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Quarantanove delusi

Nel M5s tutti a spasso (o quasi). I sogni infranti dei non più candidabili

Salvatore Merlo

Salta la deroga alla regola del secondo mandato nel Movimento 5 stelle dell'ex primo ministro, grillini disperati. Giuseppe Conte telefona: “E ora che farai?”. E solo Bonafede sorride

“Pronto, ciao sono Giuseppe Conte, volevo spiegarti...”. Li ha chiamati al telefono, non uno per uno, ma quasi, i quarantanove grillini che arrivati alle soglie del terzo mandato non saranno più ricandidati.  E ha pure provato a fare l’empatico, Conte. Specie con i tantissimi peones della pattuglia. Gli sconosciuti. “Adesso che farai?”. Insomma ecco Giuseppe il Misericordioso. “Se posso esserti utile...”. Alcuni ieri davano in escandescenza. Altri si abbandonavano a inutili pratiche di autolesionismo. Gesti passivo-aggressivi. Tipo formalizzare le dimissioni dal gruppo del M5s di un Parlamento ormai sciolto e alla vigilia del voto. Ma queste sono le storie degli onorevoli Qualunquo Qualunqui, per così dire. I peones che ora dovranno tentare di mettere insieme il pranzo con la cena. Ad altri va meglio, e fanno spallucce. Alfonso Bonafede, per dire, si è già rimesso a fare l’avvocato  a Firenze. Solo che prima di essere stato Guardasigilli al massimo si opponeva alle multe dei vigili urbani. Ora invece ha uno studio megagalattico con doppia sede, a Firenze e a Milano. Come diceva Longanesi: cercava la rivoluzione e trovò l’agiatezza. 

 

Il sito internet dello studio “Bonafede & Partners”, bel nome all’americana non c’è che dire, è tutto un cinema. Anche se un po’ egoriferito. Ecco la foto di Bonafede in bianco e nero a studiare le carte su una poltrona reclinabile. Ecco Bonafede in riunione con i suoi collaboratori. Poi Bonafede davanti al computer. E ancora Bonafede che osserva l’infinito con un pataccone d’orologio  che assai panciuto sembra proprio un Jumbo Jet.

 

Pure Virginia Raggi è fuori. Non potrà essere candidata in Parlamento, e tutti i sogni di questi ultimi mesi, coltivati anche dopo la scissione di Luigi Di Maio, svaniscono. Lei ci sperava. Tanto. Chissà se Conte ieri ha telefonato anche a Virginia, e chissà se anche a l’ex sindaco di Roma, come ad altri, Conte ha proposto: “Sai potresti fare il professore nella nostra scuola di formazione politica”. E questa cosa adesso bisogna proprio immaginarsela. Chiudete gli occhi.

 

Ecco Paola Taverna in cattedra: la Cepu del vaffa. D’altra parte si è anche laureata. Taverna è in aspettativa da dieci anni, ma è assai improbabile che ritorni a fare la segretaria nel laboratorio di analisi cliniche dove lavorava prima di diventare vicepresidente del Senato. Ora veste Prada (metafora), anche se martedì scorso, al compleanno di Gianfranco Rotondi, mentre salutava Giorgia Meloni, circondata da banchieri, generali e generoni romani, sembrava più un cospicuo uovo di Pasqua.

 

“So di tanti che già sono andati in analisi. Ora ci servirà il bonus psicologo”, dice una deputata che questa tragedia personale e collettiva la prende a ridere. Ben presto probabilmente i giornali lanceranno un nuovo genere di rubrica: che fine ha fatto? Si attende di sapere se davvero Carlo Sibilia si è dedicato alla storia dell’allunaggio. Giulia Grillo tornerà a fare il medico, che non è male. Fabiana Dadone ha già mandato un curriculum a Cuneo, ma non gli si chieda più di fare le fotocopie. Vedremo.

 

E presto scopriremo pure se Danilo Toninelli tornerà, opportunamente “concentrato”, a occuparsi di pratiche assicurative e liquidazione di sinistri stradali. C’è chi ne dubita. Davide Crippa, l’ex capogruppo, come ha scritto ieri il Foglio, s’era già attrezzato: ha intasato la segreteria telefonica di Enrico Letta. Lui e tanti altri vorrebbero essere candidati dal Pd. Stai fresco. Alcuni coltivano la speranza assai remota di essere assunti dai gruppi parlamentari del M5s come “assistenti”. Trepidano per un contratto di consulenza con il Movimento. “Ci sarebbero i soldi del 2x1000, no?”. No, purtroppo. No. Le casse sono mezze vuote. Conte non ha una lira. E chissà perché nessuno di loro pensa al Reddito di cittadinanza. Non avevano abolito la povertà?

 

Squilla invano per tutto il pomeriggio il telefono di Riccardo Fraccaro. Quello di Vito Crimi, l’ex autoreggente del Movimento, è staccato. Dicono che Roberto Fico invece sia “tranquillo”. D’altra parte lo era anche quando gli beccarono la colf in nero a casa (gli chiedevano le Iene: “Com’è la situazione a casa sua a Napoli?”. E lui: “Tranquilla”). E ancora erano i tempi in cui volevano moralizzare l’Italia. Figurati adesso. I pezzi grossi hanno avuto tempo per prepararsi. Rapporti, amicizie, favori, piccole e innocenti complicità che probabilmente non saranno dimenticate. Nessuno finora è mai davvero rimasto a piedi. Nemmeno nello staff del M5s, che è andato a riempire caselle nelle tante partecipate di stato. Ma questo è il destino dei pezzi grossi, i protetti. Per quelli che non contano, e non hanno mai contato un fico secco, è arrivata invece la telefonata di Conte: “Ma non è che ti andrebbe di fare il professore nella scuola di formazione del Movimento?”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.