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Il Terzo polo che manca

Il flop di Moratti in Lombardia ha salvato il Pd

Maurizio Crippa

La grande fuga dei riformisti e moderati dai dem, dopo la vittoria di Schlein, per il momento non si è vista, Tra le cause, oltre alle rassicurazioni di Franceschini, c'è la paura di abbandonare una nave solida per saltare su una ancora in cantiere. Come hanno dimostrato le regionali

A 48 ore dal big bang del Pd, del grande spostamento di masse gravitazionali che avrebbe dovuto espellere i riformisti dalla loro orbita naturale non ci sono tracce né avvisaglie. E’ dubbio che la vittoria di Elly Schlein abbia fatto invecchiare di un secolo Giorgia Meloni, l’ipotesi è un tantino risibile, ma è vero invece che se il Pd (al momento) non è esploso il merito è di un’altra donna: a salvare il Pd è stata Letizia Moratti.

 

Ha detto Matteo Renzi che, per chi crede nel riformismo, “oggi lo spazio che si apre è fantastico”. E ha confermato di voler proseguire “con decisione nelle prossime settimane insieme ad Azione sulla strada del partito unico… lavoreremo su simbolo, manifesto, nome, adesioni in un percorso democratico e affascinante. Le porte sono aperte”. Ma l’entusiasmo manifestato anche da alcuni suoi sostenitori-esegeti (si è giunti persino a parlare del “fattore C” di Renzi) rischia di non trovare troppe pezze d’appoggio e conferme. Né fuori né dentro il Pd.

Dentro, area riformista-moderata, per ora se n’è andato solo Beppe Fioroni, ma non è una scissione. Non se n’è andato Giorgio Gori. Romano Prodi, rassembleur ulivista ad honorem, consiglia Schlein di “riformare i riformismi”, altro che cacciarli. Mentre il bonacciniano Matteo Orfini, invita a “ricostruire un partito in cui tutti possano sentirsi a casa”.

 

Se al momento per gli scontenti e gli avversari di Schlein non si apre  la via larga di una facile uscita, è perché la nave di salvataggio per i riformisti – che doveva essere varata alle regionali – è andata in avaria al primo collaudo: il Terzo polo Calenda-Renzi non ha preso il largo. E la comandante in chief della nave che ha fatto subito acqua era appunto lei, Letizia Moratti. Lei che avrebbe dovuto essere simbolo di buon governo e  competenza contro il “bipopulismo”, lei che doveva attrarre i delusi a destra e a manca e pescare nel mare del non-voto. Ma non ha attratto. Così il nuovo quasi-partito, la casa dei riformisti, che sognava non di vincere ma almeno di incrementare il 10 e rotti per cento conquistato in regione alle politiche, non ha performato.

 

Gli ottimisti credevano almeno in un 15 per cento, invece Moratti si è fermata un soffio sotto il 10. Non c’è al momento un cacciatorpediniere riformista pronto a salpare. I sondaggi nazionali restano attorno al 7 per cento, troppo poco per fidarsi a saltare da una nave di buona stazza, per quanto in acque agitate, su una incerta scialuppa di salvataggio. Meglio restare nel Partito democratico e “plurale”, al momento. Come consigliano del resto i maggiorenti del partito, dal nuovo Gran visir della flotta Dario Franceschini in giù. Insomma, il magro risultato di Letizia Moratti ha salvato il Pd dalla grande fuga.

 

Lasciando ora da parte l’ironia – Moratti ha fatto il suo, e certo non è colpa solo sua se le aspettative non si sono realizzate: forse non era, semplicemente, la candidata ideale – c’è da valutare il dato politico. Carlo Calenda e Renzi hanno azzardato troppo, alla prima uscita; hanno puntato ad accorciare i tempi per il consolidamento di un’area elettorale autonoma e a oggi solo virtuale. Ma politica “non facit saltus”. Renzi se n’è accorto per tempo, e si era messo in silenzioso stand by. Ma questo non ha salvato dagli errori. Al primo vero tentativo, il Terzo polo non ha rubato niente (di nuovo) a un Pd pure in sofferenza e soprattutto non ha intaccato il vero tesoretto, il consenso dei moderati-centristi che per il momento se ne stanno ancora al rassicurante capezzale di Berlusconi.

 

Calenda ieri ha twittato: “Il peggior avversario del Pd è il Pd stesso quando arruola qualunquisti, cacicchi e sultani. E quando insegue i 5s sul terreno del populismo. Io mi auguro che ci sia un forte partito socialdemocratico serio e pragmatico con cui si possa dialogare anche nelle differenze”. Ma è un po’ come ammettere che, al momento, il naufragio Pd non c’è e ci si può solo augurare, realisticamente, che i molti che nel Pd non sono né qualunquisti né cacicchi possano avere agibilità politica. E significa che al momento i riformisti-centristi-ex margheritini e cattolici più o meno adulti si sentono più rassicurati nello stare fermi, ma con i piedi all’asciutto. Se Letizia Moratti fosse arrivata al 20 per cento, forse oggi andrebbe diversamente. Elly Schlein dovrebbe farle una telefonata di cortesia.
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"