Sanzioni, bombe e fame. Cosa non torna nel pacifismo di Tarquinio

Luciano Capone

Le sanzioni non sono come i bombardamenti. La crisi alimentare non è colpa delle sanzioni occidentali, ma di Putin. Non consumare gas "dal basso" è una sanzione. La tesi del direttore dell'Avvvenire sulla guerra in Ucraina non scuotono le coscienze, ma i fatti e la logica

La guerra, soprattutto quando è così vicina come in Ucraina, diventa un evento che, come si suol dire, interroga le coscienze. Pertanto ogni posizione ha pari legittimità, anche perché più o meno tutti quelli che ne discutono partono dal medesimo presupposto: è un’aggressione ingiustificata da parte di una potenza imperialista come la Russia di Putin. E, più o meno tutti, auspicano lo stesso esito: una pace, intesa come fine delle operazioni militari, che sia anche giusta, e cioè che garantisca all’Ucraina un ampio grado di integrità, autonomia e libertà. Ci si divide sui mezzi più adeguati su come arrivare a questo obiettivo, se inviando armi o meno, se introducendo più sanzioni o meno, eccetera. Ogni posizione ha pari dignità, anche perché nessuno ha la verità in tasca né, a meno che non si chiami Vladimir Putin, è in grado di poter fermare la guerra.

 

Una discussione pubblica sana, però, a parte i giudizi di valore,  necessita che ogni tesi o proposta rispetti almeno due criteri: il primo è che i presupposti fattuali siano veri; il secondo è che il discorso abbia una sua coerenza logica. In questo senso sorprendono le argomentazioni del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, esponente del mondo cattolico e pacifista, che in alcuni suoi interventi ha criticato la linea europea e occidentale contro la Russia. Partendo, com’è ovvio che sia, da una dura condanna dell’azione di Putin, Tarquinio dice però che “le sanzioni non fanno meno male dei bombardamenti: le sanzioni economiche sono come i bombardamenti. Non piegano i regimi, ma piagano i popoli. E lo dice tutta la storia del Novecento dove le abbiamo applicate: dall’Iraq alla Siria a Cuba... in tutte le situazioni in cui ho visto applicare sanzioni ho visto strage di umanità e di pace”.

 
Il paragone tra bombe e sanzioni, per quanto sconcertante possa apparire soprattutto in un contesto in cui gli ucraini muoiono e i russi al massimo non trovano lo zucchero o i prodotti occidentali nei negozi, è a suo modo un giudizio di valore. Il direttore del giornale della Cei motiva l’equiparazione parlando delle ricadute alimentari globali: le persone “stanno morendo di fame per la questione del grano. Il mondo è uno: i morti in Ucraina valgono tanto quanto i morti di fame in Africa perché non arriva il grano”. Il problema di questa affermazione è che si basa su un presupposto falso: nessuna delle sanzioni occidentali, europee o americane, colpisce il grano o il cibo. La crisi alimentare globale, che provocherà secondo la Fao da 7,6 a 13,1 milioni di persone denutrite in più soprattutto in Asia e Africa, è esclusiva responsabilità di Putin. In parte perché è una conseguenza della sua guerra e in parte perché Putin sta seminando una carestia globale attraverso una strategia deliberata. E’ la Russia che ha sospeso il suo export di grano e di fertilizzanti, di cui è uno dei maggiori produttori al mondo.  E’ la Russia che attraverso la chiusura dei porti blocca l’export ucraino di grano e altri prodotti da cui dipendono i paesi del Nord Africa. Ed è sempre la Russia che, anche attraverso i bombardamenti sui depositi di carburante, sta sabotando la semina e la raccolta in Ucraina. Sono queste le “sanzioni” che affamano il mondo e non quelle occidentali.

 

Ma quali sono le proposte di Tarquinio, alternative  sia all’invio di armi  sia alle sanzioni? Non comprare il gas. “Stiamo facendo il pieno ai carri armati di Putin ogni volta che teniamo accesi i nostri riscaldamenti più del necessario – dice Tarquinio –. Deve partire un movimento dal basso: ognuno di noi cominci a fare la propria parte abbassando il riscaldamento, rinunciando a una parte dei consumi. Solo la mobilitazione civile può dare una spinta alla politica”. Bene. Ma non comprare gas da un paese è esattamente una sanzione, e non fa alcuna differenza che sia imposta "dall’alto" dai governi o che parta “dal basso” dalla società civile. E’ sempre una sanzione. Anzi, nel caso della Russia è la più potente delle sanzioni economiche che “sono come i bombardamenti” e che fanno “strage di umanità e di pace”. Per un dibattito serio va bene qualsiasi posizione, anche la più estrema, e che scuota pure fortemente le coscienze. Ma non i fatti e la logica.     

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali