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Pd, dove sei? Parla Giulio Pelonzi

Marianna Rizzini

“Troppo WhatsApp. Ci dobbiamo svegliare, parlare tra noi e con la gente”, dice il neo-capogruppo pd in consiglio comunale

Roma. L’immagine del Pd nazionale riunito in assemblea è ancora fresca, e non è una bella immagine. Intanto, mentre c’è chi ipotizza la nascita del “partito di Matteo Renzi”, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, in vista del congresso, dice di volersi candidare “fuori dalle correnti”. E proprio guardando al piano nazionale dalla capitale dove il Pd ha avuto due anni di non sempre sfruttata palestra di opposizione alla giunta a Cinque Stelle di Virginia Raggi (che continua a perdere assessori), è possibile trarre forse qualche spunto di riflessione per il Pd che, in Parlamento, si prepara a fare opposizione all’eventuale governo giallo-verde, con il problema di evitare la mera traversata nel deserto. Che cosa fare (e non fare)? Giulio Pelonzi, neo-capogruppo pd in consiglio comunale, auspica “che si faccia chiarezza nel partito, ma una volta per tutte: i cittadini accetterebbero anche la resa dei conti, se portasse da qualche parte. Ma spero Renzi non faccia un suo partito. Ora più che mai c’è bisogno di unirsi: come Pd e come centrosinistra”.

  

A livello locale è già così. Alla luce del passato, Pelonzi dice però che “l’unità non può essere più ricercata inseguendo il consenso immediato: come si è visto non paga. La situazione è troppo grave per sperare di essere salvati dai tatticismi. Serve una ristrutturazione di lungo respiro. Chiediamoci qualche modello di società vogliamo, a quali valori di fondo ci ispiriamo: modello anglosassone liberale, in cui lo stato non è, per così dire, ‘produttore attivo’ di diritti a livello per esempio di istruzione e trasporti ma anche, e parlo della vita quotidiana della città, a livello di nettezza urbana e decoro, o modello socialdemocratico? Se vuoi intervenire, ti devi poi chiedere come farlo, specie sulle aziende che erogano servizi”. La road-map, partendo dal Campidoglio, dice Pelonzi, è intanto fatta di “contatti de visu e non soltanto sui social network, tra comune, regione, segreteria romana del partito e singoli quartieri, motivo per cui, appena diventato capogruppo, ho riunito i capigruppo di tutti i municipi, in modo da creare un unico canale di comunicazione che arrivi fino al cittadino demotivato che deve ritrovare l’orgoglio di essere romano”. Poi “bisogna dire dei no, ma non fermarsi dopo averli detti. Dobbiamo rilanciare con proposte, come abbiamo fatto su Atac, e riportare l’attenzione sulla questione di Roma Capitale: siamo rimasti basìti quando Raggi, a inizio mandato, ha rifiutato i poteri speciali per la città. Voglio vedere ora come affronteranno Cinque stelle e Lega, se al governo, il tema ‘poteri di Roma’”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.