Governo in crisi di nervi

Luciano Capone

La maggioranza non ha litigato per il quadro generale della politica economica ma ha sbarellato per i dettagli della manovra su pensioni, lotta all'evasione e microtasse. Perché i partiti sono ancora prigionieri della loro propaganda

Gli “schiaffoni” di cui aveva parlato in conferenza stampa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti i suoi colleghi li hanno sentiti una settimana dopo. Eppure era chiaro dopo l’approvazione in Cdm e la presentazione della Nadef che, tolte le risorse per la riduzione delle tasse e per finanziare la sanità, non ci sarebbero stati soldi per le altre promesse. Ma i colleghi ministri e i partiti di maggioranza se ne sono accorti solo quando hanno visto il testo. Sono praticamente impazziti nel vedere sacrificate le proprie bandierine. Anche perché le opposizioni gliele hanno sventolate sotto gli occhi e sui social network, dove ormai si discutono ed elaborano le bozze della legge di Bilancio.

 

Così Giorgia Meloni ha “preteso” di rimuovere il presunto “pignoramento” dai conti corrente degli evasori fiscali, un principio per migliorare la riscossione che lo stesso governo e il Parlamento avevano già approvato nella delega fiscale. Matteo Salvini non ha sopportato l’accusa di essere diventato “forneriano”, è quello lo schiaffone che ha bruciato di più. Così per accontentarlo si è dovuta introdurre una Quota 103 con così tante penalizzazioni che costa come Quota 104, ma almeno ha cambiato nome.

 

La maggioranza è andata in difficoltà quando l’opposizione, in particolare il M5s, ha iniziato a descrivere Meloni come “Lady tax” per l’incremento dell’Iva sui prodotti per l’infanzia. Nessuno è riuscito a spiegare che il taglio dell’Iva era stato fatto dal governo Meloni e ora l’aliquota ritorna al livello di quando c’era Conte. Forza Italia non ha sopportato l’accusa di “tassare la casa” per l’incremento della cedolare secca sugli affitti.

 

Nessuno è riuscito a fare valere il fatto che complessivamente, secondo il Dpb consegnato a Bruxelles, la pressione fiscale nel 2024 scenderà dal 42,5% al 41,6%. Insomma, la maggioranza ha sbarellato non per il quadro generale della politica economica ma per i dettagli. Perché è ancora prigioniera della propria propaganda. Ed è il limite più grande per chi ha la responsabilità di governare in una situazione così delicata.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali