(foto Ansa)

Né carne né pesce

Solo Letta riscatta la sinistra dall'antioccidentalismo mascherato di Cgil e Anpi

Salvatore Merlo

O si sta con l’occidente, con la sua libertà e la sua democrazia, o si sta con Putin, con il suo gas, il suo satrapismo e la sua dittatura omicida. Il segretario del Pd lo ha ben chiaro e si dimostra un leader ritrovato

Né con lo stato né con le Br, né un soldo né un uomo, né con la Nato né con la Russia: né carne né pesce. Davvero soltanto Enrico Letta, che sabato si è rifiutato di andare a Piazza San Giovanni tra le bandiere rosse e ha invece manifestato domenica a Roma con le bandiere degli ucraini che chiedono l’aiuto dell’Europa, ha salvato l’onore della sinistra italiana. E infatti ancora, sabato prossimo, manifesterà a Firenze, contro Putin e contro la sua guerra di aggressione, perché “Ucraina libera significa Europa libera”. Insomma, si diceva, davvero soltanto questo leader inaspettato sta riscattando l’onore della sinistra italiana dall’anestesia morale della Cgil e dall’Anpi, pensate un po’, proprio quel sindacato e  quei partigiani che per loro stessa natura dovrebbero essere lotta, conflitto, uno stare sempre al di qua e mai al di là delle parti. E che invece si sono degradatati a finti pacifisti: quel genere di persone che trattengono il mingherlino mentre il bullo lo picchia. Il modo più ipocrita e peggiore di stare con Putin. Starci fingendo di non starci.

Come sa bene infatti Enrico Letta, si può persino mestamente rassegnarsi a Putin, a sceglierlo come male minore, ma non è consentito stare né di qua né di là come certi fenomeni del baraccone televisivo italiano. O si sta con l’occidente, con la sua libertà e la sua democrazia, o si sta invece con Putin, con il suo gas, il suo satrapismo e la sua dittatura omicida. Così adesso Letta non soltanto ha emancipato il suo partito dall’ideologismo degli antioccidentali mascherati da pacifisti, non solo ha liberato il Pd da quella piazza San Giovanni di cui sempre i segretari del partitone hanno avuto  paura. Ma questo leader ritrovato, al quale non sono state qui mai risparmiate le critiche, ha adesso assunto anche il ruolo assertivo di un politico di dimensione internazionale, al punto che lo si candida a segretario generale della Nato: svela l’imbroglio delle quinte colonne dell’autocrazia russa nel nostro continente e sbugiarda Marine Le Pen in diretta sulla tv francese, lei che prendeva finanziamenti da Mosca, che votava contro le sanzioni alla Bielorussia, e adesso invece recita la stessa equidistanza e lo stesso orrore per la guerra che – guarda caso – oggi accomuna l’illiberalismo di  Maurizio Landini e l’opportunismo circense di Matteo Salvini.

Due categorie diverse, certo. Ci sono infatti quelli che hanno preso i rubli come Le Pen e quelli invece ancora più zelanti, che incarnano una straordinaria maschera italiana: il servo disinteressato. Gratuito. Diversi, insomma, ma tutti accomunati dal raccontarsi   al servizio della pace, dell’equidistanza, mentre simpatizzano sottobanco con il mostro sanguinario. Proprio come quei preti pedofili che in pubblico si battono contro la pedofilia, mostrandosi irreprensibili campioni di etica e di coerenza. In una parola: tartufi. Poi invece c’è Letta. Il sorprendente Letta, il quale sembra dire che questo non è affatto pacifismo, ma la serpe che fa la sua tana nel pacifismo. Dunque a Salvini chiede conto della sua amicizia mai rinnegata con Putin, mentre a Landini oppone il silenzio della vergogna. La sinistra della solidarietà e della passione  un tempo avrebbe organizzato aiuti concreti, spedizione di volontari internazionali,  gente che si rimbocca le maniche. Sabato invece urlavano “Letta baionetta”, perché lui si rifiuta di denunciare l’equivalenza tra Putin e Zelensky, tra loro e noi.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.