Dal nostro inviato

Sul patto di stabilità Giorgetti fa il falco, Meloni punta allo slittamento

Simone Canettieri

 Il ministro dell'Economia sulla riforma chiede un Ecofin straordinario. Ma a stemperare le tensioni ci pensa la premier, anche in virtù del vertice straordinario avuto davanti a un calice di rosso insieme al presidente francese Macron

Bruxelles, dal nostro inviato. Atreju chiama, Bruxelles risponde. In mezzo c’è il nuovo Patto di stabilità, con una riunione straordinaria dell’Ecofin mercoledì prossimo. La notizia che rimbalza qui, quando Giorgia Meloni lascia il Palazzo Europa al termine del Consiglio, l’ha data il ministro Giancarlo Giorgetti di prima mattina alla festa di Fratelli d’Italia. “Io non ho niente contro le videoconferenze – dice il titolare dell’Economia – ma che io vada a chiudere un accordo che condiziona l’Italia per i prossimi 20 anni in videconferenza anche no, grazie. Forse un’Ecofin in presenza potrebbe essere più opportuno”. Se Giorgetti sarà consequenziale rispetto a queste dichiarazioni, da mandare a memoria, l’Italia metterà il veto seppur provvisorio. Altrimenti la sortita del numero due della Lega sarà derubricata a marcia indietro, e non sarebbe un fatto inedito. Poi appunto c’è la premier che dà una versione molto più rassicurante sulla decisione finale. Domanda secca: quanto è verosimile un veto italiano? “Io non penso che sia impossibile oggi trovare un accordo, penso che alla fine si possa e si debba trovare. Ma non potrei dire che lo abbiamo già trovato”. Ovviamente ci si chiede quanto le due uscite, quelle di Giorgetti e Meloni, siano state concordate e pianificate in una divisione di ruoli e parti in commedia. In mezzo c’è una decisione da prendere: sì o no?

In questa trattativa, fatta di bluff e mosse a sorpresa, l’ipotesi che il governo ponga veto tecnico, magari di qualche settimane, è molto probabile. Supera il 50 per cento delle possibilità, secondo fonti di primo piano vicinissime a questo dossier. Sarebbe un azzardo, una mossa a sorpresa dalle conseguenze ancora tutte da ponderare. La prima è più certa e  così l’Italia rovinerebbe la  festa alla Spagna che il 31 dicembre termina la presidenza semestrale della Ue. Allo stesso tempo il “non possumus” italiano sarebbe anche un segnale a Nadia Calviño, omologa di Giorgetti e presidente uscente dell’Ecofin nonché prossima numero uno della Bei, in barba alle speranze italiane e alle trattative di Giorgetti che per quel posto puntava sul suo predecessore Daniele Franco. Sarebbe banale pensare che una decisione così importante, come la riforma del Patto di stabilità, possa essere presa sulla spinta di ripicche tra Italia e Spagna. Si sommano, questo sì, diverse componenti in questa decisione. Meloni vuole rinviare il più possibile il sì al nuovo Patto per evitare una manovra correttiva. Sullo sfondo ci sono le nuove norme per i bilanci degli stati membri che entreranno in vigore dal prossimo anno: si utilizzeranno le nuove linee guida della Commissione o le regole del vecchio Patto in attesa che comunque vada scatti il nuovo dal 2025? In mezzo c’è un limbo e qui c’è il cuore della trattativa.

Meloni nel punto stampa sotto la lanterna del Palazzo Europa  ha tirato fuori la sintonia con Emmanuel Macron in questa partita così delicata. Sintonia immortalata mercoledì notte dalla famosa foto all’hotel Amigo. “Ho avuto un bilaterale con Macron, poi Scholz che era seduto al tavolo accanto, quando si è fermato  a quel punto non c’erano particolari dossier. Chiaramente con il presidente francese abbiamo affrontato dal patto di stabilità a tutti gli altri dossier su cui pensiamo che si possa costruire una convergenza con la Francia. Sul Patto ci sono diverse convergenze su interessi comuni”. Anche il presidente francese parlerà in serata dell’intenzione di trovare un accordo con Italia e Germania. Non si capisce ancora la modalità, questo sì. E soprattutto il quando. La premier evita di entrare nel dettaglio dei negoziati e delle cifre su cui si tiene il braccio di ferro tra Francia-Italia da una parte e Germania dell’altra. Ma precisa la strategia, escludendo intanto ogni legame tra il nuovo Patto e la ratifica della riforma del Mes. “Questo link lo vedo solo nel dibattito italiano”, spiega, contraddicendo mesi di dichiarazioni attendiste legate alla famosa logica a pacchetto. “Non c’è questa dimensione del ricatto, se non fai questo non diamo questo”. Con Forza Italia in mezzo a due fuochi, spunta anche Matteo Salvini a dare copertura politica a Giorgetti,  quasi uomo del giorno del venerdì di Atreju (dietro solo al blitz di Andrea Giambruno alla festa). E comunque per la Lega le possibilità di un sì mercoledì “sono scarse”, Meloni vorrebbe provare a prendere tempo ma non chiude all’intesa. E’ una partita di (video)poker. Qualcuno mercoledì potrebbe perdere la faccia. Almeno per qualche settimana

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.