Palazzo Chigi

Draghi vince la guerra catastale. Passa la riforma. Salvini: "Sono esterrefatto"

Pd e M5s contro Lega e FI: "Irresponsabili"

Carmelo Caruso

Lega e Forza Italia cercano il golpe sulla riforma del catasto, ma perdono per un voto. Non passa lo stralcio sulla mappatura. La mediazione fallita. Il premier: "Abbiamo vinto"

Chiede ai russi di cessare il fuoco e dà fuoco al suo governo. Imbottito di planimetrie, armato di filo a piombo, Matteo Salvini ha azionato la “deterrenza catastale” contro Mario Draghi. L’esecutivo si è separato ancora. In Commissione Bilancio, Lega, Fi, e Fdi hanno votato contro la mappatura degli immobili contenuta nella delega fiscale. Il centrodestra unito ha preteso lo stralcio dell’articolo. Quello di governo ha mediato e rilanciato con un emendamento. A Palazzo Chigi hanno risposto che non era accettabile. Si votava. Lo stralcio è stato bocciato. Un voto ha salvato il governo.


Hanno aperto le ostilità di mattina, dichiarato di pomeriggio che “la mediazione non era più possibile”. Di sera decidevano l’attacco. Non è l’Ucraina. Si parla del catasto. Su un articolo, il sei, della delega fiscale, si è rischiato, ed è imbarazzante pure scriverlo, la caduta dell’Esecutivo. Lega e Forza Italia rivedicavano la soppressione mentre Draghi ripeteva che non era possibile: “Quest’articolo non può essere cassato. Non sono disposto”. Ha mantenuto la sua parola, ma parte della sua maggioranza non ha mantenuto la promessa di lealtà. Per un’intera giornata, a Palazzo Chigi, si è negoziato. Si sono susseguiti vertici.

 

Si doveva votare mercoledì sera salvo poi scegliere di rimandare a oggi perché si era convinti del compromesso. Era stato garantito al premier che la soluzione fosse alla portata e il risultato sicuro: “Fidati, ce la faremo”. Se ne sono incaricati i ministri di Forza Italia, Maria Stella Gelmini e soprattutto, per conto della Lega, Massimo Garavaglia. Aveva il nemico in casa ed era tra le altre cose l’amico di una vita.

 

Su ordine di Salvini, Massimo Bitonci, l’altro economista della vecchia guardia, insieme a Giancarlo Giorgetti, veniva lanciato come un paracadutista contro la mappatura catastale. Era affiancato dall’incursore Giulio Centemero che della Lega è il tesoriere. Salvini li incitava con il telefono: “No, a nuove tasse”.

 

Forza Italia si affidava invece ai generali Antonio Martino e Alessandro Cattaneo. Luigi Marattin in quanto presidente della Commissione doveva gestire l’arbitrato. Alle 14,30 si è dunque deciso di formulare un testo di centrodestra per mettere d’accordo tutti e che non metteva d’accordo nessuno. Pd e M5s cominciavano a storcere il naso. Il contenuto forte di questo “foglio di pace” era la lotta agli immobili fantasma. Il comma tre era però l’inaccettabile per Draghi. Questo il passaggio contestato: “Le informazioni rilevate (…) non sono utilizzate né per finalità fiscali né per il computo del valore dell’indicatore della situazione economica”. In realtà nella riforma del catasto, che in ogni caso passa, ed è la sola buona notizia, non si era mai parlato di nuove tasse ed era anche prevista “l’invarianza di gettito”.

 

Ecco perché Draghi si è sempre opposto alla riformulazione. I negoziatori per conto del governo erano il capo di gabinetto Antonio Funiciello e il ministro Federico D’Incà. La sottosegretaria del Mef, Cecilia Guerra, a cui era stato dato il mandato di non cambiare “postura” ma senza toni da fine mondo, confermava che sull’articolo sei “il confronto avrebbe visto attivo il governo”. Significava: si resiste.

 

Dalla stanza di Funiciello entravano e uscivano Barelli, Marattin, Martino, la risposta era però sempre “no”. Il deputato di Fi, Sestino Giacomoni, altro componente di Commissione, che è sempre stato, come Cattaneo, una colomba, consigliava di prendersi più tempo, di spostare ancora il voto. Un’altra settimana. Era un altro “no”.

 

In Aula si prevedono già 400 emendamenti. Raccontano che Forza Italia ci abbia provato in ogni modo a fare cambiare idea ma che per Draghi “era una questione di principio. Ha detto no per stizza”. Ma questo lo dice un deputato di Forza Italia. C’è stata perfino una chiamata di Draghi a Berlusconi. Non solo. A quel punto gli infuriati erano Pd e M5s: “Perché a Chigi entra solo la delegazione di Forza Italia?”. Francesco Boccia che è stato ritenuto il riferimento di un’area, che ha causato lo scorso agguato sul Milleproporoghe, confidano fosse il più infastidito. Alle 18 la decisione di contarsi. Il milite, l’eroe diventava Alessandro Colucci di Noi con l’Italia. E’ suo il voto della vittoria.

 

Finiva in questo modo. Davvero. Salvini: “Sono esterrefatto. Non mi spiego l’insistenza di Draghi sul catasto. Chiedo un incontro di governo”. Era tornato in versione Alexander Langer: “Basta divisioni. C’è la guerra”. Enrico Letta era esterrefatto del Salvini esterrefatto: “Sono senza parole”. Giuseppe Conte era per la neutralità attiva: “Non ha senso spaccare la maggioranza sul catasto”. Brunetta: “Non capisco la decisione di Forza Italia. Incomprensibile”. Era solo un voto ma a Draghi dicono non interessasse. Gli hanno sentito dire: “Abbiamo vinto”. E intendeva dire che qualcuno aveva perso. Parlano di pace ma solo per non dargli pace.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio