Renato Schifani (Ansa)

L'intervista

"Proporzionale? Proposta egoista del Pd, pur di stare al governo". Parla Schifani (FI)

Ruggiero Montenegro

"I dem sono consapevoli del fallimento dell'alleanza con il M5s. Forza Italia ha il maggioritario nel suo Dna. Il centrodestra? Si sente la mancanza del Cav. federatore". La legge elettorale, Salvini, Meloni e le tensioni in Sicilia. Intervista al senatore ed ex presidente del Senato

Le sirene che in queste ore sono tornate a suonare sull'asse rosso-giallo, con Enrico Letta e Giuseppe Conte che a distanza di poche ore l'uno dall'altro sono tornati a evocare una legge proporzionaleper il 2023, proprio non le ascolta, non convincono: “Forza Italia è nata con il sistema maggioritario, è nel proprio dna quello di consentire ai cittadini di decidere, partecipando al voto, governo,  maggioranza e programma”, taglia corto Renato Schifani che, parlando al Foglio, descrive la posizione del partito del Cav in tema di legge elettorale. Il senatore non nega come anche “le leggi maggioritarie abbiano manifestato delle criticità”, ma ritiene comunque che l'attuale sistema resti preferibile. Perché, spiega, “tornare al proporzionale significa ridare ai partiti la possibilità di fare e disfare maggioranze e alleanze anomale, pur di stare al governo”.

 

Ma soprattutto Schifani non si fida troppo dell'asse progressista: “Non c'è dubbio, se oggi c'è un'area politica che guarda al proporzionale è la sinistra, a causa del fallimento dell'alleanza strategica tra Pd e M5s”. Per l'ex presidente del Senato “è evidente che i dem siano consapevoli di queste difficoltà. E quindi, anche alla luce delle debolezze dell'ex premier Conte, lanciano questa proposta. Ma per fini egosistici e interessati, non certo per la governabilità del paese”. E oltre a questo, ragiona ancora Schifani, “dubito possano convergere in Parlamento maggioranze tali da poter approvare una riforma elettorale, che ricordo postula l'esigenza di grandi condivisioni”.

 

E come dargli torto. Ma le dobelezze a sinistra, a ben vedere, non sono le uniche. Anche sul fronte opposto si fatica a trovare l'unità e la convention di Fratelli d'Italia ne è stata una ulteriore prova. Tant'è che viene da chiedersi: non è che il proporzionale, al netto del dna, convenga anche al centrodestra? “Le rispondo con una battuta”, dice Schifani: “L'assenza del Berlusconi fondatore e federetarore del centrodestra si sente. Quante volte il Cav mi ha detto: facciamo noi un passo indietro, salvaguardiamo la coalizione”.

 

E oggi? “Abbiamo un destra-centro rispetto al centrodestra a cui eravamo abituati. Con una competizione innegabile tra Salvini e Meloni”. Ma il problema ancora più netto per il forzista deriva dalle circostanze e dalle dinamiche maturate in questa legislatura: “La nostra coalizione viene messa a dura prova dallo stare diviso tra governo e opposizione. Una condizione che è durata per 4 anni su 5 in questo Parlamento. Questo naturalmente crea incomprensioni e tensioni, ma sono fiducioso che alla fine la condivisione di un modello di società prevarrà e porterà a una forte alleanza”.

 

Sarà, ma intanto anche a livello locale non sembra che la coalizione registri una grande unità d'intenti. In particolare in Sicilia, che poi è anche la terra di origine dello stesso Schifani, dove sulla riconferma di Musumeci come candidato di centrodestra si rischiano nuove fratture. “Vi è una regola, quella della conferma dei governatori uscenti, a meno che non abbiano mal operato. È una regola che è valsa per tutti, quindi Fratelli d'Italia rivendica questa metodologia, così come probabilmente farà la Lega con Fontana, in Lombardia.”.

E allora dove sta il problema? “Vi è una resistenza territoriale, ma la registro più come un fatto interno locale. Forza Italia e Lega contestano a Musumeci di non essersi coordinato con i partiti che lo hanno eletto. Non v'è dubbio che se è così, questa mancanza di interlocuzione costituisce un vulnus. Bisogna capire fino a che punto che punto sia risolubile o meno”

Ma anche in questo caso Schifani è fiducioso che tutto possa essere ricomposto e ribadisce: “Io sono un fautore dell'unità della coalizione e spero che anche a Palermo si giunga a una sintesi, su un candidato unitario”. Ovvero quel Francesco Cascio indicato da Lega e Forza Italia, che Meloni minaccia di non votare. O come Roberto Lagalla, l'altro nome caldo, le cui quotazioni sono salite nelle ultime ore. Profili con cui una coalizione unita “vincerebbe al primo turno, senza colpo ferire”. Ma in ogni caso niente drammi: “A volte per le comunali, come a Verona, ci si divide a mo' di primarie, con l'impegno al ballottaggio di ritrovarsi”.