Il retroscena

"Agenda sociale, Pnrr e Ucraina": le tre proposte di Letta per convincere Draghi

Simone Canettieri

Il segretario del Pd pronto a presentare un mini programma al premier per la fine "ordinata" della legislatura: "La casa sta bruciando, Conte non riuscirà a fare retromarcia". Ma prima occorre che il M5s abbia un'altra scissione. Occhi puntati sul capogruppo Davide Crippa

Dice che "la casa sta andando a fuoco" e che questa volta il senso di responsabilità non può essere paragonabile a quello che ebbe il Pd quando dieci anni fa decise di entrare a far parte del governo Monti. "La situazione oggi è peggiore", spiega in queste ore Enrico Letta, il segretario del Pd che sta facendo di tutto per fare in modo che Mario Draghi resti dov'è, cioè a Palazzo Chigi. 

Letta ha passato la domenica nella sua Pisa da dove ha seguito passo passo l'evoluzione della crisi. In risposta agli ultimatum di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini lanciati dopo il vertice in Sardegna a Villa Certosa, il segretario insiste nel tentativo di "creare le condizioni per riportare a Draghi un sostegno il più ampio possibile".

Spiega infatti Letta a chi, dal M5s e dal Pd, lo chiama in queste ore: "Quello di mercoledì deve essere un voto per dare una fine ordinata alla legislatura. Tre assi: agenda sociale per arginare la polveriera d'autunno, cronoprogramma Pnrr per completare target e ottenere la seconda tranche dei finanziamenti Ue, gestione salda della politica estera e di sicurezza per rispettare gli impegni con gli alleati europei e atlantici, a partire dalla crisi Ucraina".

Ma come si può arrivare a questo scenario? Letta nei giorni scorsi ha fatto intendere di lavorare a un piano per "far tornare a bordo tutto il M5s o una parte". A questo piano B, quello della disperazione, lavora in costante asse con Luigi Di Maio, leader degli scissionisti di Insieme per il futuro. 

L'idea è quella di fare in modo che un  gruppo di parlamentari fuoriusciti dal M5s voti la fiducia a Draghi. Si parla di venti deputati e cinque senatori pronti a lasciare come emerso dall'assemblea congiunta che si è conclusa con il solito nulla di fatto (è aggiornata a lunedì) con l'aggiunta di insulti e minacce.

Tutto ruota intorno al capogruppo alla Camera Davide Crippa che potrebbe essere il primo ad annunciare lo strappo  provocando un piccolo effetto domino. Sarebbe, al di là dell'entità, l'ennesima scissione del M5s. Uno scenario per convincere Draghi a restare forte dell'assunto: "Il M5s non esiste più, al massimo è il partito di Conte", come ripete in queste ore Di Maio. Sono ore di travaglio per i pentastellati. In molti evocano anche un intervento diretto e fisico di Beppe Grillo: tanto che si era diffusa la voce, non ancora confermata, di un suo possibile sbarco nella Capitale tra lunedì e martedì. Di sicuro Letta è in stretto contatto con i big governisti del M5s. A partire da Federico D'Incà, pronto a votare la fiducia a un ipotetico Draghi bis.

Letta e lo stato maggiore del Pd sono convinti ormai che Conte non sia "più in grado di fare retromarcia". E dunque si cerca di salvare "la casa che brucia". Partendo, appunto, da tre punti chiari da sottoporre a Draghi. Con un post scriptum: caro premier, ripensaci. 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.