Il caso

M5s, vince la linea Grillo: nessuna deroga al doppio mandato. Crimi, Taverna e Fico sono fuori

Ruggiero Montenegro

Fine della corsa anche per Dadone, Toninelli, D'Incà, Bonafede e Fraccaro. La decisione sarebbe già stata comunicata ai vertici parlamentari. Conte: "Il patrimonio di competenze ed esperienze con loro maturate non andrà disperso"

Nessuna deroga alla regola del secondo mandato: passa la linea Grillo e finisce la corsa di Roberto Fico, Paola Taverna, Vito Crimi, Riccardo Fraccaro, Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede, Fabiana Dadone e Federico D'Incà, tra i parlamentari più noti - ministri ed ex ministri, ex capi politici e vicepresidenti.

Dopo le prime indiscrezioni dell'Adnkronos, è stato Giuseppe Conte a darne conferma: "Il mio pensiero è oggi rivolto a tutti coloro che nel corso dei due mandati hanno lottato contro tutto e tutti per vincere le battaglie del M5S", ha scritto su Facebook l'ex premier. "Stanno compiendo una rivoluzione che nessuna forza politica ha mai avuto il coraggio neppure di pensare. Stanno dicendo che per fare politica non serve necessariamente una poltrona", ha aggiunto il capo grilino che fino a pochi giorni, parlando della regola del doppio mandato, ancora diceva: "non è un diktat". Ma oggi, ecco la retromarcia.

 

 

La decisione è arrivata dopo giorni di polemiche, ultimatum e smentite. Secondo alcune ricostruzioni, il fondatore aveva minacciato di lasciare il suo M5s e di portarsi il pallone a casa, se fosse arrivata la deroga a quella che rappresenta una delle regole più rappresentative, soprattutto dopo una legislatura che ha visto i grillini ammainare diverse bandiere. Ci sarebbe stata anche una telefonata con Conte (che tuttavia ha smentito) per ribadire questa posizione.

"Una scelta in coerenza con il Movimento 5 Stelle. Mi auguro con tutto il cuore sarà la scelta giusta per il campo giusto",  ha detto Carlo Sibilia, tra i primi a commentare. Il sottosegretario all'Interno, altro deputato al secondo mandato, ha comunque detto di essere a dispozione, "Se la comunità 5 Stelle lo vorrà".  È una decisione che "ci sta", dice al Foglio Alberto Airola, tra i pentastellati più ciritici verso l'esecutivo Draghi. Anche il senatore è al secondo mandato e in attesa di capire cosa fare - "vedremo" - sottolinea lo scarso tempismo con cui i vertici grillini hanno gestito la questione: "Credo che sarebbe stato meglio discuterne molto prima di adesso, dando così l'opportunità ai media che ci attaccano di marciarci sopra". 

"Continueremo ad essere vicini al Movimento e a dare il nostro contributo. Lo faremo fuori dalle istituzioni, per quello che potremo", spiega invece Giuseppe Brescia,  presidente della Comissione affari costituzionali, pure lui a fine corsa. "Se speravamo in una deroga? No..."., assicura sempre all'AdnKronos, provando a smentire i tentativi di vari parlamentari che fino all'ultimo, in realtà, avevano sperato di far cambiare idea a Beppe Grillo. 

Si apre ora una nuova partita per chi non potrà più essere candidato. E se qualcuno, come Sibilia e Brescia appunto, ha già confermato la disponibilità  a dare una mano, non è detto tutti che seguano la stessa strada. Anche per questo, "Il patrimonio di competenze ed esperienze maturate non andrà disperso. Continueranno a portare avanti, insieme a noi, le battaglie del Movimento. Abbiamo bisogno della loro esperienza, della loro competenza, della loro inguaribile passione", ha spiegato Conte nel suo post. Si vogliono evitare nuovi scossoni, nuove fughe o scissioni,

 


Per salvare big e veterani, che adesso dovranno reinventarsi fuori dai palazzi, l'ex premier ha lavorato per giorni a una proposta alternativa, minideroghe o la possbilità di candidarsi per altre istituzioni, nei consigli regionali o al Parlamento europeo. Per loro si ipotizzano già ruoli di consulenza all'interno del Movimento. Intanto il deputato Niccolò Invidia ha lasciato il gruppo M5s alla Camera.

 

 

Di più su questi argomenti: