Il premier Mario Draghi, in aula accanto ai ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini (Ansa)

resistenza da armare

Dall'Italia altre armi per l'Ucraina. Il governo studia un nuovo provvedimento

Ruggiero Montenegro

Il piano di Palazzo Chigi per mandare a Kyiv nuove dotazioni, che tuttavia dovranno essere compatibili con le competenze di soldati abituati a tecnologie diverse da quelle occidentali. Poi toccherà trovare una quadra a livello europeo. Intanto l'America ha stanziato ieri altri da 800 milioni di dollari

La richiesta che arriva dall'Ucraina continua ad essere la stessa: armi. Tant'è che due giorni fa lo stesso presidente Zelensky, in una delle sue ormai consuete apparizioni in video, ha fatto l'elenco degli armamenti necessari, una lista dettagliata - dai carri armati ai colpi d'artiglieria, fino a missili, sistemi antiaerei e munizioni di vario calibro: "Chiediamo al mondo intero di unirsi e aiutarci a combattere questa crudele aggressione. Date subito armi all'Ucraina per sconfiggere insieme questo male".

Una necessità resa più impellente ora che il Cremlino sta scatendo una nuova offensiva nell'est dell'Ucraina, nel Donbas, dove la battaglia -  come dichiarato dalle intelligence americana e britannica - si annuncia ancor più cruenta rispetto alle prime fasi della guerra. Le cronache che giungono da Mariupol in queste ore ne sono una prova. Immagini e notizie arrivate fino ai corridoi di Palazzo Chigi dove si lavora a un nuovo decreto per sostenere la resistenza del popolo ucraino con nuove armi: le risorse stanziate a marzo non sono più insufficienti e nel frattempo anche le esigenze del campo vanno aggiornate.

 

Come per il provvedimento di qualche settimana fa, anche questa volta si tratterà di un decreto che coinvolge più ministeri, dall'Economia alla Difesa, fino agli Esteri che non necessità dell'approvazione del Parlamento che si è già espresso in maniera favorevole. E anche questa volta, saranno secretate le liste dei materiali inviati così come lo risorse economiche messe a disposizione. Tuttavia, come rivelato da Repubblica questa mattina, la lista degli armamenti dovrebbe comprendere nuove armi anti carro, munizioni  e anche mezzi blindati. 

 

Si tratterà in ogni caso di dotazioni ben più limitate rispetto a quelle in arrivo dagli Stati Uniti: il presidente Joe Biden ha annunciato risorse per 800 milioni mentre il Pentagono ha pubblicato la lista degli armamenti in partenza: centinaia di migliaia di proiettili per artiglieria, missili Javelin, sistemi radar, mine anti uomo, veicoli corazzati, elicotteri e droni Switchblade -  cosiddetti droni  kamikaze - che richiedono una preparazione particolare, a cui alcuni militari ucraini presenti in America prima dell'inizio della guerra, sono stati già sottoposti. Il tema dell'addestramento resta uno dei più delicati in quanto generalmente l'esercito di Zelensky è abituato a maneggiare armi e dotazioni di provenienza sovietica, diverse e più obsolete, rispetto quelle occidentali, ben più moderne. E senza personale in grado di padroneggiare tali strumenti, è chiaro che ogni stanziamento rischia di essere scarsamente efficace, oltre al rischio che se ne impossessi il nemico.

 

Ma il nodo dell'addostramento non è l'unico. Perché, se l'America va veloce e continua ad essere il principale partner della resistenza ucraina, leggermente diversa è la situazione da questa parte dell'oceano, con la diplomazia europea a lavoro per dare una risposta coordinata tra i paesi, evitando fughe in avanti. Un tema ben rappresentato dal dibattito tedesco degli ultimi giorni, con la ministra degli Esteri Annalena Baerbock, in quota Verdi, a spingere per l'invio di carri armati e Olaf Scholz che invece ha frenato il provvedimento spiegando che la fase non permette "iniziative individuali"  e dunque "sarebbe un errore per la Germania avere un ruolo speciale e un percorso speciale". Il cancelliere ha spiegato insomma che il quadro deve essere definito a livello europeo. La stessa strada che probabilmente vorrà seguire anche Mario Draghi.

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