(foto LaPresse)

Il colloquio

Patuanelli (M5s): “Il campo largo deve puntare sul modello sardo”

Luca Roberto

Il capogruppo grillino al Senato: "In Sardegna scegliendo noi abbiamo accumulato un vantaggio sulla destra litigiosa". E ora Conte vuole imporre i suoi anche in Basilicata

Non è tanto una questione di nomi, ma di metodo: è dove facciamo una sintesi programmatica sui temi, condividendo una piattaforma comune, che diventiamo davvero competitivi con la destra. Prendete i casi scuola di Foggia, della Sardegna, dell’Abruzzo”. Il capogruppo del M5s al Senato Stefano Patuanelli sta parlando del destino del famoso campo largo. E tutti gli esempi che enumera puntano verso un unico sbocco possibile: per vincere, siamo noi grillini a dover prendere in mano la situazione. Scegliendo il candidato più giusto. Altro che stare ad aspettare il Pd. Giuseppe Conte l’ha capito prima di tutti: chiuso l’accordo in Sardegna, dove corre la sua vicepresidente Alessandra Todde, nel frattempo contesa da un pezzo di Pd come l’ex presidente Soru che s’è scisso dal partito, ha messo in stand-by tutte le altre partite. A eccezione dell’Abruzzo, “dove noi Cinque stelle abbiamo avanzato la candidatura di una personalità terza, quella dell’ex rettore dell’Università di Teramo Luciano D’Amico”, spiega ancora Patuanelli. Le regioni attenzionate sono il Piemonte, dove si sarebbe dovuto chiudere su Chiara Gribaudo ma i Cinque stelle hanno preso tempo per decidere il da farsi, dubbiosi sulle reali chances di vittoria della piddina, che in passato è stata molto battagliera ad esempio contro Mimmo Parisi all’Anpal. E la Basilicata, dove pure la scelta in teoria, per una logica di alternanza, toccava a Elly Schlein. Solo che a Potenza i dem hanno individuato la figura del civico Angelo Chiorazzo. Considerato troppo vicino agli ambienti della curia e proveniente da Comunione e liberazione, tanto da scatenare una reazione della comunità locale, in concomitanza dell’anniversario del caso di Elisa Claps. Così il presidente del Pd lucano Carlo Rutigliano ha chiesto che a sbrogliare la matassa ora ci pensino le primarie. “E chi non le vuole si deve assumere la responsabilità di rompere il campo dell’alternativa alla destra”. 

 

Ieri si è tenuto un altro tavolo a livello regionale, per tentare di fare qualche passo in avanti, ma i grillini si oppongono alla chiamata ai gazebo perché hanno già individuato una loro soluzione, efficace anche a queste latitudini: “Bisogna adottare anche in Basilicata il metodo utilizzato in Sardegna”, ha detto il deputato Arnaldo Lomuti, coordinatore lucano del M5s. “E in effetti che la Sardegna sia la situazione più definita è un dato di fatto”, spiega ancora Patuanelli. “Todde è in campo da mesi, sta girando i territori. E riuscire a partire con largo anticipo credo sia stato un vantaggio nei confronti di un centrodestra litigioso”. Per questo i pentastellati si sono convinti che per risolvere le partite più complicate vada sgombrato il campo da strane alchimie e si permetta a Conte di fare quello che voleva sin dall’inizio: iniziare a puntellare questo campo di centrosinistra con sue scelte, anche se pescate da un’area civica. E’ quel che è successo, per esempio, nella provincia d’origine dell’ex premier, a Foggia. Dove la sindaca Maria Aida Episcopo, con una carriera da dirigente scolastico, è stata scelta dall’europarlamentare del M5s Mario Furore ed è sempre stata considerata in “quota Cinque stelle”. E dove il Pd s’è accodato nella speranza che la quadra funzionasse. Anche se poi per formare la giunta, in ragione di una coalizione extralarge, s’è dovuto aspettare quasi due mesi.

 

La difficoltà di convergere sui candidati proposti dal Pd come Chiorazzo, su cui in linea di massima c’era stato un via libera dato personalmente da Conte a Speranza, che sta gestendo la partita a livello locale, la provano ancora le parole del capogruppo del M5s a Palazzo Madama: “Per noi Chiorazzo è un candidato con delle criticità evidenti. Ripeto, il nome non deve essere per forza espressione di una forza politica, quanto la riproposizione di un modello. Ovvero la capacità di fare un passo indietro e convergere su una figura che possa fare sintesi sull’agenda, sulle cose da fare”. E il fatto che la selezione dei candidati porti sempre più a escludere le proposte avanzate dal Pd, non sembra essere un problema per i Cinque stelle. Che anzi, dal loro punto di vista, continuano a tirare staffilate all’”alleata” Schlein: “Candidarsi alle europee? Da noi è vietato per statuto” - dice Patuanelli –. Ed è chiaro che se ci si candida non avendo nessuna intenzione poi di trasferirsi a Bruxelles si prendono in giro gli elettori. Ecco, noi siamo diversi”.

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