i bar-pasticcerie, i drink-bar, i bar-bistrot che svariano sulla ristorazione e, ormai sempre più rari, i live-bar con la musica dal vivo. Al posto dell’Euclide sorgerà La Esse di Esselunga. Dove non si parla con nessuno e pure il pagamento è automatizzato.

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