Ivan Scalfarotto (Ansa)

Riformisti in viaggio

Il partito di centro, Italia Viva e Azione. Parla il renziano Ivan Scalfarotto

Marianna Rizzini

"La ragione per cui vale la pena fare politica è proprio quella di provare a cambiare la realtà quando è evidente, come in questo momento, che non funziona" ci dice l'ex sottosegretario di stato. E rilancia l'idea di "un movimento europeista e pragmatico di cui il paese ha bisogno"

È il day after del voto regionale e sul campo del centrosinistra restano molte macerie. E un interrogativo: che cosa farà il Terzo Polo, ridimensionato nelle sue aspettative? Carlo Calenda ha ribadito l’urgenza di andare rapidamente verso un partito di centro, senza più aspettare. Matteo Renzi ieri è rimasto silente. I due si vedranno il 27, ma in filigrana emerge, in Italia Viva e in Azione, rispetto al quando e al come, una diversità di sfumature. Iv vorrebbe aspettare, magari fino a dopo le Europee, con l’idea che il procrastinare possa portare più acqua al mulino, mentre per Azione, come si è detto, la velocità (con chi c’è c’è) è la via migliore, anche per evitare che le divisioni in liste si facciano in qualche modo cannibali.

 

Non solo: ieri le parole dell’ex ministro renziano Teresa Bellanova sulla necessità di “riflettere attentamente sulle alleanze” ha creato un certo scompiglio in Azione (non è che ci si vuole allineare al Pd?, era il timore, poi dissipato da Iv). Il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto, già sottosegretario all’Interno nel governo Draghi, prova intanto a trarre un’indicazione dal responso impietoso delle urne: “La lezione è che la costruzione di un partito radicato, popolare e che si attrezza davvero a governare il paese è un lavoro lungo, che richiede fatica e costanza, tenacia e pazienza. Richiede anche una profonda fiducia nel progetto politico e nelle sue ragioni. Gli stop-and-go sono normali, sono fisiologici, e non possono certamente mettere in discussione la validità di un progetto politico che io credo sia fondamentale per l’Italia”. Siamo però di fronte a una serie di riscontri negativi: non ha funzionato il campo largo e neanche il campo più “ristretto. “La soluzione”, dice Scalfarotto, “è quella di non vivere la politica come una corsa a ostacoli, in cui l’unico obiettivo è il turno elettorale immediatamente successivo, magari locale e parziale come questa volta. Non è andata bene, vero. È dunque il momento di riflettere sugli errori commessi ma soprattutto di continuare a costruire quel movimento europeista e pragmatico di cui il paese ha secondo me bisogno. In particolare, aggiungo, dobbiamo fare uno sforzo per mettere al centro delle nostre strategie il mezzogiorno d’Italia. Al nord abbiamo fatto bene: al sud non possiamo pensare di crescere soltanto acquisendo pezzi di classe dirigente cresciuta in mondi lontanissimi dal nostro di modo di vedere e di fare politica e che oggi trovano in noi un pratico contenitore in cui riproporre il proprio consenso personale e magari risolvere antiche rivalità sul territorio. Aggiungo che spesso questo avviene senza che vi sia alcuna particolare affinità ideologica con il nostro progetto politico — che per quanto mi riguarda, specie per il sud, o è rivoluzionario o non è”.

 

Calenda ieri ha detto che il partito di centro non può più attendere. Quali sono gli interlocutori possibili, se il Pd sembra indisponibile, i Cinque stelle sono fuori dall’area riformista e Forza Italia è ancora ancorata al centrodestra, nonostante le diversità? “Devo riconoscere che è una fotografia piuttosto deprimente”, dice Scalfarotto, “ma la ragione per cui vale la pena fare politica è proprio quella di provare a cambiare la realtà quando è evidente, come in questo momento, che non funziona. Dobbiamo rivolgerci a quel pezzo della società italiana che in quest’offerta dominata da populisti e sovranisti non trova una casa. Un forte partito riformista presenterebbe il vantaggio di essere una forza attrattiva per quel pezzo di Italia produttiva, aperta, pragmatica, ma fiduciosa nei propri mezzi, che tutto il mondo conosce e apprezza e che nella politica trova certamente più un ostacolo che un volano”. Quali sono in prospettiva i punti di forza del progetto? “La ragione per cui siamo alternativi alle destre come alle sinistre che sempre più scivolano verso una deriva populista è che entrambe hanno un anima fortemente conservatrice. C’è un’Italia che invece chiede un cambiamento: meno burocrazia e più iniziativa, un protagonismo a livello internazionale, la valorizzazione delle libertà e dei talenti delle persone, un investimento deciso sulla cultura, sulla tecnologia, sull’ambiente. Uno sforzo serio per valorizzare il ruolo e le capacità dei giovani in un paese che di loro si occupa pochissimo e male. Più che preoccuparci degli interlocutori, insomma, penso che dovremo continuare a spiegare al paese, senza arrenderci al primo ostacolo, quale Italia abbiamo in mente”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.