Giorgio Mulè (LaPresse)

"Whatever it takes" per l'Ucraina

"Con il populismo pacifista non si fermerà Putin". Parla il sottosegretario alla Difesa Mulè 

Marianna Rizzini

“Dobbiamo ribadire con forza che quello che ha fatto la Russia semplicemente non si può fare. Punto. Quali armi ha l’Occidente? I cannoni ma anche le sanzioni. Tolto il dialogo, la deterrenza va fatta sul campo, ovviamente a difesa dei confini della Nato", dice l'esponente di Forza Italia

Quello che succede in Ucraina dopo l’invasione da parte della Russia riguarda “il nostro vivere da liberi” e la nostra democrazia, ha detto ieri il premier Mario Draghi, pronunciando anche la frase “faremo tutto il necessario per preservare la sovranità dell’Ucraina, la sicurezza dell’Europa, l’integrità dell’ordine internazionale basato su regole e valori da noi tutti condivisi”.

E quelle parole – “tutto il necessario” – sembrano al sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè “una perfetta traduzione del famoso ‘whatever it takes’ oggi da applicare alla crisi in atto”. Se fallisce la diplomazia, dice Mulè, “qualsiasi opzione deve essere sul tavolo e deve essere esaminata, perché in questo caso la gründnorm del diritto internazionale, la norma fondamentale, è stata violata dalla Russia, e su questo non può esserci margine per discutere”. Nel giorno in cui ci si è svegliati con le notizie più drammatiche da Kiev, dice Mulè, “dobbiamo ribadire con forza che quello che ha fatto Vladimir Putin rispetto a un paese sovrano semplicemente non si può fare. Punto. Quali armi ha l’Occidente? Ha i cannoni ma anche le sanzioni, e io credo che le sanzioni possano colpire molto duramente un paese come la Russia. Putin, se non si ferma, si ritroverà il paese ridotto alla fame e dovrà fronteggiare la rivolta interna”.

 

Mulè fa un passo indietro, riportando alla memoria i modi in cui gravi crisi in cui è stata in passato coinvolta la Russia sono state risolte, per cercare di guardare con realismo al prossimo futuro: “Con la Russia sono state esercitate la deterrenza e il dialogo, a seconda dei momenti. Tolto il dialogo, la deterrenza va fatta sul campo, ovviamente a difesa dei confini della Nato nei paesi contigui all’Ucraina”. In Italia si sono susseguite ieri manifestazioni per la pace e oggi e domani ce ne saranno altre: “Purtroppo con la bandiera arcobaleno e con il populismo pacifista non si fermerà Putin”, dice Mulè: “Certo, ci vorrebbe una bandiera Ue che dal punto di vista della difesa comune non esiste, ma  facciamo parte della Nato e i patti devono essere rispettati”.

 

Non teme l’eventuale futuro dissenso interno al governo e nelle opposizioni estreme a destra e sinistra in caso di escalation, il sottosegretario: “In questo momento non vedo spazio per posizioni marginali velleitarie, tanto più di fronte a un Putin che non ha soltanto messo la pistola sul tavolo: Putin vuole dimostrare di essere pronto a tutto, ma la Nato non può far passare il concetto del ‘faccio come mi pare’ o peggio la riedizione della norma di diritto romano per la quale la sovranità sul tuo territorio finisce dove arriva la potenza delle mie armi. Siamo di fronte alla violazione, ripeto, della norma fondamentale del diritto internazionale”.

 

Nel 2008, ricorda Mulè, “il presidente americano George W.Bush, al vertice di Bucarest, pose la questione dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato, e si sa che l’ingresso di un nuovo paese deve essere votato all’unanimità dagli stati membri dell’alleanza. Bloccarono il processo, in quell’occasione, Angela Merkel assieme a Francia, Spagna e Italia, allora governata da Romano Prodi – questo per ricordare quanto complesso sia l’allargamento dell’Alleanza. Ma a monte della crisi ucraina c’è un altro problema: la riedizione di tensione tra quelli che venivano definiti i due blocchi, con la Russia che non accetta una compressione dei confini. Ci vorrebbe ora una nuova ‘Dichiarazione di Helsinki, quella che nel 1975 fece da prodromo alla creazione dell’Osce”. Mulè teme che questo precedente, se non si fa prevalere il diritto internazionale, “possa dare alla Cina il via libera per fare con Taiwan quello che la Russia ha fatto con l’Ucraina”, tanto più che ieri il ministero della Difesa taiwanese ha fatto sapere che 9 jet militari cinesi sono entrati nella sua zona d’identificazione aerea. Battuta-non battuta, infine: “Abbiamo in Italia Silvio Berlusconi, il 112 delle crisi internazionali”, dice Mulè: “È l’uomo di Pratica di Mare. Consultarlo può essere utile”. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.