Elly Schlein e Giuseppe Conte (Ansa)

Campo scoppiato

Dal Piemonte alla Basilicata, da Bari a Firenze: la mappa della non alleanza Pd-M5s

Luca Roberto

Che siano regionali o amministrative, si fatica a trovare la quadra. Dem e grillini sono alleati solo dove sono certi di perdere, e separati dove potrebbero vincere. 

Regione che vai, problemi nel “campo largo” che trovi. Vogliono provare, Pd e M5s, a rifare il centrosinistra. Partendo dai territori. Eppure è proprio dai territori che sta emergendo un’incompatibilità di fondo tra dem e grillini. Trovato l’accordo in Sardegna e in Abruzzo, dove i due partiti alle regionali del prossimo anno sosterranno rispettivamente Alessandra Todde e Luciano D’Amico, nelle altre regioni e grandi città in realtà si naviga a vista.

Partiamo dal Piemonte, dove giovedì 4 gennaio ci si siederà attorno a un tavolo per provare a trovare una quadra. I Cinque stelle non vogliono, o comunque nicchiano, sulla candidatura di Chiara Gribaudo. Non pesano tanto le posizioni anti grilline del passato (fu una delle prime a chiedere l’allontanamento di Mimmo Parisi da Anpal) quanto, dicono nei pentastellati, le scarse chance di vittoria. Così come le divergenze sulla Tav (ci sono state nuove tensioni anche nelle ultime settimane). Per questo sarebbero disposti a far saltare il banco che prevedeva una spartizione del Regno di Sardegna (nell’isola una grillina e in continente una piddina) e andare per conto proprio. Anche in ragione di una tensione costante con il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che i grillini accusano di essere uno “sponsor di Cirio”, presidente uscente della Regione ricandidato dal centrodestra. Se così fosse la candidatura di bandiera del M5s potrebbe essere la capogruppo in Consiglio regionale Sarah Disabato, appurato che la neo vicepresidente del Movimento Chiara Appendino preferisce non essere della partita. 

Sempre restando alle regionali, in Basilicata l’accordo è molto lontano dall’essere sottoscritto. Il candidato precelto dal Pd, il civico Angelo Chiorazzo, è finito in mezzo a una serie di polemiche per l’eccessiva vicinanza alla curia potentina, e cioé quella di nuovo nell’occhio dell’opinione pubblica per l’anniversario dell’uccisione e del ritrovamento a distanza di anni di Elisa Claps. In più a Chiorazzo viene fatta pesare la militanza dentro Comunione e liberazione e in ambienti religiosi. Per questo il M5s si è tirato indietro scomponendo ancora una volta il quadro delle spartizioni tra le due forze del campo largo.

E’ quel che sta succedendo anche in Puglia, dove alle prossime amministrative anche Bari sarà chiamata al voto. Si sono già tenuti una serie di tavoli interlocutori, proprio con l’obiettivo di individuare un candidato unitario. Ma dopo aver rifiutato le primarie, mandando su tutte le furie pure il governatore Michele Emiliano che aveva chiesto un rispetto dei patti, ora i grillini vorrebbero convergere sull’avvocato Michele Laforgia, che si è portato avanti presentandosi come candidato civico su cui il Pd ha già dato la sua indisponibilità.


Pietra dello scandalo nel mancato accordo per Bari è sicuramente il precedente di Foggia, dove M5s e Pd hanno festeggiato un presunto modello per rilanciare il campo largo (“Ripartiamo da lì”, disse Schlein dopo la vittoria), ma dove hanno dovuto fare i conti con una serie di divergenze strutturali che stavano facendo caracollare l’alleanza ancor prima che venisse varata la giunta, nato due mesi dopo la proclamazione della sindaca. Non a caso il fautore della scelta di convergere su Maria Adia Episcopo, l’europarlamentare del M5s Mario Furore, dopo la nomina della dem Lia Azzarone a presidente del Consiglio comunale, ha detto di considerare praticamente sbarrata la strada del campo largo in regione. Versione consolidata anche dall’assessore al Welfare alla regione Puglia Rosa Barone, grillina molto vicina a Conte. “Mai più”, ripetono i due in coro.

Ma in Puglia le divisioni nel campo largo si spingono fino a Taranto, dove l’amministrazione Melucci è sempre più appesa a un filo dopo che due settimane fa il sindaco ha azzerato la giunta. Qualora si tornasse alle urne il Movimento cinque stelle sarebbe propenso a giocare d’anticipo, non ponendo neppure sul tavolo una possibile alleanza con il Pd. In questo caso gli occhi sono tutti puntati sul vicepresidente del M5s Mario Turco, tarantino, fedelissimo di Conte. Uno di quelli che nel corso degli anni ha sempre sostenuto la necessità di chiudere l’Ilva per bloccare l’inquinamento dell’area. Difficile quindi che il Pd possa trovare la sua candidatura praticabile. 

Così com’è praticamente impossibile che Pd e M5s abbiano una candidatura comune alle prossime elezioni a Firenze. Lì, dopo che s’era parlato anche dell’ipotesi di candidare il rettore dell’Università per stranieri di Pisa Tomaso Montanari, che avrebbe riscosso l’apprezzamento dei 5 stelle, alla fine il Pd s’è scisso. Ufficialmente ha deciso di candidare l’assessore Sara Funaro, in continuità con l’amministrazione Nardella, dove i Cinque stelle sono all’opposizione e con ogni probabilità faranno una corsa in solitaria. Ma un pezzo di partito ha scelto di seguire la candidatura autonoma della consigliera Cecilia Del Re, che ha lasciato i dem. 

Insomma, non il massimo per un anno che, nelle intenzioni di Schlein, almeno nelle città e nelle regioni dovrebbe servire a consolidare un’alleanza che già risentirà della competizione per le europee, dove si vota con il proporzionale. “Perché alle prossime elezioni politiche il nostro obiettivo è fare un governo insieme”, continua a insistere la segretaria. Forse incurante di quel che le raccontano i suoi a tutte le latitudini.
 

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