A Piazzapulita

Sul Mes di Maio dice quello che Conte non riesce a dire

Redazione

Il rappresentate dell'Ue per gli stati del Golfo interviene sulle polemiche attorno al Meccanismo europeo di Stabilità: "Non c'era nulla di segreto, mettere in dubbio la serietà delle istituzioni non fa mai bene a nessuno". Spingendosi, nella difesa del provvedimento, ben oltre il leader M5s

"Da grande voglio essere meno Luigi e più di Maio". Ha concluso così il suo intervento a Piazzapulita su La7 il rappresentante dell'Unione Europea per gli stati del Golfo ed ex leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, intervenuto da Corrado Formigli nella serata di ieri per parlare della Cop28 e del rapporto Ue con gli stati arabi, ma soprattutto per dare la sua versione dei fatti riguardo al Mes e alla diatriba che si è sviluppata questa settimana tra Giorgia Meloni e Giuseppe Conte

L'ex grillino ha difeso il suo successore alla guida dei 5s, affermando come durante il suo governo, quello giallorosso, votò a favore della riforma: "Il governo Conte II è caduto il 26 gennaio del 2021, quindi quando io ho firmato l'atto il 20 gennaio il governo era nel pieno dei suo poteri. Il presidente Meloni ha messo in dubbio l'onore con cui ho amministrato la carica di ministro degli Esteri per tre anni e quindi mi trovo qui a rispondere. Non c'era nulla di segreto, mettere in dubbio la serietà delle istituzioni non fa mai bene a nessuno" ha detto l'ex leader di Insieme per il futuro, confermando anche quanto anticipato dal Foglio attraverso l'analisi dei documenti mostrati in aula dalla premier

 

 

"Il presidente del Consiglio dice due cose: una vera e una falsa – continua l'ex ministro – Quella vera è che il governo Conte II nel 2020 ha votato la riforma del Mes. Lo ha fatto il 30 novembre con il ministro Gualtieri all'Euro summit, lo ha fatto in parlamento il 9 dicembre con Movimento 5 Stelle, Pd e Italia Viva che votarono a favore e lo ha fatto il presidente Conte in persona all'Euro Summit l'11 dicembre. Poteva non farlo? Poteva non votarlo? Certamente, ma abbiamo deciso di votarlo perché non rappresentava una minaccia per l'Italia e uno strumento che chi voleva utilizzarlo lo utilizzava in Europa e chi no. La stessa cosa può fare il presidente Meloni adesso, se ritiene che il Mes sia una cosa contro l'Italia può non ratificarlo e bloccarlo" continua. 

Peccato però che ora, come anticipato dallo stesso Conte in un colloquio con il Foglio, il Movimento 5 Stelle quella riforma non la voterà. Le parole di Di Maio, quindi, hanno sì da un lato difeso l'operato del governo confermando la legittimità delle sue scelte, ma dall'altro mostrano di andare ben oltre la difesa operata da Conte stesso. "Ma le pare che voterò il Mes" ha detto il presidente dei 5 Stelle al nostro giornale. Se da un lato dunque due anni fa il premier era favorevole a cambiare il Meccanismo - tanto da aver fatto "i nomi e i cognomi" - oggi si allinea alla posizione di parte della maggioranza, Lega in primis.

 

 

Di Maio poi continua con una battuta ironica a Meloni: "Vorrei esprimere solidarietà alla Meloni, il suo staff avrebbe dovuto proteggerla, il foglio che ha esibito la premier smentisce quello che stava dicendo in aula. Nell'ultimo anno, tante volte ho sostenuto il presidente del Consiglio su scelte coraggiose, sull'Ucraina o quando ha dato continuità alla politica fiscale del governo Draghi".

L'ex leader dei 5 Stelle ha poi parlato della foto che immortalava Draghi, Meloni e Scholz sul treno per l'Ucraina: "Ricordo la fotografia e ne ricordo il significato politico. Era subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. I tre leader salgono quel giorno sul treno senza ancora l'accordo sull'allargamento dell'Unione Europea all'Ucraina. Ne discendono compatti sulla linea che si è vista proprio oggi con la decisione del Consiglio europeo di aprire il negoziato con l'Ucraina per l'ingresso nell'Unione, che significa dire agli ucraini 'noi siamo con voi'. Ma devo dire che quando Meloni ha tenuto una linea atlantista le ho dato atto. Quella foto aveva un significato politico che la storia riconoscerà ai tre leader" ha detto. 

Il diplomatico conclude poi l'intervista, rispondendo a se ha voglia o meno di tornare in politica: "Dal punto di vista della mia serenità, in questo momento non sto pensando assolutamente a questo. Cerco di fare al meglio il mio lavoro, di svolgere il mio mandato. Da grande voglio essere più Luigi e meno Di Maio".