Legge elettorale

La Lega chiude al proporzionale: "Non saremo la Caritas del Pd"

Gianluca De Rosa

Per cambiare le regole serve una maggioranza ampia. L'alleanza rossogialla scricchiola e Pd e M5s vogliono provarci, ma a destra, nonostante le divisioni, non trovano sponde

“Scusate, ma perché noi dovremmo fare la Caritas del Pd?”. La domanda svela le intenzioni. A palazzo Madama l’avrebbe pronunciata Roberto Calderoli, il leghista delle leggi elettorali, in uno dei cortili del Senato. Gli esce di bocca con la spontaneità dell’ovvio. Proporzionale. L’eterno ritorno dell’eguale. La parola ha ricominciato a circolare pericolosamente per i corridoi delle Camere. Il M5s lo chiede da mesi. Questione di sopravvivenza. Anche nel Partito democratico, complici le bizze di governo di quelle che altrimenti sarebbero gli inevitabili alleati, i grillini, si sono convinti che ormai questa sia la strada giusta. Ma per farlo serve che anche a destra qualcuno segua. Ma chi? Tra le vecchi volpi dem, complici le ambiguità di Salvini e alcune dichiarazioni del ministro Giancarlo Giorgetti, un’idea era balenata. “Ma certo c’è la Lega!”. Ma la notizia, impressa beffarda nella battuta di Calderoli, è questa: la Lega non ci sta.

Il governo delle larghissime intese non smette ogni giorno di generare questioni che lacerano la coalizione rossogialla. Dall’Ucraina al termovalorizzatore a Roma. Ma a destra le cose non vanno meglio. Giorgia Meloni continua a lucrare consensi dal suo ruolo di unica opposizione. E i sondaggi preoccupano la Lega e Forza Italia. Il risultato è uno scontro senza tregua nella scelta dei candidati per le amministrative che si avvicinano, dalle regionali siciliane alle sfide in diversi comuni italiani.  Il contesto è quindi questo: coalizioni sfilacciate al punto che nessuno esclude più neanche l’ipotesi di un voto anticipato. Ma per fermare questa piccola pallina di tensioni che rotolando si potrebbe fare valanga fino alle elezioni in autunno un argine c’è. La legge elettorale. Proporzionale dunque. Lo ribadiva ancora ieri il senatore dem Andrea Marcucci all’Adnkronos. “Le frizioni dentro entrambe le coalizioni sono evidenti a tutti, per questo auspico che si cambi una legge elettorale che costringerebbe noi come il centrodestra, a tenere in piedi alleanze che non sono più credibili”. Una parte del Pd d’altronde lo chiede da sempre. Nicola Zingaretti, da segretario ne fece una bandiera. Ma dopo l’elezione del presidente della Repubblica anche in Base riformista s’è cementata questa convinzione. E così la pensano pure Dario Franceschini e Matteo Orfini. Tutte le correnti del partito insomma. Per questo anche il segretario Enrico Letta, da sempre fautore del maggioritario, ha aperto le porte a questa strada. Consapevole però, forse più di chiunque altro nel suo partito, che il percorso verso il proporzionale è molto, ma molto più complicato di quello che immaginano alcuni suoi colleghi. Da Franceschini a Zingaretti però nessuno potrà dirgli di non averci provato.

Per riuscirci servono i numeri. E a destra la strada che porta al proporzionale è complicata.“Il percorso è stretto”, diceva saggio due giorni fa il ministro Lorenzo Guerini. Eppure tra i dem in tanti erano convinti di poter trovare a destra l’improbabile alleato: Matteo Salvini. I sondaggi ogni settimana ridimensionano il valore elettorale del Carroccio e gonfiano Meloni. E nel centrodestra vige ancora l’antica regola: il partito che prende più voti sceglie il presidente del Consiglio. Il segretario leghista pur di trovare una soluzione sta cercando di unire il suo partito a Forza Italia per creare un soggetto in grado di contrastare l’ascesa meloniana. Ma è difficile. E quindi che non sia lui l’uomo giusto per modificare la legge elettorale? Capitano Proporzionale. “Vedrete che Salvini pur di non finire a fare la stampella della Meloni ci seguirà”, si dicono convinti i dem. E invece no.
In Forza Italia le posizioni sono quanto mai eterogenee. Con una maggioranza contraria alla modifica alla legge elettorale, ma anche con chi non vuole un’alleanza organica con il Carroccio e sogna il modello Ursula. O, ancora meglio, il modello Draghi-bis. “Il proporzionale è la strada migliore, ci salva dal bipolarismo ‘bastardo’ che mette assieme diavolo e acquasanta che stanno assieme per ragioni opportunistiche, ma poi non governano”, diceva ieri il ministro Renato Brunetta.
Dentro il Carroccio, invece, il fronte ben più compatto di quello che si potrebbe immaginare. Da Salvini a Fontana in casa Lega non ci sarebbero tentennamenti. Niente proporzionale. E’ vero, i sondaggi rimpiccioliscono sempre di più le ambizioni leghiste, ma è anche vero che il centrodestra è avanti. Può avere la vittoria in pugno. E quindi il ragionamento che fanno è logico, aritmetico. Ed è circa questo: meglio arrivare secondi nella coalizione che vince le elezioni che regalare agli avversari perdenti la possibilità di governare con accordi e accordicchi post elettorali. Ma tra i dem c’è ancora chi ci spera. “Vedrete che cosa non succederà nel centrodestra dopo le amministrative…”.