L'intervista

Base in fermento, in Veneto è riscossa Lega: "Salvini non basta più”

Carmelo Caruso

“È circondato da ‘yes man’. Serve un congresso”. Parla Bano, il sindaco della numerosissima “corrente prosecco”: "Le strade adesso sono due: o al governo con Mario Draghi, e con lealtà, o la fine del partito"

Se vuole diventare adulto deve tornare a farsi piccolo. Se Matteo Salvini non vuole perdere la sua base legga le parole di questo sindaco. Si chiama Marcello Bano e guida il comune di Noventa Padovana da tre mesi. Ha sconfitto il segretario regionale del Pd e con lui la sinistra che amministrava da 20 anni. Nella Lega lo vogliono perfino espellere perché colpevole di coraggio. Siamo in Veneto dove sta nascendo, nella Lega, la “corrente prosecco”. Chiede a Salvini “congressi”, di “allontanare gli yes man”. Le sue parole: “E’ arrivato il momento di dire che per la Lega il tempo dei social è finito. Il carisma di Salvini non basta senza gli amministratori. Le strade adesso sono due: o al governo con Mario Draghi, e con lealtà, o la fine del partito”. Non è solo. E’ un nome di un’avanguardia numerosissima. E’ uno dei tanti amministratori della Lega dal consenso straordinario. Vogliono una nuova fase ed entrare a far parte della squadra d’ascolto che ragiona di strategia con Salvini. Fa parte di una fronda che non si fermerà tanto più dopo questa gestione dell’elezione del Capo dello stato.

 

Sindaco Bano, lei avrebbe voluto Draghi presidente della Repubblica? “Lo avrebbe voluto la Lega di territorio, la Lega che produce. Sapevano che era difficilissimo eleggerlo perché questo Parlamento si è confermato un Parlamento timido la cui unica preoccupazione era non tornare casa. Abbiamo perso giorni, offerto uno spettacolo pessimo e tutto questo per tornare a Sergio Mattarella”.

 

Cosa accade ora nella Lega? “Posso solo dire cosa mi auguro che accada. Mi auguro che il partito vada a congresso. Da due anni le cariche intermedie sono congelate. C’è ormai una separazione tra la Lega degli amministratori e la Lega siede oggi in parlamento”.  Che tipo di Lega è quest’ultima? “Un prodotto che non risponde ai territori. Sono protagonisti scelti per volere dei vertici ma che il più delle volte non hanno collegamento con la base. E’ una pletora di ragazzini che hanno sgomitato, yes man che rispondono al segretario ma che non fanno il bene del segretario”. Le loro qualità? “Aitanti, magari laureati, giovani. Ma in alcuni casi non hanno mai lavorato e non hanno mai seduto in consiglio comunale. Non sanno come si amministra un comune. Non è solo la Lega. Anzi. E’ qualcosa che accomuna tutti i partiti e che nel M5s ha la sua dimostrazione plastica”.

 

Ecco perché l’abbiamo chiamata la “corrente prosecco”. Perché è radicata in Veneto, perché è effervescente, e perché, come il vino, che fa dire la verità, ha la dote della franchezza. Per avere avuto la forza di criticare le scelte del suo commissario regionale, per aver suggerito, a Padova, di candidare, alle prossime elezioni comunali, una figura vincente come Roberto Marcato, un campione di preferenze, Bano è stato minacciato dal partito d’espulsione.

  
Si dice che sia stato Salvini a chiederlo: “Magari chi gli ha raccontato le mie parole non ha raccontato tutte le mie parole”. E’ accusato in pratica di “frazionismo” come, una volta, nel Pci venivano accusati Aldo Natoli e Lucio Magri. In Veneto un altro importante protagonista è sospeso e sempre per la medesima ragione: ha rilasciato dichiarazioni non in linea con le scelte dei vertici. E’ l’europarlamentare Tony Da Re. La sua dissidenza non è altro che la buona condotta scientifica. Ha sempre ripetuto che è impensabile una Lega no vaccini.

Sindaco Bano, è la sua stessa condotta? “E’ la mia. Sono per i vaccini. E volevo che sin dall’inizio fosse chiaro. Vogliamo un partito che abbia una voce unica su questi temi e che non insegua Giorgia Meloni e che non abbia paura di perdere consenso. Chi amministra bene lo guadagna. Penso a Luca Zaia che ha un consenso plebiscitario. Lo ha perchè è responsabile”.

Cosa vi separa dalla Meloni? “La Lega nasce come socialdemocratica. Fdi è un partito di destra. Noi siamo federalisti. La sua scelta di stare opposizione, di stare fuori dal governo, è legittima ma non può essere la nostra posizione”. Raccontiamo dunque la vostra. “E’ semplice. Siamo amministratori convinti che dobbiamo intestarci, tutta la vita, un fuoriclasse come Draghi. Che bisogna anche mandare giù alcuni bocconi amari se ci permettono di ottenere risultati. Penso ai successi della ministra Erika Stefani e a quelli di Giancarlo Giorgetti. Non siamo stati capaci di valorizzarli”.

 

Perché Giorgetti ha parlato di dimissioni? “Perché è impensabile rimanere con un partito che fa sgambetti ai suoi ministri”. Uscirete dal governo?
“Corrisponderebbe a un suicidio. Nessuno ci perdonerà. Non vinceremo le prossime elezioni se ci limitiamo ad accusare l’avversario con cui stiamo governando. Torneremo protagonisti solo se saremo capaci di dire che anche loro sono stati bravi, ma che noi lo siamo ancora di più. E’ la mia idea di Lega”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio