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Il profilo

Il Trasporto di Mr. Rixi. Ritratto del pragmatico viceministro di Salvini

Marianna Rizzini

Genovese, uomo di mare ma anche di montagna, assessore nella giunta Toti, già viceministro con Toninelli. Ecco chi è il vice del leader della Lega che rende difficile al suo capo fare del ministero un palcoscenico

“Io al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti? Edoardo Rixi farebbe meglio di me”. Che fossero o meno le ultime parole famose, sorte ha voluto che il leader della Lega Matteo Salvini, l’uomo che ha pronunciato questa frase a pochi giorni dalle elezioni politiche, quando ancora il futuro governo era di là da venire, si sia ritrovato proprio ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, contrariamente ai suoi desiderata originari (Ministero dell’Interno, incarico già ricoperto in passato), ma con in testa l’idea fissa del Ponte sullo Stretto e con accanto proprio Rixi, l’attuale viceministro con delega ai Porti e alla Mobilità sostenibile che, con opera e presenza “da leghista in qualche modo democristiano”, scherza un deputato di centrodestra, rende più difficile a Salvini la trasformazione intermittente (via Twitter) del ministero in palcoscenico. Pare insomma che nei giorni di grandeur sul tema “Ponte sullo Stretto”, precedenti a quelli del lutto per la morte di Silvio Berlusconi, Rixi si sia molto adoperato per trasformare preventivamente i lanci mediatico-politici del ministro in “tavolo” – nel senso di tavolo di lavoro, “da cui se lui è presente non ci si alza”, raccontano a Montecitorio, “fino a che non si trova un canovaccio di accordo”.

 

“Rixi è uomo di mare, è genovese e ha le idee chiare”; ha detto Salvini per lodare il pragmatismo del compagno di partito, nel momento in cui gli consegnava in delega la materia dei porti, affidando invece il trasporto aereo al meloniano Galeazzo Bignami e il Digitale al sottosegretario Tullio Ferrante (Forza Italia). Anche se poi Rixi – già consigliere comunale, regionale, deputato e assessore nella giunta ligure di Giovanni Toti, e viceministro sempre ai Trasporti ma con il Cinque Stelle Danilo Toninelli – ancor più che essere uomo di mare, e forse malgrado l’ineluttabilità geografica del suo doverlo essere per forza, è prima di tutto e soprattutto uomo di montagna. Montagna vera e dura. E’ infatti istruttore di alpinismo e ha scalato innumerevoli vette (leggenda vuole che si trovasse in cima a un monte himalayano, da qualche parte tra Pakistan e Afghanistan, l’11 settembre del 2001, giorno delle Torri Gemelle e della fine delle trasferte su vette extra-europee per un bel po’ di tempo). Rixi è anche marito di un’alpinista come lui, conosciuta grazie alla comune passione, e padre di un probabile futuro appassionato di montagna come loro nonché amico di molti scalatori, sia politici (vedi il sindaco di Genova Marco Bucci) sia non politici. Montagna vera e dura, dunque: quella che, in un giorno del 2012, ha portato via il miglior amico di Rixi durante una spedizione a cui partecipava anche l’attuale viceministro. Era una bella giornata. Poi la perturbazione improvvisa, il cielo che si fa minaccioso, la salita che si fa impossibile, le voci che si rincorrono senza trovarsi, le ricerche con i cani del soccorso alpino francese che diventano inutili, fino al ritrovamento doloroso. Un epilogo alla “Otto Montagne”, film tratto dall’omonimo libro di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega nel 2017: nessun confine tra uomo e natura nella vita e nella morte (“qualunque sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa”, è la frase simbolo del libro che molti aspiranti alpinisti hanno letto, sapendo che la montagna è per sempre, nel bene e nel male).

 

Ma giù, nella Genova della salsedine, “scimmia di luce e di follia, foschia, pesci, Africa, sonno, nausea e fantasia”, per dirla con Paolo Conte, l’essere uomo di montagna aiuta fino a un certo punto. Non ha aiutato Rixi, per esempio, nel 2015, quando due erano i nomi spendibili per la corsa alla Regione Liguria, il suo e quello dell’attuale governatore Giovanni Toti. Il centrodestra decise infine per Toti, e Rixi, sulla scorta del momento realpolitico, con accordo Forza Italia-Lega, cedette letteralmente il posto al collega azzurro. “Spero serva a vincere”, diceva in uno di quei momenti indimenticabili di ogni carriera politica, peraltro di successo, giocata tra piano locale e nazionale fin dall’età di sedici anni, momento in cui il futuro viceministro, ora quarantanovenne, decise di avvicinarsi alla Lega. Lega delle origini, vera e dura come la montagna a cui Rixi chiede pace (al liceo invece, al consiglio d’istituto, fu relativa guerra con le allora predominanti liste di centrosinistra). Toti e Rixi, Rixi e Toti – con l’aggiunta poi del terzo lato del triangolo del centrodestra ligure Marco Bucci, sindaco di Genova che, si narra a Genova, fu proprio Rixi a presentare ai colleghi leghisti. Fatto sta che il dualismo pur collaborativo tra Rixi e Toti (con il primo assessore del secondo, ma con il secondo autorità indiscussa su porti e portuali), non sempre è rimasto nascosto nei vicoli della Genova “dove il buon Dio non dà i suoi raggi”, ché “ha già troppi impegni per scaldar gente d’altri paraggi” (stavolta a soccorrere gli esegeti non genovesi della vicenda è Fabrizio De André): si arriva fino al governo Draghi, quando Toti e Rixi si ritrovano non esattamente su una linea di concordia. Fanno fede le testuali parole di Rixi verso un molto draghiano Toti, nel luglio 2022, quello della caduta dell’ex premier: “Toti si è messo fuori da solo, adesso bisognerà parlarne”.

 

Ma oggi è un altro giorno, dicono da Genova i fautori di una pax che da destra viene vista come propedeutica all’azione che il Rixi viceministro vuole portare avanti a proposito del suo cavallo di battaglia: un’Agenzia nazionale come asse portante nella riforma dei porti, con governance dei medesimi in mano ai territori. Ed ecco che ci si domanda, nei Palazzi: che cosa vuole fare, Rixi, dopo aver fatto il viceministro? E se la risposta “il governatore di Regione” potrebbe sgorgare spontanea, vista la rinuncia pro Toti del 2015, nel capoluogo ligure indicano la più alta carica portuale come obiettivo rixiano di medio termine. Fatto sta che Rixi, laureato in Economia e Commercio con una tesi sulla crisi degli anni Novanta e la moneta unica (“argomento profetico”, dice un collega leghista), ai porti non pensava di certo, negli anni universitari durante i quali, a un certo punto, grazie a una borsa Erasmus, e con altalenanti dubbi su una possibile carriera militare da iniziarsi all’Accademia di Modena, proposito poi sfumato, si era ritrovato in quel di Helsinki, città fredda come le amate montagne ma senza la pendenza. Esperienza, quella, che si rivelerà molto utile per il ragazzo ligure, figlio unico di un economista e di una manager, cresciuto in una magione a picco sul mare, per il primo impiego serio a sfondo internazionale nel mondo della moda, a Milano, nel gruppo Roberta di Camerino.

 

Ma sono di nuovo le Torri Gemelle a fargli cambiare rotta: l’azienda muta assetto per via di una serie di smottamenti sui mercati, successivi all’11 settembre, e Rixi decide di candidarsi con la Lega alle elezioni comunali del 2002. Viene eletto. L’inizio è al galoppo (sarà capogruppo fino al 2007). Lo stop arriva alle Politiche del 2008, anche se poi Rixi entrerà in Parlamento una prima volta nel 2010, subentrando a Maurizio Balocchi, e poi nel 2018, diventando prima deputato e poi viceministro ai Trasporti nel primo governo Conte, dopo i famosi o famigerati tre mesi di stallo leghista e grillino per trovare la quadra del governo gialloverde. E non si sa, sospirano oggi tra il serio e il faceto gli esperti di Infrastrutture, se per il pragmatico Rixi fosse più facile avere a che fare, allora, con il ministro gaffeur Danilo Toninelli oppure oggi con il non gaffeur ma mediaticamente ridondante ministro Salvini, uno che quello che vuole dire lo dice con l’intenzione di dirlo, fino al limite estremo del Papeete, lo stabilimento di Milano Marittima dove, nell’estate del 2019, l’attuale vicepremier firmò la sua condanna al grido di “andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza” (seguì nascita del governo rossogiallo).

 

I porti come “piattaforme logistiche” per poter sfidare, attraverso il loro rafforzamento, Russia e Cina, diceva Rixi in aprile, intervistato da La Verità (in questi giorni è stato invece a Tokyo, al G7 dei ministri dei Trasporti, dall’alto di un’esperienza maturata anche al fianco del Toninelli dei giorni peggiori, quando Rixi “gestiva nel modo migliore”, dice un non leghista che ne riconosce i meriti, “il dossier del decreto Genova” dopo la tragedia del Ponte Morandi e dopo l’inchiesta “spese pazze alla Regione Liguria”, per cui Rixi è stato prima indagato, poi processato e infine assolto (commento all’epoca dell’assoluzione: “Pur sapendo di essere innocente nel frattempo mi sono dimesso da viceministro, ho rinunciato alla poltrona da governatore e ho preferito non assumere ruoli per evitare futili critiche alla Lega e al mio operato. Una vicenda che dovrebbe far riflettere i giustizialisti della prima ora, quelli che mi hanno chiesto subito le dimissioni: i processi si celebrano in tribunale, non in piazza. È la sottile differenza tra democrazia e demagogia”). Non era ancora tempo di riforma Nordio e anche nella Lega, a quei tempi, c’era chi si scagliava contro esponenti del centrosinistra coinvolti in analoghe vicende processuali. Panta rei o forse segno dei tempi, fatto sta che Rixi si è preso la sua rivincita tornando nell’ufficio ministeriale da cui era uscito, ed è ora l’uomo che, per Salvini, si occupa di dettagli tecnici e non tecnici su concessioni, piani regolatori, sostegni strutturali e, appunto, Ponte e porti, con focus su quella “centralità nel Mediterraneo” che tanto piace sottolineare a Salvini (tutto si tiene, anche la questione migranti).

 

E i taxi? ricordano a Salvini dall’opposizione, per tornare ai giorni in cui su vetture e balneari si arrivò alla strettoia che portò alla caduta del governo Draghi, ma il viceministro Rixi, che non ha il ruolo del frontman, sembra preferire argomenti di altro tipo. Per esempio la collaborazione a livello europeo in tema di Infrastrutture (argomento utile in tempi di avvicinamento meloniano al Ppe) e di interventi integrati sulla Pa digitale. Preciso, ma non puntuale nel senso dell’orologio, dice un amico, Rixi si avvia quindi verso l’anno che separa la Lega dalle urne di Bruxelles, con l’animo di chi può decidere in autonomia la strada presa su emanazione di Matteo Salvini. E non ci sono regole già scritte, come nell’alpinismo.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.