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L'intervista

Zanda: "Con il Pd di Schlein non ci saranno scissioni, ma stia attenta sull'Ucraina"

Simone Canettieri

Parla uno dei fondatori del partito: "Non ho sostenuto Elly alle primarie, ma non sono pessimista. Meglio di sinistra che progressisti alla Conte. Su Kyiv l'Italia si gioca molto"

Luigi Zanda, la vittoria Elly Schlein mette a rischio l’unità del Pd?

“Non penso. Finora ha prodotto una grossa scossa al partito e, se sono attendibili questi primi sondaggi, anche  una lievitazione dei consensi. D’altronde accadde anche a Zingaretti appena venne eletto”.

Zanda in una delle sue tante vite è stato  tra i fondatori del Pd. All’ultimo congresso, quello degli iscritti, ha votato Gianni Cuperlo e poi domenica Stefano Bonaccini. Adesso davanti alla novità  entrata al Nazareno non si straccia le vesti, anzi.

“Io credo che per capire bene, si debba aspettare. Il mio augurio è che la nuova segretaria si occupi anche della forma partito: dai circoli fino all’assemblea e alla direzione”.

Peppe Fioroni, anima Popolare, se n’è andato: ci sarà una scissione?

“Non giudico Fioroni: da tempo non nascondeva un malumore. Dunque il suo addio non mi ha sorpreso, anche se mi è dispiaciuto. Non credo però che ci saranno scissioni: sono state tutte esperienze negative”.

Il nuovo Pd riproporrà la rottamazione?

“Rottamare non è una linea politica: è una bestemmia. Rinnovare è necessario, tenendo conto però delle culture da cui è nato il Pd. Il passato va ricordato, quello negativo  e quello positivo: Renzi è riuscito a incarnare entrambi gli aspetti, passando dal 40 per cento al disastro del referendum e delle politiche”.

Servirà ora un momento di analisi?

“Uno dei punti deboli del Pd è che non si è mai fermato ad analizzare l’andamento politico, non mi ricordo mai una giornata a riflettere sui risultati delle numerose elezioni che abbiamo qualche volta vinto e più spesso perso. Per esempio, vogliamo capire perché ora c’è una segreteria che ha perso tra i circoli e ha vinto ai gazebo? E’ un tema su cui bisognerebbe riflettere perché riguarda la natura stessa del Pd. La domanda è: gli iscritti servono ancora oppure no?”.

Renzi ha detto che adesso il Pd diventa un partito di sinistra-sinistra. E i moderati come lei che fine faranno?  

“A parte che non mi sento molto moderato e poi fatico a capire cosa voglia dire un partito di sinistra-sinistra. Con Schlein la natura del Pd non è mutata: è rimasta di centrosinistra, comunque mi fa piacere che si ritorni a parlare di sinistra e non di progressisti come piace a Conte.  Dovendo scegliere tra Renzi e Conte confido che il Pd mantenga un ruolo di egemonia politica, naturalmente dipenda dal contenuto della linea che darà la nuova segretaria”.

La preoccupa la politica estera?

“Sull’Ucraina mi fido delle rassicurazioni delle ultime ore. Cambiare opinione sulla politica estera mi sembrerebbe un errore troppo grave: la posizione dell’Italia non ha a che fare solo con l’invio delle armi a Kyiv, ma anche con il nostro rapporto con la Nato e con l’Europa. E aggiungo anche con la nostra visione del Mediterraneo e i nostri rapporti con il nord Africa”.

Insomma, non è pessimista.

“No, e non voglio esserlo”. Ma non c’è rischio di una corsa al pacifismo purchessia? “Tutti vogliamo la pace ma di che pace parliamo, quella del professore Orsini che vuole lasciare metà dell’ Ucraina a Putin e dargli il protettorato sul resto? Oppure una pace che vieti l’ingresso dell’Ucraina nella Ue e di fatto la renda neutrale al servizio di Putin? Questa non è pace”.

Alla fine su Elly aveva visto giusto Franceschini.

“E’ stato tra i primi a puntare su di lei: Dario sa leggere la politica e la società. Gloria a Franceschini”.

 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.