Nicola Zingaretti (Ansa) 

polvere di zinga

Dopo D'Amato con Azione, Smeriglio alle europee con Avs. Cosa resta del feudo di Zingaretti

Ruggiero Montenegro

Oggi l'ex numero due della regione Lazio annuncia la corsa con Fratoianni e Bonelli (che aspettano Lucano e Santoro). Il tratto politico dell'ex governatore è diventato meno incisivo e centrale nel Pd e ora rischia di eclissarsi con il probabile seggio in Europa

Quando, nel 2019, Nicola Zingaretti fu eletto segretario del Pd annunciò la sua rivoluzione. “Nel partito deve cambiare tutto”, disse allora. Cinque anni dopo, della stagione di Piazza Grande, non è rimasto molto. L’esperienza amministrativa alla guida della Regione Lazio, due mandati dal 2013 al 2022, esperienza apprezzata anche da molti non democratici,  non si cancella. E ci sarebbe anche l’attuale ruolo di presidente della Fondazione Demo ma il tratto politico, quello sì, è diventato un poco alla volta meno incisivo.


Prendete per esempio l’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, che fu vicepresidente dell’ente di via Cristoforo Colombo durante il governo Zinga. Questa mattina sarà in conferenza alla Camera insieme a Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Dopo l’uscita dal gruppo europeo del Pd, diventerà uno dei volti di punta dell’Alleanza Verdi-Sinistra nella circoscrizione Italia centrale alle prossime europee. Dovrebbe correre da capolista (al netto di cambiamenti e risposte dell’ultima ora: Avs aspetta Mimmo Lucano e intanto tratta con Michele Santoro). Smeriglio, che è professore universitario oltre che scrittore prolifico, arriva dalla sinistra movimentista romana. Zingaretti, oggi deputato dem, lo aveva voluto come suo numero due in regione pur non essendo la classica figura di partito, anzi arrivava da fuori. Lo aveva eletto suo braccio destro, riconoscendogli una certa intelligenza politica unita alla capacità di organizzare il consenso sul territorio. E’ stato anche coordinatore della sua mozione congressuale fino a diventare il riferimento europeo dell’ex governatore. Nel 2019 Smeriglio si dimise da vice presidente per candidarsi alle europee: ottenne quasi 73 mila preferenze. Nella sua campagna elettorale, per dire, ebbe un ruolo centrale anche Massimiliano Valeriani, oggi consigliere d’opposizione ma ai tempi assessore regionale. Fu insomma una candidatura tutta costruita nel cerchio più stretto di Zingaretti.

 

Qualche settimana fa Smeriglio ha deciso di lasciare la delegazione dem, ufficialmente per divergenze sulla linea politica (“troppo poco orientata alla pace e al sociale”, ha spiegato). Ma dietro la sua scelta, raccontano, ci sarebbero anche ragioni più prettamente elettorali, questione di spazi che a differenza delle elezioni di 5 anni fa non possono essere garantiti. Tanto più considerando che a giugno Zingaretti (schierato con Schlein alle primarie) sarà della partita, per un ritorno in Ue venti anni dopo (e alle elezioni, ogni volta che si candida, Zingaretti di solito raccoglie moltissimi voti). La sua candidatura, come raccontato sul Foglio, avrebbe anche un’altra funzione: arginare la corsa di Dario Nardella che invece durante l’ultimo congresso dem sosteneva la mozione di Stefano Bonaccini.

Prima di Smeriglio, comunque, a mollare la compagnia era stato un altro pezzo da novanta dello zingarettismo in salsa romana: Alessio D’Amato, praticamente la voce della regione Lazio durante il Covid. Molto del giudizio sull’amministrazione Zingaretti in quella fase è passato dalle parole e dalle scelte dell’assessore alla Salute, grazie al quale la regione ha affrontato meglio di tanti altri territori pandemia e campagna vaccinale. D’Amato è stato poi il candidato alla regione per il dopo Zingaretti, un nome in continuità con la giunta uscente. Si sa come è andata a finire: ha vinto la destra con Francesco Rocca, complice anche la candidatura solitaria del M5s.  Di lì a poco  D’Amato ha preferito cambiare aria. “Il Pd è subalterno al M5s”, la motivazione ufficiale. Dal retrogusto un po’ beffardo: a definire Giuseppe Conte “un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste”, fu proprio Zingaretti. Dichiarazione che alla luce delle continue capriole del leader M5s resta sempre attuale. Nel frattempo D’Amato ha trovato casa in Azione, con Carlo Calenda che lo aveva sostenuto alle regionali e oggi ha deciso di puntare su di lui per la campagna europea.

Chissà se D’Amato, Smeriglio e Zingaretti potranno ritrovarsi insieme a Strasburgo. Dipenderà da incastri e sbarramenti. Si vedrà. Più chiaro è invece quel che resta dello zingarettismo, eredità pesante ma liquefatta tra la presidenza della fondazione dem – con l’obiettivo di “indirizzare l’innovazione verso un futuro più giusto” – e un seggio nel Parlamento di Strasburgo. Good luck.
 

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