Resistenze

"Opporsi alle armi all'Ucraina è incomprensibile". I partigiani Fiap contro l'Anpi

Luciano Capone

"Siamo colpiti dalla posizione di Pagliarulo sulla guerra di Putin. Esistono fondamenti giuridici e morali per resistere all'invasore. Non armare gli ucraini per spingerli alla resa non è la via più giusta per arrivare alla pace, ma quella più breve: e per chi ha la nostra storia è totalmente inaccettabile". Parla Luca Aniasi, presidente dei partigiani riformisti della Fiap

“Per la prima volta non ci saremo il 25 aprile a Porta San Paolo, perché si rischia che non ci sia una manifestazione che ricordi la Liberazione da un occupante ma una manifestazione genericamente per la pace e anti occidentale. Saremo invece a Milano, perché tutto nasce in un contesto diverso , con un messaggio di un’esponente ucraina”. A parlare è Luca Aniasi, presidente della Fiap (Federazione italiana associazioni partigiane), l’associazione fondata da Ferruccio Parri nel 1949 – forse non a caso nell’anno in cui viene firmato il Patto atlantico – “in avversione a qualsiasi forma di autoritarismo, per distinguersi dall’Anpi che aveva una connotazione fortemente vicina alla Russia sovietica”.

 

Ed è proprio l’Anpi il problema, con le dichiarazioni filorusse del presidente Gianfranco Pagliarulo e l’opposizione all’invio di armi. La Fiap, come pure i partigiani cattolici dell’Anpc, si è nettamente schierata dalla parte dell’Ucraina e a favore del sostegno militare occidentale. “La Storia ha insegnato che non si evita un conflitto mondiale con l’appeasement – ha detto la Fiap all’inizio dell’invasione – e che deve essere messo in campo quello che serve affinché sia chiaro che ci sono limiti che nessuno Stato può superare”. Aniasi è stato anche invitato al congresso dell’Anpi e lì ha espresso chiaramente il suo disaccordo rispetto alla posizione della principale associazione dei partigiani: “Ai compagni e agli amici si parla chiaro – ha detto – non abbiamo condiviso né fino in fondo capito la posizione dell’Anpi sul conflitto. Non abbiamo condiviso l’analisi delle sue cause. L’azione di Putin è stata provocata semplicemente dal fatto che i popoli vogliono la libertà”. Parole in netto disaccordo rispetto alla posizione dell’Anpi, secondo cui, l’azione di Putin è sì da condannare, ma è comunque una reazione alle “ingerenze” degli Usa in Ucraina e alle “minacce” della Nato alla Russia.

 

Aniasi, nipote dello storico sindaco di Milano Aldo Aniasi che era stato anche un comandante partigiano, prima di parlare dell’Anpi fa alcune premesse: dice che i rapporti con Pagliarulo sono buoni, che l’Anpi fa una meritoria attività di ricerca e formazione nelle scuole e che le associazioni dei partigiani sono un patrimonio che non va screditato. “Detto questo, la posizione dell’Anpi non è assolutamente condivisibile. Siamo rimasti un po’ colpiti e l’abbiamo detto in tutte le sedi”. Non si può paragonare, dicono, la resistenza ucraina e quella italiana. “Ogni parallelo storico è sempre un po’ forzato, ma ricorda molto la nostra Resistenza. Quello delle donne e degli uomini ucraini è un moto bellissimo e tragico, con le connotazioni romantiche della resistenza italiana ed europea. E simili sono anche i massacri e gli eccidi operati dall’esercito invasore in ritirata”. Ma all’epoca c’erano gli Alleati in guerra. “Ed erano loro a fornire armi alla Resistenza. C’è una frase di Tomaso Montanari che ho trovato raccapricciante, quando in sostanza ha detto che i partigiani sono andati in montagna perché grazie agli Alleati sapevano di vincere. Mio zio a 16 anni è finito davanti a un plotone di esecuzione, da cui si è salvato per miracolo, non certo perché pensava a una vittoria facile”, dice Aniasi. 

 

Ha sconcertato di più la posizione dell’Anpi sul massacro di Bucha, neutrale rispetto alle responsabilità, quasi che non si sappia chi ne è stato l’autore. “Voglio sperare che quell’uscita infelice sia stata solo un errore di comunicazione. Ma anche solo opporsi all’invio delle armi è incomprensibile – dice il presidente della Fiap –. Esistono fondamenti giuridici e morali per difendersi dall’aggressore con le armi, e se non ce le hai qualcuno te le deve dare. Enrico Letta ha preso una posizione chiara che non era affatto scontata. Ma il problema non sono solo l’Anpi o le frasi di Pagliarulo. C’è un’ampia parte del mondo cattolico, penso al direttore di Avvenire, per non parlare della destra, che pare non aspetti che una resa dell’Ucraina per normalizzare i rapporti con la Russia. A destra c’è il fascino per l’uomo forte Putin, a sinistra prevale un radicato sentimento anti americano”.

 

In realtà dicono che è una posizione pacifista. “La parola pace non ha senso se non si dice come la si raggiunge. Altrimenti è un contenuto vuoto. Dare mezza Ucraina a Putin è pace? Sperare nella resa è pace? Non armare l’Ucraina per far terminare la guerra non la via più giusta per arrivare alla pace, ma quella più breve. E per chi ha la nostra storia è totalmente inaccettabile. Emilio Lussu diceva: che ne sarebbe della civiltà del mondo, se l’ingiusta violenza si potesse sempre imporre senza resistenza?”.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali