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La spaccatura

Autocandidature nel Pd e capricci del M5s, se continua così a Bari la destra può vincere

Gabriele De Campis

Le divisioni tra i dem sulle candidature a sindaco del capoluogo pugliese e il tatticismo dei grillini mostrano la debolezza del campo largo celebrato fino a poco tempo fa dalla segretaria Pd a Foggia

Bari.  È come Bologna, Bari. Una capitale del municipalismo progressista, governata da Pd e alleati dal 2004, che il Nazareno vuole conservare a tutti i costi nella stagione meloniana. In queste ore però nel capoluogo pugliese, che andrà al voto a giugno prossimo, si misura la flebile tenuta del campo largo, esaltato solo qualche mese fa a Foggia da Elly Schlein. Nella città di San Nicola da mesi è in corso uno scontro arroventato nel tavolo extra-large che ambiva a riproporre lo schema della maggioranza regionale Pd-5S-sinistra-civici-Terzo Polo, vincente pure nelle municipali daune. L’ultimo casus belli: l’accelerazione dell’assessore comunale bonacciniano Pietro Petruzzelli, che ha avanzato la sua candidatura a sindaco per proseguire il lavoro di Antonio Decaro, ha determinato l’annullamento della riunione della coalizione e il segretario cittadino dem Gianfranco Todaro ha minacciato le dimissioni avendo appreso solo dalla mail dell’iniziativa politica di un suo dirigente. Di fatto il Pd è un partito in stato almodovariano, sull’orlo di una crisi di nervi.


Nelle stesse ore Michele Emiliano ospitava in casa un summit con il sindaco Antonio Decaro e Michele Laforgia, candidato sindaco sostenuto dalla sinistra identitaria, dai vendoliani e dai socialisti, che da mesi chiede al Pd l’adesione al suo progetto. L’emiro, che più di tutti ha a cuore la coesione delle forze progressiste, ha ribadito la necessità di riunire le varie sigle con le primarie, formula partecipativa e rigenerante. Laforgia, apprezzato penalista del Foro di Bari, ha però respinto la proposta, ribadendo che i gazebo sono “pieni di ombre”, manipolabili con la partecipazione di truppe cammellate o con dinamiche oltre i limiti della legalità. Di fatto una sconfessione del metodo che ha segnato la selezione di una serie di candidature icona, da Nichi Vendola nel 2005 a Emiliano stesso nel 2019. I tre, con Decaro molto prudente in vista della sua discesa in campo per le Europee, si sono però riaggiornati dopo una discussione senza sintesi, se non nella convinzione di fare insieme da argine all’avanzata della destra.In casa M5S domina un tatticismo moroteo estremo. Il segretario regionale Leonardo Donno filosofeggia sulla formula “prima i programmi e mai le primarie”, confortato dallo schema di alleanze variabili che l’avvocato di Volturara ha licenziato a livello nazionale.

Nessuna intesa strategica dunque. Non a caso i grillini pongono minacciosamente la condizione di non partecipare all’alleanza se si terranno i gazebo. E per questo strizzano l’occhio alla candidatura di Laforgia, che da un lato esprime un tasso di discontinuità rispetto all’emilianismo e alla giunta Decaro, dall’altro - se ci fosse una corsa autonoma dal Pd - consentirebbe una campagna elettorale con toni più populisti. I contiani, nei fatti, preferiscono il fatturato delle Europee ad accordicchi per un assessore in più a Palazzo di città. Sullo sfondo c’è, infine, la crisi di identità del Pd. La linea nazionale - è volta a tenere unita l’alleanza e per questo a novembre il capogruppo al Senato Francesco Boccia è planato in città per “congelare” le primarie ma soprattutto i tre big dem che si volevano candidare: il deputato emilianista Marco Lacarra, l’assessore “area Elly” Paola Romano, e il collega di giunta Pietro Petruzzelli. I tre, vista l’assenza di passi in avanti, hanno abbandonato la “postura freezer” e hanno ribadito di essere pronti a candidarsi. Petruzzelli l’ha fatto addirittura con una conferenza stampa in riva al mare. “Una autocandidatura”, dicono nella sede del Pd barese, ma di fatto un guanto di sfida in chiave primarie a Laforgia, al Pd e a chi ci sta.

Con una coalizione rumorosa come un gran bazar orientale, nei prossimi giorni sarà convocata l’assemblea cittadina dem per designare il proprio candidato sindaco. Poi si sottoporrà il nome alla coalizione, per il braccio di ferro con Laforgia e senza alcuna certezza di poter decidere con le primarie. Demonizzate a Bari, fatte a Lecce a novembre ma soprattutto cruciali per l’avvio dell’era Schlein al Nazareno.
 

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