Enrico Letta (foto Ansa)

passeggiate romane

Il Pd disorientato dal M5s ora flirta con Di Maio. L'altra opa tentata da Calenda

I dem vogliono capire chi comanda davvero tra i grillini prima di immaginare accordi che vadano oltre le amministrative. Il tentativo di "derenzizzare" il centro

Raccontano che Enrico Letta si sia infastidito per l’uscita del ministro del Lavoro Andrea Orlando a favore del referendum sulle droghe leggere. La mossa del rappresentante del governo Draghi è stata invece molto apprezzata da un pezzo del partito nonché dalla sinistra fuori dal Pd. Con quell’uscita, infatti, oltre che affermare ciò di cui è convinto, Orlando cercava anche di dare uno scossone al suo partito, che su certi argomenti appare alquanto afono. Ma il fatto è che Letta avrebbe preferito che il Pd tale restasse: senza voce. Almeno su questo tema che il leader del Partito democratico sa essere divisivo per i dem. Ma dopo l’apertura del ministro del Lavoro a una battaglia che in Italia va avanti da decenni (i primi, come è noto, furono i Radicali), per Letta appare sempre più difficile aspettare la primavera del prossimo anno per posizionare il Pd rispetto a quel referendum. Per portarlo gradualmente su un fronte senza spaccarlo. Perché questo è l’assillo del segretario: far sì che il Pd resti compatto evitando qualsiasi tema che possa far esplodere la polemica interna. Il leader dem infatti sa che ci sono sfide importanti in vista, come le elezioni in Lombardia nel 2023 (anno in cui è previsto anche il voto nazionale). E il suo obiettivo è quello di portare il partito unito fino al traguardo del voto. Se il centrosinistra, allargato ai 5 stelle (su questo è d’accordo anche il sindaco di Milano Beppe Sala) tentasse la sorte in Lombardia e vincesse (cosa tutt’altro che improbabile vista la situazione del centrodestra da quelle parti) il Pd farebbe bingo. Perciò Letta vuole che nulla turbi questa “mission”. E le divisioni interne al Pd sul tema delle droghe leggere potrebbero invece costituire un ostacolo. Questo spiega perché l’altro giorno Letta di fronte a una domanda sul referendum se la sia cavata senza esprimere la propria opinione e delegando la questione alla consultazione online. Un po’ come è solito fare Giuseppe Conte.


E a proposito del leader del Movimento 5 stelle, al Nazareno sono molto preoccupati per la sua scarsa tenuta. Perciò si guarda ormai con sempre maggior insistenza a Luigi Di Maio. Quindi i rapporti tra i dem e il titolare della Farnesina in questi ultimi tempi sono andati intensificandosi. Al Pd infatti sono convinti che anche il ministro degli Esteri intenda giocare la partita politica con il centrosinistra, perciò dal loro punto di vista non farebbe grande differenza se fosse lui a un certo punto a prendere in mano le redini del Movimento. Ma è lo stato di incertezza a preoccupare i vertici del Pd. Fin tanto che non si saprà chi comanda veramente in casa grillina per il Nazareno è difficile immaginare accordi che vadano oltre le elezioni amministrative e regionali. E' questo uno dei motivi che ha spinto Enrico Letta a frenare sulle elezioni anticipate che pure un pezzo importante del suo partito voleva (e vorrebbe ancora). Andare al voto con un Movimento 5 stelle diviso e in lite perenne sarebbe un azzardo troppo grande, anche perché, nonostante i consensi che il Partito democratico sembra guadagnare in ogni sondaggio, il centrosinistra appare sempre in svantaggio rispetto al centrodestra.


Dicono che il leader di Italia viva Matteo Renzi si sia convinto che Carlo Calenda stia giocando una partita con Enrico Letta contro di lui. Una partita che ha come obiettivo quello di creare un centro derenzizzato con dentro anche innesti di Forza Italia in fuoriuscita. Un centro che poi possa allearsi con i dem alle prossime politiche. I sospetti del leader di Iv sono fondati? Come sempre in politica non esiste una risposta univoca ma è vero che è partita una campagna di persuasione nei confronti di parlamentari e rappresentanti locali di Italia viva. L’idea è quella di convincere alcuni esponenti significativi del partito dell’ex premier a convergere con Calenda, lasciando il loro leader. E il fatto che le elezioni politiche si allontanino potrebbe favorire questa operazione.

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