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Meno ideologia

Il pragmatismo che serve all'Ue per una svolta sulle rinnovabili

Matteo Di Paolo

È ora si abbandonare ogni pregiudizio, è ora di lasciare che le fonti alternative di energia smettano di essere frenate: non solo il fotovoltaico, ma tutte le opportunità tecnologiche disponibili. Con un occhio al Mediterraneo e all'Africa

La pressione combinata dei costi della transizione verde e delle tensioni geopolitiche sta ponendo sotto stress il sistema energetico europeo. Un disastro che ha portato gas ed energia elettrica a costi fuori scala. Rischiano le imprese, fanno fatica i consumatori. L’ulteriore intervento del governo è fondamentale. Ma l’emergenza diverrà una nuova normalità e non siamo così certi che il paese sia pronto, che abbia capito i propri errori. La scala degli eventi odierni era non pronosticabile, ma le cause le segnaliamo da anni. Averle ignorate è colpa della politica. È mancata la capacità di guardare al problema energetico, e non solo a quello, in maniera organica, facendosi vessare dal populismo e strattonare dagli interessi e dalle miopie del momento, tralasciando vere e proprie collusioni.

 

Le nostre fabbriche però non si alimentano con i “ve l’avevamo detto”, è decisamente più utile guardare avanti con fiducia a sfide e opportunità. Il fermento europeo per una politica energetica comune è, come negli anni 50, la speranza di un nuovo e ulteriore momento fondativo, per una Unione ancora più integrata. Portiamo subito a livello europeo la necessità di una maggiore armonizzazione e integrazione dei mercati dell’energia e del gas. Immaginiamo una piattaforma comune di approvvigionamento del gas naturale, utile a diversificare i rischi geopolitici, integriamo i sistemi elettrici sia fisicamente che nel loro funzionamento. Creiamo un capacity market europeo. L’Italia, come altri paesi europei, ha deciso di sovvenzionare via asta centrali a gas pronte all’uso, a prescindere dall’effettivo funzionamento. Un meccanismo per garantire, alla luce dell’incremento delle rinnovabili, il soddisfacimento della domanda in ogni momento. Integrare questi meccanismi a livello sovranazionale significa efficienza e maggior sicurezza. Possiamo affrontare con questo approccio anche altre sfide. Non buttare la globalizzazione nel buco nero delle storie finite male eppure garantire che interi settori produttivi siano sempre pronti a garantire l’indipendenza e la sicurezza del blocco europeo.

 

Se è vero che la localizzazione continentale di capacità produttiva di chip, di pannelli fotovoltaici, di batterie deve essere sufficiente, potremmo incentivare con aste competitive l’insediamento e la costruzione di nuove industrie. Senza eccedere nel dirigismo ma finanziando un mercato competitivo. Aiutando intere filiere a raggiungere le necessarie economie di scala. Tornando alle cose di casa nostra, è ora di lasciare che le rinnovabili smettano di essere frenate. Lo sappiamo. Non solo il fotovoltaico, ma tutte le opportunità tecnologiche che abbiamo. Nel farlo, non limitiamoci all’autosufficienza. Siamo e saremo sempre di più il ponte con l’Africa. È lì la nostra scommessa di centralità energetica in Europa, nell’Africa mediterranea e nel Mediterraneo in generale. Ci sono opportunità per rilanciare e raddoppiare, ma ci vuole coraggio, visione, perseveranza. Nello stesso quadro entra, con questa guerra, anche il tema dell’approvvigionamento di materie prime alimentari. Qui l’Europa ha tantissimo da fare, ancora. Politicamente e culturalmente. La tecnologia dell’editing genetico (Crispr) può darci colture forti, resistenti, produttive.

 

Ad oggi vietata, la scienza ci dice che non ci sono motivi per farlo. Investiamo su questo e sulle colture indoor e fuori terra, in grado di regalare 40 volte il raccolto a parità di superficie, usando fino al 99 per cento in meno di acqua. Non esistono più scenari impossibili, lo dimostra l’estrema siccità a cui sta andando incontro quest’anno l’Italia, lo dimostrano i prezzi del grano. Il messaggio è chiaro: davanti a sfide generazionali, ricordiamoci che l’Italia c’è, l’Europa c’è. Non dobbiamo avere paura del futuro, ma fiducia nei mezzi a nostra disposizione. Facciamolo per noi e per il mondo che continua a considerarci un faro di progresso e sviluppo.
 

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