I radicali hanno proposto la privatizzazione dell'Atac (Foto LaPresse)

Il silenzio del Campidoglio sul referendum dell'Atac

Marianna Rizzini

Si avvicina il voto di novembre, ma la posizione della Raggi è ambigua. Il caso “pubblicità”

A Roma il trasporto pubblico è un topos negativo e non da oggi. È oggetto di scongiuri, maledizioni e barzellette. Fa rimpiangere qualsiasi città anche più caotica. Però a Roma ora c’è nell’aria un referendum sulla messa a bando del trasporto pubblico (domenica 11 novembre). E che cosa succede a Roma? Succede che è come se il referendum non ci fosse. Ed è quello che denunciano da mesi i promotori del referendum stesso (Radicali italiani e Radicali Roma) e il presidente del comitato promotore Francesco Mingiardi: vista “la totale assenza di pubblicità istituzionale da parte del Comune”, ha detto Mingiardi, “abbiamo deciso di utilizzare i canali commerciali” (anche con manifesti sui bus, ndr). “Ma la Igp Decaux, concessionaria della pubblicità su Atac, ha risposto che il contratto tra Atac e il concessionario prevede, per le “competizioni che non siano a livello nazionale”, la facoltà dell’azienda di “esprimersi in merito a campagne di questo tipo”.

 

Atac, dicono i promotori, “dimostra di fatto di essere già privata”: “La municipalizzata ha detto no, ma non perché ha un claim che capisco paradossale per l’azienda, #basta Atac, ma sostenendo che per una campagna a carattere locale non intende fare pubblicità sui propri mezzi. Preferisce lasciare i suoi spazi pubblicitari vuoti, rinunciando a conseguenti ricavi, per tutelare gli interessi privati dell’azienda”. E si torna a monte: al Comune, e al referendum che c’è ma è come se non ci fosse, tanto che il sindaco, parlando di Atac, nonostante la data del voto si avvicini, spesso parla d’altro (come due giorni fa, quando si è rallegrata per la diminuzione degli “evasori” sui bus e il maggior numero di biglietti venduti). E quando ne parla, il sindaco, del referendum Atac, non manca di sottolineare, come ha fatto un paio di settimane fa, che il voto dell’11 novembre “ha valore consultivo”.

 

Non nasconde la sua opinione, Raggi: “Se sul piatto c’è la scelta tra lo scenario attuale e l’arrivo di privati super efficienti la risposta non può che essere la seconda. Ma la nostra sfida è invece quella di dire che Atac può invece essere efficiente come il privato restando pubblica”. Le ha risposto il segretario di Radicali italiani Riccardo Magi. Il concetto è: bene che Raggi parli infine di referendum, ma dovrebbe dire anche che sanare la situazione in cui si trova Atac “non è possibile” e che “il referendum è l’unica occasione che hanno i romani per esprimere democraticamente il disagio”. Tempo un giorno, e, mentre i giovani del Pd romano organizzavano in Piazza Bologna un dibattito tra esponenti del “Sì” e del “No” (nel partito le posizioni sono diverse), sulle sorti non magnifiche di Atac calava di nuovo il silenzio capitolino. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.