(foto Ansa)

il dilemma

I tormenti di Bonaccini: “Mi candido a giugno o aspetto il terzo mandato?”

Luca Roberto

Il presidente dell'Emilia-Romagna è in preda a dubbi amletici: correre per le europee o scommettere sulla possibilità di rimanere in Regione? Ma di Salvini non si fida

Nella sua corrente che non è una corrente c’è già chi si trova in una posizione migliore della sua. Dario Nardella, Giorgio Gori, alla segretaria Elly Schlein l’hanno già detto: noi, se vuoi, alle europee ci siamo volentieri. E in effetti un dilemma in meno ce l’hanno: lasceranno i loro comuni, Firenze e Bergamo, e all’ipotesi di rimanere per un terzo mandato non ci hanno pensato neppure per un secondo. E invece lui, Stefano Bonaccini, che fa? Il presidente del Pd, ma soprattutto governatore dell’Emilia-Romagna, non ha ancora deciso. Ogni giorno è lì in preda a mille interrogativi. Ce lo figuriamo con un foglio di carta sul tavolino a rimpinzare due colonne: quella dei pro e quella dei contro della corsa a Strasburgo. Nella prima c’è la sicurezza di una ricollocazione, senza il rischio di rimanere con le mani in mano a gennaio dell’anno prossimo, quando scadrà il suo secondo mandato da presidente della Regione. Ma nella seconda colonna, racconta chi lo frequenta, figura un sentore sinistro: e cioè che il buen retiro europeo possa rappresentare una specie di pietra tombale sulle velleità di opa sul partito. A maggior ragione perché il viaggio Italia-Belgio è pronto a percorrerlo, ma in senso inverso, Paolo Gentiloni. Che s’è tirato fuori dalle elezioni europee, ha detto di voler tornare in Italia. E non ha alcuna intenzione di “fare il pensionato”. Non è che zitto zitto, lontano dalle logoranti dinamiche di partito in cui invece io resto invischiato, l’ex premier si prende quel ruolo di leader cui tanto agogno? Sarebbe questo il ragionamento di Bonaccini.

 

Per questo nelle ultime ore, dopo aver visto depositare dalla Lega alla Camera il disegno di legge che vorrebbe introdurre il terzo mandato per gli amministratori locali, è come se gli si fossero accesi gli occhi. Vuoi vedere che fanno sul serio? E che questa volta Meloni si convinca a concederlo al prezzo del via libera a Truzzu in Sardegna? Solo che i più avveduti, all’interno della sua cerchia, subito gli hanno fatto notare che per adesso garanzie non ce n’è. Soprattutto perché la riforma della legge per gli amministratori sarebbe potuta essere inserita in una norma più cogente. Per dire, nella legge sull’Autonomia. E invece s’è scelto di relegarla a un provvedimento ad hoc che chissà su che binario morto rischia di finire.

Bonaccini, in più, sente puzza di bruciato perché sa che la Lega gli è quanto più ostile possibile. Nel Pd poi non si sa bene quale sia la posizione ufficiale della segretaria. Questo sebbene i fedelissimi di Bonaccini in Parlamento come il deputato Andrea Rossi siano chiaramente a favore. E insomma nel mezzo di questa crisi esistenziale, mentre cerca di convincere Schlein a non candidarsi (gli farebbe ombra, sussurra qualcuno), potrebbe pure decidere che sì, vale la pena correre un rischio. Solo che, a ben vedere, un rischio lo correrebbe comunque: sia che resti qui sia che parta. E’ una scommessa che un po’ gli toglie il sonno.