La giornata

La maggioranza si prepara per le riforme costituzionali e cerca l'accordo per blindare la Manovra

Nicolò Zambelli

Alla vigilia dell'arrivo della legge di Bilancio al Senato, si tiene un vertice per definire la proposta di elezione diretta del premier da portare venerdì in Consiglio dei ministri. FdI, Lega e Forza Italia cercano la quadra

Il governo torna a parlare di riforme e, nel frattempo, cerca di chiudere un accordo sul testo della manovra finanziaria per evitare che ci siano troppi emendamenti durante l'esame in Parlamento. Per domani è stata convocata la commissione Bilancio in Senato e inizierà l'audizione formale. L'occasione per "risolvere le questioni sulla manovra", come spiegato dal ministro Antonio Tajani stamattina, sarà un vertice di maggioranza sul tema delle riforme a Palazzo Chigi tra la premier e i ministri Ciriani, Fazzolari, Mantovano, Salvini, Tajani, Lupi e Casellati. L'obiettivo è portare un decreto legge in Consiglio dei ministri venerdì prossimo sul "premierato soft". 

"Abbiamo sulle nostre spalle una responsabilità storica — ha detto Giorgia Meloni — consolidare la democrazia dell'alternanza e accompagnare finalmente l'Italia, con la riforma costituzionale che questo Governo intende portare avanti, nella Terza Repubblica". 

 

 

I punti delle riforme costituzionali

Il progetto di riforma su cui sta lavorando la ministra Maria Elisabetta Casellati propone un "premierato soft" che darebbe più poteri al presidente del Consiglio. Nel ddl del governo si interverrà sugli articoli 88, 92 e 94 della Costituzione. Il punto principale della questione resta l'elezione diretta del primo ministro. Dopo il voto, il capo dello stato consegnerebbe l'incarico al presidente del Consiglio eletto e nominerebbe i ministri su sua indicazione, nel conferimento dell'incarico non sarebbe poi previsto il voto di fiducia del Parlamento. Il cambiamento sostanziale resta nel fatto che, a differenza di quanto non accade con l'attuale sistema, si voterebbe per la persona che sarà investita del potere esecutivo e non solo per la composizione delle Camere. Si pensa anche a introdurre un sistema maggioritario che garantisca la maggioranza in Parlamento attraverso un premio del 55 per cento assegnato su base nazionale.

In aggiunta ai maggiori poteri per il premer, la riforma si propone di limitare i ribaltoni dei governi ma sul come la maggioranza cerca ancora un accordo. L'idea è che nel caso di sfiducia o dimissioni del premier non si torni alle urne: con la fiducia di entrambi i rami del Parlamento a un nuovo premier indicato dal capo dello stato la legislatura potrebbe andare avanti. Non sarebbe prevista nella riforma la sfiducia costruttiva. 

 

Le reazioni

Il vertice di oggi imprime un'accelerata sul lavoro del governo e servirà per portare al prossimo Cdm un testo condiviso da tutta la maggioranza. La riforma, qualora passasse, entrerebbe in vigore alla fine del settennato di Sergio Mattarella, nel 2029. Le opposizioni hanno criticato il progetto di riforma in quasi ogni aspetto, mentre l'unica apertura è arrivata da Matteo Renzi. Elly Schlein ha spiegato che non è disponibile a sostenere l'elezione diretta del premier mentre per il presidente del Movimento 5 Stelle il premierato "indebolisce il Parlamento e spiana la strada all’uomo solo al comando".

Sul rischio che questa riforma indebolisca troppo i poteri del Colle, la ministra Casellati ha assicurato che il presidente della Repubblica manterrà le proprie prerogative a partire dalla nomina dei ministri, che quindi non saranno eletti dal presidente del Consiglio ma sotto sua indicazione. Venerdì sarà la giornata dedicata alla stesura di un teso definitivo. 

Di più su questi argomenti: