(foto Ansa)

l'intervista

“Salvini tace, ma nella Lega c'è un problema. Ora i congressi”. Parla Marcato (Liga veneta)

Francesco Gottardi

Il flop elettorale in Veneto impone riflessioni nel Carroccio: “Senza i nostri strumenti di dibattito la base è perduta”, dice il potente assessore di Zaia. “E basta civismo: i partiti tornino a fare i partiti”

Per un attimo il ‘bulldog’ sembra a cuccia. “C’è grande soddisfazione per aver strappato al centrosinistra Belluno e Feltre”. Lassù, nelle montagne. Nient’altro? “Anche forte delusione per Padova. E soprattutto Verona, roccaforte di destra da sempre”. Ah, già. “Tutti bravi a fare la schedina il lunedì, però è evidente che per perdere in questo modo degli errori sono stati fatti”. E il Carroccio scricchiola, dietro FdI ovunque. “È come fumo negli occhi, lo capite? La Liga è nata qua, il Veneto è terra nostra da sempre. Non si può più restare con le mani in mano”. Eccolo, Roberto Marcato. Il fido assessore di Zaia, coscienza del partito in regione e in posizione di guardia – è lui a rivendicare quel soprannome canino – ogni volta che le cose vanno male. Tipo ora. “Vero che paghiamo lo scotto di essere al governo, e chi è all’opposizione raccoglie voti. Ma non basta. Ho bisogno di capire il perché di questa flessione. Che cosa fare per tornare ad essere un punto di riferimento politico”. Risponde la Lega romana? “Per ora da lì tutto tace”.

 

Il ballottaggio di domenica ha inferto la mazzata. Ma è da mesi che i leghisti di vecchia data da queste parti sanno. Avvertono, gridano, finiscono imbavagliati dai piani alti. E con l’avere ragione. “Spero che ora ci sia la volontà reale di fare un’analisi profonda”, Marcato cerca di non perdere lucidità. “Questo risultato non deve annichilirci, ma anzi darci la scossa per tornare più forti di prima: presto ci saranno le elezioni politiche, fra tre anni le regionali. Serve massima cautela”. E un’altra cosa. “Darci dentro coi congressi: siamo ripartiti con quelli di sezione, a settembre dobbiamo passare subito ai provinciali e concludere i regionali entro l’anno. Questa è la mia road map”. L’assessore allo Sviluppo economico lo ripete come un mantra. “Perché la Lega non può prescindere da questo strumento di dibattito: siamo il partito più longevo del Parlamento, quando eravamo al 3 per cento la sopravvivenza ce la garantirono i militanti e la struttura capillare. Ma un commissariamento così lungo ha fatto saltare ogni cinghia di trasmissione”. Non è un attacco ad Alberto Stefani, uomo designato due anni fa da Salvini per supervisionare il Veneto. “Lui fa quel che può. Ma io voglio interagire con un segretario e un direttivo politico: lo sfilacciamento fra la base e Roma è continuo. Urge dialogo”.

E Salvini ha dato segnali di apertura? “Questo dovete chiederlo a Stefani”, a proposito di collegamenti saltati. “Io non ne so nulla”. Così il grande centralino resta Luca Zaia. “Che il nostro governatore sia un leader amato lo dicono i numeri”, sorride Marcato. “È un forte elemento di traino, anche nelle situazioni locali. Ma poi al voto bisogna arrivare preparati: altrimenti non c’è Zaia che tenga”. A Verona però, il presidente ha puntato forte su un candidato debole. “In quanto sindaco uscente, tutto il centrodestra avrebbe dovuto convergere su Sboarina. Divisi si lascia campo all’avversario, fosse anche un civico alla prima esperienza. Quando invece c’è un profilo credibile, una coalizione convinta e un programma forte si vince. Non lo scopriamo oggi”.

Ultimo sassolino via dalla scarpa. “I partiti si devono riprendere il ruolo che loro compete”, l’appello di Marcato. “Basta pudore verso il civismo: servono candidature politiche, uomini esperti con legami solidi a ogni livello istituzionale”. L’esito delle ultime elezioni, ben oltre il Veneto, sembra suggerire il contrario. “Ma fatemi esempi di liste civiche durature negli anni: non ce ne sono. Perché coprono vuoti momentanei, non hanno struttura tecnica né apparati valoriali o progettuali. Si tratta di movimenti liquidi. Mentre l’Italia ha bisogno di stabilità ovunque. Purtroppo, in questa fase storica i partiti si limitano a litigare fra loro”. Ogni riferimento a persone o cose… “È per questo se poi alle comunali va a votare il 50 per cento degli aventi diritto: questa disaffezione è pericolosa. Si torni dunque a fare politica con la P maiuscola. Tocca a noi comunicare col territorio: militando, intercettando il mondo reale. Dalle associazioni di categoria alla signora che non arriva a fine mese”. Lega rediviva? “Questo siamo. Un grande partito popolare, che ha fatto dell’autonomia e della presenza locale le proprie bandiere”. Mica ci si reinventa equilibristi astratti, fra trattative e logiche di coalizione: finora così è stato un flop. Questo Marcato non lo dice. Al più lo ringhia, a denti stretti.

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