l'intervista

"Conte che ammicca a Le Pen? Con questi alleati ci serve il proporzionale". Parla Benifei (Pd)

Valerio Valentini

"Tra Macron e chi invoca la fine dell'Ue e l'uscita dalla Nato non c'è tollerabile alcuna doppiezza. Le dichiarazioni infelici dell'ex premier non gli fanno onore, e dimostrano che ci serve una legge elettorale che non ci vincoli in coalizioni prestabilite". Il colloquio col capogruppo dem al Parlamento europeo

Accettabile? “No, non è accettabile”. Una furbizia mal riuscita? “Un’ambiguità che non fa onore a un leader che rivendica l’appartenenza a una piattaforma progressista, e a un movimento che su tanti fronti lavora seriamente per essere ammesso nella famiglia dei Socialisti e democratici europei”. Brando Benifei usa parole chiare per replicare a quelle fumose di Giuseppe Conte. E del resto non è un caso, che sia lui a intervenire. Perché nel giorno che segue il mezzo endorsement a Marine Le Pen, Enrico Letta sceglie la risposta del silenzio. E la stessa consegna la impone alla segreteria nazionale e ai capigruppo in Parlamento.  E allora occorre chiedere a Benifei, il capodelegazione a Bruxelles. “E’ uno scivolone che necessita di fare chiarezza, e che conferma la necessità del proporzionale”.

 

La riforma delle legge elettorale, dunque? “Mi pare irrinunciabile”, spiega Benifei. “Perché le dichiarazioni infelici di Conte, che pare quasi voler mettere in discussione ciò che per noi è imprescindibile, e cioè la permanenza nel campo dell’europeismo e dell’atlantismo, più che a sterili polemiche dovrebbero indurci, a noi del Pd, a pretendere che si faccia chiarezza nel quadro politico italiano”.

 

E però Letta ha detto che no, non se ne parla neppure: il proporzionale giammai. “Nel Pd su questo tema c’è dibattito, e la faccenda di oggi ne dimostra l’urgenza. Non perché si debba mettere in discussione la collaborazione col M5s, in una logica di condivisione di prospettive politiche nel campo progressista. Il punto è che però, a mio avviso, questa comunanza di prospettiva è giusto che la si rinnovi dopo il voto, lasciando però ciascun partito libero di esprimere fino in fondo la propria identità senza vincoli di sorta, specie sui temi sensibili”.

 

La politica estera, per l’appunto. “Non è questione di fideismo. Io stesso, come tanti altri nel Pd, non avevamo in Macron la nostra prima scelta. Ammiro molto il Macron leader europeo, ma sulle sue politiche interne ho seri dubbi che si possano definire progressiste. E per quanto io, avendolo a lungo visto da vicino qui al Parlamento europeo, non apprezzi affatto Mélenchon e lo consideri un nazionalista, sia pur di sinistra, riconosco che alla base del suo risultato lusinghiero ci sono importanti istanze sociali, richieste di rinnovamento, che non possono essere liquidate. Perfino il disagio popolare che alimenta l’elettorato della Le Pen deve interrogarci”.

 

Lunga premessa per dire? “Per dire che qui ci troviamo però di fronte a una scelta binaria. Da un lato c’è Macron, che è un capo di stato che crede fermamente nel progetto europeo. Dall’altro c’è una politica di estrema destra che prospetta la fine dell’Unione europea e che, in un momento in cui tutto l’Occidente è compatto e impegnato nell’opposizione all’aggressore russo, torna a vagheggiare l’uscita della Francia dalla Nato. Che dubbio ci può essere, allora, nell’esprimere una propria preferenza? Qui l’ambiguità non è consentita”. 

 

La deputata Chiara Gribaudo ha pubblicato un tweet eloquente, in tal senso. La foto di Le Pen che stringe la mano a Putin e una domanda rivolta direttamente a Conte: “E’ proprio così difficile, scegliere?”. “Lo scenario più inquietante che s’intravede dietro l’ammiccamento alla Le Pen è proprio quello, certo. Ma io credo che nella doppiezza di Conte ci sia una ragione per certi versi più banale, e cioè il voler strizzare l’occhio a un elettorato anti-establishment, il riconnettersi insomma a un sentire populista nell’illusione di trovare facili consensi. Ma è una scelta che non fa onore a un ex presidente del Consiglio”.

 

Il quale, magari, prova a  reinventarsi ora nel ruolo del guachista italiano. “E però Mélenchon, pur tra molte contraddizioni, la sua opposizione alla Le Pen l’ha dichiarata subito e in modo chiaro, dopo il primo turno. Per cinque volte ha ripetuto che neppure un voto deve andare alla leader del Rassemblement national. Questa chiarezza nelle parole di Conte è mancata”.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.