Festa dell'ottimismo

Bonetti (Iv): "Tra Renzi e Calenda non è un'unione impossibile"

"Il Family act porta 20 miliardi alle famiglie italiane, la leadership di Draghi è un'occasione da non perdere. Lo scontro con Calenda? Più che il leader conta il percorso". Intervista al ministro per le Pari opportunità e la famiglia

Redazione

La forza di Draghi, l'agone di Renzi, l'importanza di ascoltare "anche Carlo Calenda e un'area politica più ampia perché l'Italia ha bisogno di ricongiungersi". Dalla Leopolda alla Festa dell'ottimismo, Elena Bonetti di nuovo sul palco, sempre a Firenze: "Voglio sottolineare innanzitutto l'importanza di un traguardo come il Family act", dichiara la ministra per le Pari opportunità e la famiglia. "L'assegno unico universale è il paradigma di un approccio politico efficace, l'individuazione di una strategia che ci proietta in avanti, il coraggio di trovare idee inedite. E la convergenza di forze politiche che portano a risultati d'impatto reale sulla vita delle famiglie italiane: questi 20 miliardi sono per loro".

 

Il Conte II è un ricordo lontano. "Quel metodo di governo non era più in grado di affrontare le sfide che invece la leadership di Draghi sta permettendo di superare nel modo giusto", spiega Bonetti. "Il governo Draghi copre quasi tutto l'arco parlamentare e per questo deve avere a che fare con difficoltà strutturali maggiori per accontentare le varie forze in campo: la ricerca di questo equilibrio ha l'esito di fare gli interessi di una e l'altra parte, mai di insieme. E in questo senso il premier sta inaugurando uno stile nuovo nella politica italiana, un processo di transizione straordinariamente potente. A sua volta, per la politica è una grande opportunità apprendere questo metodo: ci deve essere uno spazio che lo esprima. Il governo vive finché c'è la fiducia del parlamento, abbiamo tracciato una strada e bisogna portarla avanti. In ogni caso il presidente Draghi ha un'autorevolezza tale che assicurerà la direzione intrapresa dal paese".

 

È uno scenario abbracciato in primis da Matteo Renzi, che contribuì in prima linea al ribaltone a Palazzo Chigi. "Matteo come sempre ci farà sognare", sorride Bonetti. "È un uomo libero e coraggioso. Un leader con un agone unico, capace di indirizzare la politica e incidere sulla storia di un paese. Questa è leadership, con qualità di convergenza: la caduta del precedente governo ha portato a una formazione politica molto più ampia". Eppure danno Italia viva al 2 per cento. C'è un problema di antipatia? "La proposta politica che stiamo portando avanti non è misurabile in termine di sondaggi. Alle amministrative abbiamo avuto risposte più soddisfacente rispetto al M5s, ad esempio".

 

Lavorare, dunque. Allargando il centro. Con Carlo Calenda l'unione è impossibile? "Il dibattito tra posizioni e personalità è molto attuale", dice la ministra. "Non è un unione impossibile" quella tra Renzi e il leader di Azione, con cui comunque "il dialogo è doveroso".  "Preferisco fare un ragionamento di scopo: oggi il paese chiede la presenza di profili che portino avanti una proposta concreta per riorientare il dibattito politico. Quindi partiamo da chi è leader o dalla strada da scegliere? Nel secondo caso ci sarà un gruppo di pionieri e potenziali guide che si giocheranno la responsabilità della transizione. Passare ad Azione? Credo che tra me e Carlo Calenda ci sia un reciproco rispetto troppo forte per scadere in chiacchiere di corteggiamenti. Ci vuole dialogo, questo sì, così come con altri: lo abbiamo anche con il Pd, con i sindaci, con le associazioni di categoria. Ribadisco però che sigillare un'alleanza strutturale con il Movimento 5 stelle sia un passo nella direzione sbagliata".

 

Ultimo capitolo: Italia viva e l'Arabia Saudita. "Lavorare per i diritti delle donne anche in quei paesi dove non sono rispettati impone un dialogo necessario", non si scompone Bonetti. "L'Arabia Saudita in questo senso ha dei problemi enormi, ma sulla formazione delle donne sta investendo in modo significativo e di questi segnali dobbiamo farcene carico. Il nostro dovere istituzionale è confrontarsi nel mondo non solo fra realtà in cui sono stati raggiunti traguardi simili, ma anche e soprattutto con quelle più arretrate. Perché i diritti delle donne sono universali". Eppure il vostro leader ci va a titolo personale, non politico. "Sì. Però non sta a me difendere le sue scelte professionali".

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